Pronti alla resistenza climatica: dopo un’estate che ha certificato la crisi, torna lo sciopero per il clima di Fridays for future.
- Torna lo sciopero per il clima di Fridays for future, in 35 città italiane.
- Giovani in piazza per la resistenza climatica contro l’inazione.
- A Milano azioni dimostrative contro fast fashion e politiche migratorie restrittive.
Ultimo aggiornamento delle ore 18:40 del 6 ottobre 2023
Sono scesi in migliaia, nelle piazze di 35 città italiane, gli studenti che hanno aderito allo sciopero per il clima indetto per oggi, 6 ottobre, dagli attivisti di Fridays for future: in molti cortei, a loro si è unito anche il personale scolastico, che per la prima volta ha aderito alla manifestazione. A Roma, Milano e Torino i cortei più numerosi. Nella capitale presenti anche alcuni esponenti politici, anche se a farla da padroni sono stati, semplicemente, i ragazzi e la loro “resistenza climatica”.
In moltissimi in piazza anche a Torino, mossi forse anche dall’episodio dei giorni scorsi, quando un corteo composto anche in quel caso di giovanissimi è stato respinto brutalmente dalle forze dell’ordine. A Milano gli attivisti ambientali si sono resi protagonisti di alcuni azioni dimostrative: in via Montenapoleone è andata in scena una azione contro la moda fast fashion durante il corteo, mentre in un altro punto del percorso gli attivisti di Fridays for future hanno acceso bengala e srotolato uno striscione con la scritta No one is illegal: un riferimento alle politiche messe in atto dal governo per contenere flussi migratori in buona parte legati anche ai cambiamenti climatici.
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Per la seconda volta nel 2023, dopo quella di marzo, i giovani di tutta Italia scendono in piazza venerdì 6 ottobre per il Global Strike, lo sciopero globale per il clima: un appuntamento particolarmente atteso perché mai come in questo caso la chiamata all’azione si fa politica. Nel mirino dei ragazzi di Friday for Future, come sempre, c’è la sostanziale inazione da parte della comunità internazionale e della maggior parte dei governi nazionali, quello italiano in primis, contro i cambiamenti climatici: questa volta però lo sciopero per il clima si trasforma da semplice manifestazione a un vero e proprio atto di Resistenza climatica: una resistenza che ha preso il via il 15 settembre scorso con una giornata di azione globale per il clima, con eventi in diverse città del mondo (qui New York) e che culmina proprio con lo strike in 35 delle principali piazze d’Italia (qui l’elenco ufficiale di tutte le manifestazioni).
L’estate che ha certificato la crisi climatica
Un’Itala che esce da una estate che ha messo forse definitivamente nero su bianco un nuovo e preoccupante capitolo nella sua storia climatica, caratterizzato da ondate di calore estremo, alberi abbattuti dal vento, grandinate simili a palle da tennis e alluvioni devastanti. Eventi che, è il messaggio di Fridays for Future, richiedono un’azione collettiva urgente per affrontare la crisi climatica. Ma se la società civile sembra essere ormai pronta, le istituzioni come spesso accade sembra ancora un passo indietro.
“Un governo che, all’indomani di una catastrofe, nega qualsiasi correlazione tra fenomeni estremi e crisi climatica è un governo negazionista. E per questo è inadeguato nel proporre soluzioni per prevenire i peggiori scenari prospettati dalla scienza climatica”, afferma Giacomo Zattini, portavoce del movimento.
La principale causa di queste temperature record e dei fenomeni climatici estremi è l’uso continuato dei combustibili fossili in Italia. Il nostro paese ha una responsabilità significativa nelle politiche di mitigazione globale, a causa delle sue emissioni storiche. Per affrontare questa sfida, Fridays for Future chiede all’Italia di superare gli obiettivi di decarbonizzazione dell’Unione Europea, riducendo le emissioni di gas climalteranti dell’80 per cento entro il 2030 e decarbonizzando completamente il settore elettrico entro il 2035. Ciò significa, come sottolineato dall’Agenzia internazionale per l’Energia, abbandonare immediatamente ogni nuovo investimento in carbone, petrolio e gas.
Ormai è tempo di resistenza climatica
Una prospettiva che secondo i giovani pronti a scendere in piazza è in netta contraddizione con il cosiddetto piano Mattei per l’Africa, più volte nominato ma non ancora presentato ufficialmente dal governo, ma che per certo vincola il paese all’uso dei fossili (l’Italia si propone infatti, attraverso accordi con i paesi nordafricani, di trasformarsi in hub del Mediterraneo per lo stoccaggio del gas…) mettendo a rischio sempre più eventi climatici estremi e distruttivi.
“Protestare contro gli investimenti nei combustibili fossili è un atto di resistenza. Non resteremo inerti mentre il mondo è condannato a morire. Possiamo vivere senza i combustibili fossili, ma non possiamo sopravvivere senza le risorse del pianeta. Non possiamo bere petrolio”, afferma Alessandro Marconi, attivista di Roma.
Oltre alle politiche di mitigazione, l’altro messaggio che Fridays for Future vuole lanciare è quanto sia cruciale sviluppare politiche di adattamento che preservino gli equilibri e le risorse del pianeta, con un’attenzione particolare all’acqua. Il movimento propone soluzioni concrete per proteggere le risorse idriche e migliorare le difese naturali contro i fenomeni climatici estremi: tra queste la riduzione dei consumi, il ripristino degli alvei dei fiumi, la tutela del suolo, la promozione dell’assorbimento dell’acqua nel terreno, la promozione della forestazione e il ripristino dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza per il dissesto idrogeologico: 16 miliardi di euro che recentemente il governo ha stralciato, posticipando i progetti per i quali erano destinati.
Ma perché resistenza climatica, o meglio #resistenzaClimatica come da campagna social? Perché il movimento registra con preoccupazione come, negli ultimi mesi, le misure repressive nei confronti degli attivisti che hanno manifestato pacificamente e praticato la disobbedienza civile sono state intensificate: basti pensare ai processi in corso per alcuni attivisti di Ultima Generazione, alla norma introdotta ad hoc contro i blitz ambientalisti, o all’episodio di violenza appena avvenuto a Torino ai danni di alcuni giovani manifestanti.
Tuttavia, gli attivisti rimangono determinati a resistere, appunto, a lottare per un futuro sostenibile. “Continuiamo a resistere, non permettiamo all’eco-ansia di immobilizzarci, ma combattiamola attraverso l’attivismo! Lottiamo insieme e costruiamo comunità resilienti e sostenibili. È il momento di esserci fisicamente, perché la resistenza è un atto fisico, che non si fa stando in casa, ma manifestando insieme nelle piazze e proponendo alternative concrete per tutti”, dichiara Ester Barel di Fridays for Future Milano.
A due mesi dalla Cop28 di Dubai, dove i leader mondiali sono chiamati a mantenere il surriscaldamento del pianeta sotto gli 1,5 gradi, gli studenti avranno idealmente al loro fianco Papa Francesco, il quale proprio questa settimana ha lanciato un nuovo ammonimento ai potenti con il suo Laudate Deum, a otto anni dall’enciclica verde Laudato Si’: chissà se l’unione tra Chiesa e giovani avrà la forza sufficiente a far rotolare finalmente l’enorme pietra dell’inazione.
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