Negli anni novanta la popolazione di avvoltoi in India è crollata a causa della somministrazione del farmaco dicloflenac al bestiame
Senza gli avvoltoi non venivano smaltite le carcasse favorendo la proliferazione di malattie
Secondo i dati sono morte 100 mila persone in più all’anno
Gli avvoltoi sono uccelli rapaci noti per il ruolo di spazzini della natura. Solitamente la loro figura viene associata a immagini di morte, probabilmente per il loro aspetto non molto “simpatico” oppure perché dove sorvola un avvoltoio sicuramente c’è una carcassa nei dintorni. Infatti, questi animali, nutrendosi delle carcasse in decomposizione, svolgono una funzione fondamentale per gli ecosistemi contribuendo a mantenere l’ambiente pulito e riducendo la diffusione delle malattie. Non solo, ma come è accaduto in India la loro scomparsa può compromettere anche la salute umana.
La perdita degli avvoltoi in India
Ci troviamo in India, dove negli anni novanta si è assistito a un drammatico calo delle popolazioni di avvoltoi. Il problema ha avuto inizio nel 1994, quando un farmaco chiamato diclofenac, usato per alleviare il dolore negli animali da allevamento, si è rivelato letale per gli avvoltoi. Gli avvoltoi, infatti, nutrendosi delle carcasse degli animali che erano stati trattati con questo farmaco, subivano gravissimi danni ai reni. Il risultato: si passò da 50 milioni di avvoltoi a poche migliaia in soli dieci anni.
Tra le specie presenti in India, l’avvoltoio groppabianca (Gyps bengalensis), l’avvoltoio indiano (Indian vulture) e l’avvoltoio calvo (Sarcogyps calvus) hanno subito il declino a lungo termine più significativo dall’inizio degli anni 2000, con un calo delle popolazioni rispettivamente del 99, 95 e 91 per cento. Questo fenomeno ha avuto conseguenze catastrofiche sulla salute pubblica. La riduzione di questi uccelli ha portato a un aumento delle carcasse di animali in decomposizione non smaltite, ma ha anche favorito la proliferazione di altri animali, come i cani selvatici, portatori di rabbia. Inoltre, la loro assenza ha spinto molti agricoltori a smaltire i corpi degli animali nei corsi d’acqua, contribuendo sia alla contaminazione idrica che alla diffusione di malattie. Tra il 2000 e il 2005, si stima che più di mezzo milione di persone siano morte a causa di agenti patogeni, una crisi sanitaria che ha avuto un costo economico di quasi 70 miliardi di dollari all’anno.
The near-extinction of vultures across India in the 1990s led to the spread of disease-carrying pathogens from an excess of dead animals, killing more than a half-million people from 2000 to 2005. https://t.co/dWOdvaBDis@NewsfromScience
L’ecologista ambientale Anant Sudarshan, cresciuto in India, ha assistito direttamente agli effetti della crisi: senza avvoltoi, le carcasse si accumulavano, alimentando cani randagi e ratti. I resti in decomposizione, spesso trattati con sostanze chimiche nocive, finivano nei fiumi, causando un aumento delle malattie tra la popolazione. Per comprendere meglio l’impatto sugli esseri umani, Sudarshan e il collega Eyal Frank, economista ambientale all’Università di Chicago, hanno condotto uno studio analizzando i dati di oltre 600 distretti indiani.
Prima del 1994, il tasso di mortalità in queste aree era relativamente stabile, intorno allo 0,9 per cento ogni 1.000 abitanti. In seguito alla decimazione degli avvoltoi, nei primi anni 2000 il tasso di mortalità era aumentato del 4,7 per cento, equivalente a circa 104mila morti in più all’anno, soprattutto nelle regioni in cui gli avvoltoi erano molto presenti. Il costo di questa crisi è stato enorme. Basandosi sulle stime del valore di una vita umana in India che vale circa 665 mila dollari, i ricercatori hanno calcolato che la perdita degli avvoltoi è costata al paese circa 69,4 miliardi di dollari all’anno tra il 2000 e il 2005. Secondo i ricercatori questo dato impressionante potrebbe essere un forte incentivo per i legislatori a prendere provvedimenti urgenti. “Le prove scientifiche suggeriscono che la Terra sta subendo un’estinzione di massa di specie, causata dall’attività umana”, hanno affermato Sudarshan e Frank. “Valutare i costi sociali della perdita di specie non umane è necessario per gestire la biodiversità e gestire le risorse per la conservazione”.
A rischio anche le tradizioni
Anche i tradizionali riti funebri zoroastriani (la religione basata sugli insegnamenti del profeta Zarathustra) stanno diventando sempre più impossibili da eseguire a causa del declino degli avvoltoi. Da migliaia di anni le comunità Parsi in India e Pakistan depositano i loro morti in cima alle dakhma, o torri del silenzio, costruite appositamente rialzate per prevenire la contaminazione del suolo. La piattaforma è esposta ai venti per permettere agli avvoltoi di cibarsi della carne dei defunti, le ossa rimaste vengono poi raccolte in ossari. Offrire il corpo agli uccelli è l’atto di carità supremo del devoto zoroastriano. Si ritiene che l’occhio dell’avvoltoio aiuti la transizione dell’anima. Sono solo due le torri del silenzio rimaste a Karachi, la città più grande del Pakistan. Questo antico rituale data la mancanza di rapaci, e la sovrappopolazione, sta rischiando di scomparire.
Far tornare la popolazione di avvoltoi non sarà facile
L’esperienza indiana potrebbe offrire preziose lezioni per la conservazione di altre specie in tutto il mondo. Come ha osservato l’economista Marshall Burke della Stanford University, l’approccio utilizzato in questo studio può essere applicato ad altre specie il cui declino potrebbe avere un impatto significativo sulla salute umana. Nonostante il governo indiano abbia vietato l’uso del farmaco diclofenac nel 2006, Pakistan e Nepal hanno seguito l’esempio, gli esperti ritengono improbabile che le popolazioni di avvoltoi si riprendano completamente nel breve termine. Per questo motivo, è cruciale intervenire tempestivamente per prevenire la scomparsa di altre specie, soprattutto di quelle che, come gli avvoltoi, raramente godono dell’attenzione pubblica.
Il caso degli avvoltoi in India dimostra quanto sia delicato l’equilibrio tra biodiversità ed ecosistema. Questi uccelli sono vitali per la salute pubblica e ambientale. La loro scomparsa ha provocato una crisi sanitaria e ambientale di vaste proporzioni, e il loro ruolo cruciale nell’ecosistema dovrebbe servire da monito per promuovere una maggiore attenzione alla conservazione delle specie.
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