
Quante imprese hanno i mezzi per far fronte a un danno all’ambiente? A dare una risposta è la rilevazione di Pool Ambiente su dati Ania.
In Serbia migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro un governo che appare troppo vicino agli interessi dei colossi minerari stranieri.
Quella di mercoledì 24 novembre è stata una giornata di tensione a Belgrado, capitale della Serbia. Circa duemila i manifestanti che si sono ritrovati di fronte al palazzo presidenziale per poi marciare nelle strade del centro, soffiando nei fischietti e bloccando il traffico. L’oggetto del contendere sono alcune proposte di legge che, a detta loro, farebbero solo gli interessi delle grandi corporation pronte ad aprire nuove miniere di litio, dimenticandosi dell’ambiente e della popolazione.
In un momento storico in cui la domanda di litio per le batterie delle auto elettriche è alle stelle, la società Rio Tinto ha scoperto un giacimento nei pressi di Loznica, al confine con la Bosnia, e ha avviato l’iter per aprire una nuova miniera a partire dal 2022. Una volta arrivata a pieno regime, secondo le stime produrrà ogni anno 58mila tonnellate di carbonato di litio, 160mila tonnellate di acido borico e 255mila tonnellate di solfato di sodio. Numeri che potrebbero consacrare il colosso anglo-australiano tra i primi dieci produttori di litio del mondo.
Che dire però dell’impatto ambientale? La valutazione formale (Eia, environmental impact assessment) è in corso e, di conseguenza, l’amministrazione non ha ancora dato il via libera ai lavori. Nonostante Rio Tinto assicuri di volersi attenere a tutti gli standard nazionali ed europei, la comunità locale – che vive prevalentemente di agricoltura e allevamento – esprime forti preoccupazioni in merito. E nel frattempo anche altre imprese straniere, come la cinese Zijin, hanno messo gli occhi sulle ricche risorse minerarie serbe.
A suscitare ulteriori polemiche sono le nuove proposte di legge al vaglio del parlamento serbo. Proposte che, a detta dei manifestanti, sarebbero state scritte su misura per gli interessi delle multinazionali. Attualmente infatti molti abitanti delle zone interessate dai progetti minerari si sono rifiutati di mettere in vendita le loro proprietà, rivolgendosi al tribunale per chiedere risarcimenti più congrui. Processi di questo tipo potrebbero durare per mesi. Invece, la settimana prossima i parlamentari potrebbero autorizzare l’esproprio dopo appena otto giorni, quando motivato dall’“interesse pubblico”.
Il presidente Aleksandar Vucic ha anche ventilato l’ipotesi di un referendum che permetterebbe ai cittadini di decidere se dare o meno il semaforo verde alla miniera. Una garanzia che, a detta degli attivisti, rischierebbe di risultare indebolita da un’altra proposta di legge che modifica i requisiti di affluenza alle urne.
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