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In tutta l’Etiopia si sono svolte proteste contro il governo per chiedere riforme politiche. La polizia ha sparato sulla folla dando vita ad un massacro.
Il popolo etiope chiede giustizia e democrazia, il governo, per mano delle forze armate, risponde con il fuoco, uccidendo oltre cento manifestanti. Durante lo scorso fine settimana almeno cento persone disarmate sarebbero state uccise e centinaia ferite in diverse città etiopi dalle forze dell’ordine dello stato africano, è quanto denunciato dall’associazione umanitaria Amnesty International.
Centinaia di persone si sono riversate nelle strade di numerose città etiopi, soprattutto nel nord-ovest del Paese, per chiedere riforme politiche, il rilascio di detenuti politici, il rispetto dei diritti umani e per protestare contro la decisione di estendere i confini amministrativi della capitale Addis Abeba. In particolare gli Oromo, un gruppo etnico africano diffuso in Etiopia e Kenya e che costituisce il 34 per cento della popolazione etiope, si oppongono al progetto governativo di annettere le terre agricole della propria comunità in una macroregione di Addis Abeba. La paura degli Oromo, che ha dato origine al malcontento, è quella di perdere le proprie terre. Secondo un rapporto dell’associazione Human rights watch negli ultimi otto mesi oltre quattrocento Oromo che hanno preso parte a manifestazioni anti-governative sarebbero stati uccisi dalla polizia e centinaia di studenti universitari sarebbero stati espulsi dalle facoltà.
La dinamica degli scontri e la reale entità dell’accaduto sarebbero ancora incerte, il governo di Addis Abeba non ha ancora fornito nessun bilancio degli scontri. Secondo Amnesty International la repressione più feroce sarebbe avvenuta nella città di Bahir Dar, nell’Etiopia nordorientale, dove la polizia avrebbe ucciso almeno trenta persone in un’unica giornata, mentre quasi settanta sarebbero le vittime registrate nella regione di Oromia tra sabato e domenica. Cinque sarebbero invece i poliziotti ricoverati in ospedale. Oltre ad aver ucciso decine di manifestanti le forze dell’ordine ne hanno arrestati centinaia, conducendoli in prigioni clandestine gestite dalla polizia e dall’esercito ugandese, si teme che molti possano scomparire senza lasciare traccia. Alcune persone, secondo le testimonianze, sarebbero state prelevate nottetempo direttamente dalle proprie abitazioni, in tutto il Paese è inoltre impossibile accedere a Internet.
“La risposta delle forze di sicurezza etiopi è stata forte, ma non sorprendente – ha dichiarato Michelle Kagari, vicedirettore per l’Africa orientale di Amnesty – Le forze di sicurezza etiopi hanno sistematicamente fatto ricorso a un uso eccessivo della forza nei loro errati tentativi di mettere a tacere le voci di dissenso. Questi crimini devono essere investigati rapidamente e in modo imparziale ed efficace. E tutti i sospettati devono essere portati davanti a tribunali civili senza il ricorso alla pena di morte”.
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