Pezzi unici che conservano la patina del tempo e la memoria della loro storia con legni e metalli di recupero: è il progetto di design sostenibile di Algranti Lab.
Torna il Serpentine pavilion, il padiglione londinese ispirato a un villaggio del Burkina Faso
Tra gli appuntamenti culturali più attesi dell’estate londinese c’è il Serpentine pavilion. Ogni anno dal 2000 le gallerie d’arte contemporanea Serpentine gallery e Serpentine Sackler gallery invitano un architetto internazionale a realizzare la sua prima struttura a Londra progettando un padiglione temporaneo all’interno del giardino di Kensington nei pressi di dove sono ubicate. Quest’anno il progetto è stato affidato a
Tra gli appuntamenti culturali più attesi dell’estate londinese c’è il Serpentine pavilion. Ogni anno dal 2000 le gallerie d’arte contemporanea Serpentine gallery e Serpentine Sackler gallery invitano un architetto internazionale a realizzare la sua prima struttura a Londra progettando un padiglione temporaneo all’interno del giardino di Kensington nei pressi di dove sono ubicate. Quest’anno il progetto è stato affidato a Diébédo Francis Kéré, architetto originario del Burkina Faso e il primo progettista africano a realizzare il padiglione che quest’anno ricorderà la sua cultura e il suo villaggio d’origine sia nella scelta dei materiali sia nell’invito a entrare in contatto con la natura. Il Serpentine pavilion torna dal 23 giugno all’8 ottobre, l’accesso è libero e gratuito.
La storia del Serpentine pavilion
Kéré è il diciassettesimo architetto ad accettare l’invito. Il primo anno era stata Zaha Hadid, l’archistar (architetto-star) donna di origini anglo-irachene scomparsa nel 2016 a progettare il padiglione, una delle sue prime grandi opere. Da allora hanno partecipato alcuni fra i più grandi nomi dell’architettura mondiale come Frank Gehry, Jean Nouvel, Oscar Niemyer e Ai Weiwei con Herzog & de Meuron. L’anno scorso era toccato al danese Bjarke Ingels e nel 2015 allo studio spagnolo SelgasCano.
Serpentine pavilion 2017, il progetto di Francis Kéré
Una struttura innovativa che porta all’interno dei giardini di Kensington il senso della luce e della vita tipico dello stile dell’architetto del Burkina Faso da anni residente a Berlino, dove ha sede il suo studio Kéré architecture. Si tratta di una costruzione realizzata principalmente in legno che ricoprirà una superficie di 330 metri quadri fornendo riparo ai visitatori sia dal calore sia dalla pioggia. Il padiglione infatti sarà dotato di un tetto circolare cavo al centro che permetterà all’aria di circolare e creerà giochi di luce.
In caso di pioggia un oculo incanalerà l’acqua che cade sul tetto creando uno spettacolare effetto a cascata. L’acqua verrà fatta convogliare verso il suolo attraverso un sistema di drenaggio per essere usata per l’irrigazione del parco. La struttura su cui poggia l’ampio tetto verrà realizzata in acciaio e legno e sarà formata da blocchi di legno prefabbricati assemblati in moduli triangolari con sottili aperture che lasceranno filtrare la luce. Questo donerà al padiglione un ulteriore senso di apertura, uno degli obiettivi principali dell’architetto.
Il padiglione come luogo di ritrovo
Ispirato dall’albero, considerato un punto d’incontro focale a Gando in Burkina Faso, il paese d’origine di Kéré, il padiglione ha come scopo principale quello di collegare i visitatori non solo gli uni con gli altri ma anche con la natura circostante. Come afferma l’architetto, il progetto è concepito come un microcosmo, ovvero una struttura per la comunità che unirà i riferimenti culturali del suo Paese con tecniche di costruzione sperimentali: per ricreare l’effetto dell’albero sotto la cui chioma si svolgono le attività quotidiane. L’esperienza di essere cresciuto in un paese relativamente isolato ha permesso all’architetto di sviluppare una forte consapevolezza delle implicazioni sociali, sostenibili e culturali del design, come dimostrano progetti come le scuole primarie e secondarie realizzate a Gando.
Grazie al padiglione temporaneo anche i londinesi – che benché vivano in un contesto totalmente diverso dal Burkina Faso condividono comunque spesso un senso di isolamento – potranno avere un luogo dove stare al riparo e condividere le proprie esperienze per ritrovare un senso di comunità nella quotidianità. “Credo che l’architettura abbia il potere di sorprendere, unire e ispirare tutti, e allo stesso tempo di mediare aspetti importanti come quelli della comunità, dell’ecologia e dell’economia”, afferma Kéré.
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