Circa 40.000 persone hanno sostenuto le richieste indigene, che si oppongono a un progetto di revisione del trattato fondativo della Nuova Zelanda.
Il capo dell’Agenzia americana per l’ambiente Scott Pruitt non crede all’impatto della CO2 sul clima
Secondo il nuovo direttore dell’Epa, Scott Pruitt, l’impatto delle attività umane sui cambiamenti climatici sarebbe ancora tutto da dimostrare.
Contrordine cittadini, associazioni, scienziati, esperti di tutto il mondo: per decenni avete predicato falsità affermando che la dispersione di CO2 nell’atmosfera – provocata dalle attività umane – è corresponsabile dei cambiamenti climatici. Niente di più falso: il povero biossido di carbonio non c’entra nulla (e dunque è inutile insistere sulla strada della sua riduzione). Ad essere convinto di tutto ciò è il numero uno dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti, il climatoscettico Scott Pruitt, scelto per ricoprire tale carica dal nuovo presidente americano Donald Trump.
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Pruitt critica anche l’Accordo di Parigi
“Penso che misurare con precisione l’impatto delle attività umane sul clima – ha dichiarato il dirigente nel corso di un’intervista rilasciata all’emittente Cnbc – sia qualcosa di molto difficile. Esiste inoltre un grandissimo disaccordo sul grado di tale impatto. Per cui no, non sono d’accordo nell’affermare che quello antropico rappresenti un contributo importante per il riscaldamento globale. Occorre alimentare il dibattito sulla questione”.
Pruitt si è quindi scagliato contro “il cattivo Accordo di Parigi”, raggiunto nella capitale francese al termine della Cop 21, nel 2015. Esso chiede ai governi di tutto il mondo di impegnarsi al fine di limitare la crescita della temperatura media globale ad un massimo di due gradi centigradi, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli preindustriali. “L’accordo avrebbe dovuto essere gestito come si fa con i trattati, ovvero passando per un’approvazione da parte del Senato”, ha dichiarato il direttore dell’Epa, criticando la scelta dell’ex presidente Barack Obama di bypassare il via libera parlamentare.
La reazione indignata della comunità scientifica
L’intervista di Pruitt ha scatenato immediatamente un vespaio di polemiche negli Stati Uniti, soprattutto all’interno della comunità scientifica, al cui interno una schiacciante maggioranza è convinta del fatto che la combustione di petrolio, gas naturale e carbone fornisca un contributo determinante ai cambiamenti climatici in atto. Il meteorologo Eric Holthaus ha spiegato che il dirigente dell’Epa “dovrebbe dimettersi”, dal momento che le sue posizioni “mettono direttamente a rischio la nostra sicurezza”.
Allo stesso modo, Kerry Emanuel, professore di Scienze atmosferiche presso il Massachusetts Institute of Technology, ha ricordato che l’Ippc (Intergovernmental Panel on Climate Change, gruppo di esperti internazionali sui cambiamenti climatici) “ha dimostrato che la crescita delle emissioni di CO2 ha rappresentato la principale causa del riscaldamento globale, seguite da quelle di metano, di protossido di azoto e di altri gas. La cui concentrazione è dovuta principalmente alle attività umane”.
L’Agenzia per l’ambiente verrà ridimensionata
È utile ricordare il fatto che Pruitt è un uomo particolarmente vicino all’industria delle energie fossili. Ex procuratore generale dell’Oklahoma, ha avviato quattordici azioni legali negli anni scorsi contro la stessa Epa che oggi dirige. Battaglie combattute al fianco delle compagnie petrolifere e delle lobby delle fonti fossili, con l’obiettivo di bloccare le nuove regole in materia ambientale imposte da Obama.
Secondo quanto riferito dalla stampa americana, l’idea della nuova amministrazione sarebbe quella di smantellare a poco a poco l’agenzia, partendo da una riduzione del 20 per cento del suo personale e del 24 per cento dei finanziamenti. Nonché dalla cancellazione di decine di programmi per la protezione dell’ambiente avviati negli anni scorsi.
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