I testi che vorrebbe imporre Israele in classe cancellano i riferimenti alla simbologia e alla tradizione palestinese.
Il tentativo israelino di intervenire sui corsi di studio palestinesi va avanti dagli anni Sessanta.
Gli organizzatori dello sciopero hanno promesso nuove iniziative per farsi sentire dalla comunità internazionale.
Almeno 150 scuole palestinesi nella Gerusalemme occupata hanno scioperato lunedì 19 settembre contro il tentativo di Israele di imporre i suoi libri di testo nelle classi. La protesta ha riguardato centinaia di istituti, con le associazioni di insegnanti e genitori che hanno denunciato il processo di “israelizzazione” dell’educazione palestinese in corso.
La disputa sul corso di studi da adottare nelle scuole palestinesi va avanti da decenni, ma negli ultimi anni la pressione di Israele in questo senso è aumentata. Ecco perché la comunità palestinese ha ora deciso di alzare la voce.
Lo sciopero delle scuole palestinesi
Ci si aspettava una grande affluenza allo sciopero delle scuole palestinesi contro Israele e così è stato. Lunedì 19 settembre il 90-95 per cento degli istituti di Gerusalemme Est, occupata illegalmente da Israele dagli anni Sessanta, si sono fermati e circa 100mila studenti sono rimasti a casa o hanno fatto sentire la loro voce in piazza attraverso cartelli e slogan.
Israele sta cercando di intervenire nei corsi di studio delle scuole palestinesi, usando come arma di pressione e ricatto i fondi destinati al sistema educativo di Gerusalemme Est. In particolare, vengono chieste modifiche ai testi utilizzati, considerati troppo filo-palestinesi, oltre che l’adozione di nuovi manuali redatti direttamente da Israele. Tra questi ci sono libri come “Yossi è il vicino di Mohammad”, che di fatto normalizza gli insediamenti coloniali israeliani in terra palestinese in nome della coesistenza tra i due popoli.
Alle scuole di Beit Hanina’s al-Eman e Silwan le associazioni di genitori hanno organizzato dei sit-in contro quello che definiscono un processo di “israelizzazione” dell’educazione palestinese. Ahmad Safadi del sindacato degli insegnanti ha sottolineato che nei testi che Israele vorrebbe imporre vengono cancellati i simboli palestinesi e stravolta la narrazione storica e religiosa. Le proteste sull’argomento vanno avanti da tempo e gli organizzatori dello sciopero delle scorse ore hanno promesso nuove iniziative, soprattutto per attirare l’attenzione della comunità internazionale.
Israelizzazione dell’educazione
Lo sforzo di Israele di cambiare l’istruzione nelle scuole palestinesi non è cosa nuova. Già con l’occupazione del 1967 si era cercato di intervenire anche sul sistema educativo, ma le autorità palestinesi avevano fatto resistenza per anni fino poi ad accettare l’adozione in diversi istituti del curriculum giordano al posto di quello palestinese.
Con gli anni la pressione di Tel Aviv sull’istruzione palestinese non si è ridotta, anzi. Il mese scorso il ministro dell’Educazione israeliano ha revocato la licenza a sei scuole palestinesi di Gerusalemme a causa dell’utilizzo di libri di testo considerati offensivi verso soldati e autorità di Israele. Quest’ultimo fa inoltre leva sui suoi finanziamenti alla costruzione di nuove scuole e al restauro di quelle decadenti, vincolando questi progetti all’abbandono dei curriculum palestinesi nelle classi. E in alcune scuole questo cambiamento radicale, con l’adozione dei libri israeliani, è già avvenuto.
L’Aia accusa ufficialmente Netanyahu e Gallant di crimini di guerra a Gaza. Per la prima volta nella storia della Corte si chiede l’arresto di leader occidentali.
Il paese del Caucaso punta su eolico, solare e idroelettrico. Ma il legame con il petrolio è ancora forte. Quali progetti ci sono nel cassetto e che ruolo gioca l’Europa.
Israele a Gaza sta attuando politiche che privano deliberatamente la popolazione delle risorse per vivere. Per il Comitato speciale dell’Onu è genocidio.
La società di contractor accusata di aver torturato i detenuti del carcere di Abu Ghraib è stata condannata a pagare un risarcimento danni di 42 milioni