Le temperature impazzite hanno conseguenze anche sull’ecosistema marino: le sardine si sono rimpicciolite, ma anche vongole e seppie sono a rischio.
John Kerry a Seeds&Chips 2018 per parlare delle grandi sfide ma anche delle opportunità legate al cibo
Malnutrizione, spreco alimentare, cambiamenti climatici. Minacce legate al cibo che rappresentano, però, anche grandi opportunità: questo sarà il messaggio di John Kerry, ospite d’eccezione di Seeds&Chips 2018. Ce lo ha svelato Marco Gualtieri, ideatore del summit su cibo e innovazione.
Marco Gualtieri, l’ideatore del summit Seeds&Chips dedicato a innovazione e alimentazione, è riuscito a fare qualcosa di epocale: avere ospite Barack Obama nel suo primo intervento pubblico dopo avere lasciato la carica di presidente degli Stati Uniti, per parlare del legame tra alimentazione e riscaldamento globale all’edizione del summit dell’anno scorso. Un’occasione indimenticabile che quest’anno potrebbe essere replicata grazie alla presenza come uno dei relatori principali di John Kerry, che è stato Segretario di stato americano – nominato proprio da Obama – nonché uno degli attori fondamentali che ha consentito al raggiungimento dell’Accordo di Parigi a dicembre 2015. Kerry è solo uno dei centinaia di relatori provenienti da tutto il mondo che saranno presenti a Seeds&Chips 2018 che si tiene dal 7 al 10 maggio a Milano Congressi. Un appuntamento annuale che porta avanti l’eredità lasciata da Expo 2015, che si è tenuto sempre nel capoluogo lombardo, riconfermando l’Italia come punto di riferimento mondiale nell’ambito delle tematiche e dei progetti legati all’alimentazione e alla sostenibilità.
Seeds&Chips 2018, le anticipazioni di Marco Gualtieri
Abbiamo parlato con Gualtieri, imprenditore italiano che ha fondato Ticketone e che oggi è presidente di Seeds&Chips, di quello che possiamo aspettarci dall’edizione di quest’anno, la quarta. E dei risultati che sono stati ottenuti nel realizzare la sua visione: cioè che il summit diventi un “seme” che aiuti la cultura culinaria del nostro paese a maturare diventando un veicolo di soluzioni per le grandi sfide globali, dalla fame nel mondo al rapporto tra agricoltura e cambiamenti climatici, coltivato grazie all’unione tra tradizioni e innovazione.
Ci può fare un bilancio dell’edizione dell’anno scorso, quella ricordata soprattutto per l’intervento di Barack Obama?
Siamo stati onorati di avere Obama. Ci ha permesso di farci conoscere nel mondo: il suo discorso è stato trasmesso in diretta da 144 televisioni. Il nostro obiettivo era prevalentemente richiamare l’attenzione in Italia verso l’importanza dei temi che trattiamo. Se devo fare un bilancio, in parte è servito e in parte no perché il riscontro e le reazioni che abbiamo ricevuto sono stati più dall’estero che dall’Italia. Comunque il presidente Obama e la terza edizione di Seed&Chips sono stati un punto di svolta, non di arrivo. C’è ancora tanto da fare per fare capire che il nostro seme è importante se lo coltiviamo tutti insieme, se facciamo crescere quello che rappresenta.
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Perché il messaggio di Seeds&Chips è stato recepito soprattutto a livello internazionale e non tanto in Italia?
Un problema è sicuramente il campanilismo italiano che per certi versi sappiamo essere un’eccellenza ma spesso invece è un difetto. Dobbiamo portare qui il mondo e offrire il meglio che abbiamo di soluzioni ed esperienze. Se ognuno continua a difendere il suo orticello – visto che parliamo di cibo – non andremo da nessuna parte. Nel difendere le capacità, la diversità, l’eccellenza, la biodiversità, tutte queste belle cose che ci rappresentano c’è però il rischio di non sapere guardare oltre.
Cosa possiamo aspettarci dall’edizione di quest’anno?
Quello che rappresentiamo: cioè il portare esperienze, che vuol dire anche soluzioni e best practice concrete da tutto il mondo, per ispirare. Ci sono due elementi che valgono in qualunque economia o sistema, ma soprattutto nel mondo del “food” (del cibo, ndr): il primo è la contaminazione tra i vari attori. Quindi una grande azienda non può oggi fare tutta da sola e non interagire con l’innovazione, le startup e i giovani. Il secondo è che tutto è collegato, il cibo è una matrice ampia e complessa che si interseca con gli altri settori. La sintesi che ho scritto sui tre eventi del 2015 racconta che quell’anno è successo qualcosa che definisco epocale. Uno l’abbiamo organizzato noi, che è Expo, poi gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) sono stati approvati dalle Nazioni Unite e poi c’è stato l’Accordo di Parigi. Sono tutti interconnessi, dicono tutti la stessa cosa, quello che LifeGate dice da anni: il mondo adesso deve andare in quella direzione, ci sono grosse minacce ma anche grosse opportunità. L’Italia ha non solo le competenze per farlo, ma anche l’esigenza di affrontare certe minacce.
Anche le migliori idee hanno bisogno del posto giusto! Vi aspettiamo a #SaC18 7-10 maggio https://t.co/dfAvTqy6AT #FoodInnovation #FoodTech #AgTech #Startup @DdW_Innovazione @startup_italia @CloseToMedia @food_comm @fuudly @formichenews @DotmugEN @TheFork_it @Saatchi_Italy pic.twitter.com/rMNQiduLBM
— Seeds&Chips (@SEEDSandCHIPS) 8 aprile 2018
Questo, quindi, è il suo augurio per la nuova legislatura?
Questo dev’essere l’augurio di tutti. Qualunque partito, movimento, rappresentante dovrebbe avere nel suo programma molti degli elementi che stiamo raccontando. Parto dall’immigrazione. Ci sono studi precisi, di cui gli Stati sono a conoscenza, che la più grande minaccia dei prossimi anni è legata alla mancanza di acqua e cibo. Ci sono numeri che dicono che da 50 a 200 milioni di persone potrebbero scappare dai loro territori perché non hanno acqua e cibo. Voglio fare fantapolitica: sarebbe una sintesi creare un piano di sviluppo economico, di difesa degli interessi del paese e di qualità della vita sul tema della sostenibilità. Oggi questo non è solo un valore etico, è un’urgenza ma anche una grande opportunità.
Anche quest’anno Seeds&Chips ha ricevuto il patrocinio del World food programme, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di assistenza alimentare. In che modo l’innovazione, il tema portante del summit, può contribuire a combattere la fame nel mondo?
La “fame nel mondo” è un termine importantissimo. Crescendo mi hanno insegnato a non lasciare il cibo nel piatto perché c’era un bambino nel Biafra che non ne aveva, in questo modo mi sono creato una coscienza e ho imparato certi valori. Oggi quella coscienza è amplificata anche per chi non ce l’ha dal fatto che il problema di quel bambino, o di quei milioni di bambini, non è lontano. Perché gli effetti di quel problema si ripercuotono anche nella nostra quotidianità. Seeds&Chips è un piccolo seme, portiamo le persone a discutere dei temi proponendo però soluzioni da mettere in atto. Nessuno ha la bacchetta magica per far fronte a queste grandi sfide. Sono tante piccole cose e alcune di queste potrebbero crescere più di altre. Noi siamo soltanto un piccolo anello di questa catena, che è portare avanti quello che Expo ci ha messo sul tavolo.
Seeds&Chips partecipa alla mostra-evento Smart city di Material Connexion che inaugura il 17 aprile, durante la Design week di Milano. Quali innovazioni possono contribuire allo sviluppo di città sempre più resilienti, quindi capaci di sostenere una crescita esponenziale dell’urbanizzazione?
Il cibo tocca tutto e tutti. Se oggi il 50 per cento della popolazione vive nelle grandi città, nei prossimi anni arriveremo al 75 per cento. Le città devono essere ripensate anche nel loro rapporto col cibo. Non si può parlare di una smart city senza metterci dentro il cibo. Un esempio pratico è che le città possono pensare di produrre una parte del cibo di cui hanno bisogno invece di farlo arrivare da fuori – alcune lo stanno già facendo ma siamo solo agli inizi. E siccome le città si allargano, il “fuori” è sempre più lontano.
Stiamo andando nella direzione giusta per sviluppare veramente delle smart city a livello globale?
Abbiamo le tecnologie e la conoscenza delle esigenze e delle problematiche, quindi bisogna dare un’accelerata. Io cinque anni fa ho cominciato a dire che con i nuovi sistemi idroponici si potrà produrre cibo sui tetti, nei sotterranei e nei grandi spazi abbandonati. Adesso questa cosa sta incominciando a prendere piede. Questa è una grande opportunità. Pensiamo alle risorse si questo paese. Abbiamo la cultura, che è alla base di tutto, poi la biodiversità, le tradizioni, il buon cibo, la moda, il design, l’industria manifatturiera, le aziende specializzate in tecnologie. Si tratta solo di metterli tutti insieme.
L’anno scorso tra i relatori principali, o keynote speaker, c’era Obama, quest’anno Kerry: entrambi sono stati ai vertici dell’esecutivo statunitense. Perché la scelta di dare spazio proprio a leader americani?
Americani per coincidenza, abbiamo centinaia di relatori. Kerry lo abbiamo invitato per due motivi. Il primo è che rimasi folgorato quando nel settembre del 2015 venne in Expo e fece il suo intervento. Nel suo discorso disse che ci sono delle sfide urgentissime che dobbiamo affrontare pena l’instabilità del mondo. Kerry spiega che il primo milione, i primi due milioni di siriani scappati non lo hanno fatto per le bombe ma per mancanza di cibo e acqua. Poi disse che in queste sfide c’è l’opportunità economica più grande nella storia. Poi, Al Gore nel suo ultimo documentario (Una scomoda verità 2, ndr) dice che ci sono tre persone grazie alle quali è stato possibile l’Accordo di Parigi: Barack Obama, John Kerry e il presidente francese François Hollande. Allora non potevo non tentare di avere Kerry. Tra l’latro lui andò a firmare l’Accordo di Parigi alle Nazioni Unite portandosi sua nipote di due anni e mezzo in braccio, dicendo “lo sto facendo per te”. Credo che l’esperienza, la storia e i racconti di Kerry siano di grande ispirazione.
Anche Howard Schultz, executive chairman di Starbucks, è un keynote speaker. Come mai questa scelta?
Pochi sanno che Starbucks nasce a Milano, da Schultz ventenne che viene qui e si innamora delle caffetterie italiane e da lì nasce l’impero che ha costruito. C’è un forte legame con l’Italia, non solo con l’apertura di una caffetteria Starbucks a Milano quest’estate ma anche perché Schultz da mesi dice ai suoi che la parola chiave per Starbucks del futuro è “salute”. Anche nella sostenibilità della filiera del caffè Starbucks ha fatto delle cose epocali che hanno aperto la strada ad altri. Tra l’altro la novità di quest’anno, oltre sempre alla presenza di “teenovator” – tutte le conferenze vengono aperte infatti da un adolescente che quindi è il primo protagonista sul palco – e tanti relatori giovani, è che porteremo tre giovani a interagire con questo keynote speaker sul palco. Un teenager, un ventenne e un trentenne proprio per potere provocare ragionamenti, proporre idee. Perché la contaminazione è fondamentale.
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