“Oggi, come vostro re e membro del governo, chiedo scusa in prima persona”, ha detto il re nel giorno che commemora l’abolizione della schiavitù olandese
“Nel giorno in cui ricordiamo la storia della schiavitù olandese, chiedo perdono per questo crimine contro l’umanità”. Con queste parole il re dei Paesi Bassi, Guglielmo Alessandro, ha chiesto formalmente scusa per il coinvolgimento del paese nella schiavitù. Lo ha fatto parlando dall’Oosterpark di Amsterdam nel 160esimo anniversario dell’abolizione della schiavitù olandese e rivolgendosi alle migliaia di discendenti degli schiavi arrivati secoli prima dalle colonie caraibiche. Per loro la ricorrenza coincide con la keti koti, che significa “rottura delle catene” in una lingua creola parlata in Suriname.
L’indagine sulle responsabilità della Casa d’Orange nella schiavitù olandese
Il messaggio di re Guglielmo Alessandro arriva al termine di un lavoro di indagine commissionato dal governo, che ha quantificato il risarcimento che i Paesi Bassi dovrebbero alle loro ex colonie. Secondo lo studio, la Casa d’Orange a cui appartiene la famiglia reale dei Paesi Bassi avrebbe maturato l’equivalente di 600 milioni di dollari di risarcimento dovuto alle colonie governate tra il 1675 e il 1770. Lo stesso studio dimostra inoltre il coinvolgimento diretto degli Orange nel commercio degli schiavi nell’Atlantico, gran parte del quale proveniente dall’odierna Indonesia, il Sudafrica, Curaçao, la Nuova Guinea e il Suriname. La giornata di oggi “è importante, soprattutto perché la comunità afro-olandese lo considera importante per elaborare la storia della schiavitù olandese“, ha dichiarato all’emittente olandese Nos Linda Nooitmeer, presidente dell’Istituto nazionale per la storia e l’eredità della schiavitù olandese.
600.000 schiavi sono approdati nei porti dei Paesi Bassi
A partire dal diciassettesimo secolo, i Paesi Bassi divennero una delle principali potenze coloniali europee e furono responsabili di circa il 5 per cento del commercio transatlantico di schiavi. Circa 600mila schiavi furono trasportati dall’Africa alle colonie delle Americhe e molti giavanesi e balinesi furono ridotti in schiavitù e portati in Sudafrica sotto il dominio coloniale olandese. Per questa ragione, keti koti rappresenta al contempo un momento di celebrazione e di commemorazione. Nel considerare il percorso verso l’abolizione della schiavitù nei Paesi Bassi dobbiamo considerare due date: 1 luglio 1863, data dell’abolizione ufficiale e il 1878, perché furono necessari circa 10 anni affinché gli schiavi smettessero di lavorare nelle piantagioni nelle piantagioni dei Caraibi olandesi.
Il “pentimento” del primo ministro Rutte
“Il 19 di dicembre dello scorso anno, il primo ministro olandese ha chiesto scusa da parte di tutto il governo per il fatto che, per secoli e in nome dello stato olandese, gli esseri umani sono stati trattati come merce, sfruttati e abusati. Oggi, io sono qui davanti a voi. Oggi, come vostro re e membro del governo, porgo quelle stesse scuse in prima persona”, ha continuato re Guglielmo Alessandro, il cui messaggio dal valore fortemente simbolico segue quanto fatto dal primo ministro Mark Rutte a fine 2022 che, a sua volta, era stato battuto sul tempo da alcune città olandesi, tra cui Amsterdam. Solo qualche mese fa anche il capo del governo si era scusato per il ruolo avuto dai Paesi Bassi nella schiavitù, momento che aveva segnato un’inversione di rotta rispetto alla sua precedente posizione.
Due anni prima, infatti, Rutte aveva respinto le richieste di scuse formali, sostenendo che ciò avrebbe avuto solo un effetto polarizzante. In quell’occasione aveva anche chiuso all’ipotesi di pagamento dei risarcimenti alle sue ex colonie d’oltremare, nonostante un comitato lo avesse richiesto nel 2021. Le parole del re, di portata storica, potrebbero perciò segnare l’inizio di un vero processo di risarcimento per le sofferenze causate dal colonialismo. Resta ora da capire se ai messaggi formali si affiancherà un percorso di risarcimento come auspicato dai discendenti delle centinaia di migliaia di schiavi su cui i Paesi Bassi hanno basato buona parte della loro centralità economica.
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