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Sebastiano Tusa. Ecco dove l’archeologia in Sicilia soffre per il petrolio
Tra i luoghi danneggiati dalle attività legate al petrolio ci sono anche alcuni siti archeologici della Sicilia, dove il turismo è a rischio. Parola di Sebastiano Tusa, archeologo e soprintendente del Mare.
Ne abbiamo parlato già qualche giorno fa: secondo il dossier di Legambiente Sporco petrolio – la lunga scia della corruzione, dell’inquinamento e del malaffare, le estrazioni di oro nero e di gas nel nostro Paese sono legate a scandali e reati. Ma non solo. L’inquinamento che continua a protrarsi da decenni in zone molto delicate d’Italia ha avuto pesanti ricadute sul turismo e sulle bellezze archeologiche.
Parola di Sebastiano Tusa, Soprintendente del Mare
Nella Sicilia sud orientale, in provincia di Siracusa, sono diverse le aree archeologiche toccate più o meno dal petrolio. Il rapporto di Legambiente cita soprattutto il sito di Thapsos, nel comune di Priolo Gargallo, dove la costruzione di uno dei pontili più usati per la movimentazione del greggio ragusano ha causato danni e perdite di contesto. Abbiamo affrontato l’argomento con Sebastiano Tusa, archeologo e Soprintendente del Mare della Sicilia (nonché unico d’Italia), che da tempo si schiera per favorire nella sua terra il turismo e non le attività legate agli idrocarburi.
Quali sono le preoccupazioni degli archeologi?
Il sito, un centro indigeno frequentato dai commercianti Micenei fin dal Tredicesimo secolo a.C., è uno dei più importanti della regione: ha una pianta urbana che ricalca da vicino le corti micenee e una necropoli in cui è stato rinvenuto materiale di grande pregio, che ora si trova al museo Paolo Orsi di Siracusa. Purtroppo Thapsos si trova nel cuore di una delle aree petrolchimiche più grandi della Sicilia, per cui sia l’aria, sia il mare sono altamente inquinati. Anche se si è smesso di scavare da tempo e il sito ormai è tutelato, la perdita di contesto è stata grande.
Per i siti archeologici della Sicilia il problema si ferma qui?
Ovviamente no. Nel rapporto non viene detto, ma nelle vicinanze di Thapsos vi sono altri siti “vittime” dell’inquinamento del polo petrolchimico. A poco meno di un miglio a sud del sito si trova per esempio un relitto di epoca greca ellenistica molto importante, che trasportava un carico di avorio destinato a Siracusa. Le prime indagini degli archeologi subacquei rivelano che le sabbie e i materiali recuperati sul fondo del mare sono impregnati di sostanze inquinanti; la situazione è estremamente grave.
Come è influenzato il turismo in queste aree?
Il turismo in quest’area, una delle più ricche della Sicilia dal punto di vista archeologico, è praticamente inesistente. Il polo petrolchimico ha danneggiato per esempio anche il sito dell’antica colonia greca di Megara Iblea, a una decina di km da Thapsos; i pochi visitatori che ci vanno, lo fanno per curiosità personale o interessi scientifici, non certo perché il luogo sia valorizzato. Per fortuna vicino c’è Siracusa, che è uno dei poli turistici più importanti del Mediterraneo, e allora qualcosa si salva. Ma nei siti in cui i contesti sono perduti e la qualità dell’aria è pessima, anche il turismo ne risente pesantemente.
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