La siccità e il continuo aumento delle temperature stanno costringendo gli agricoltori californiani a modificare i propri piani produttivi.
La sete di sapere, contro la siccità la California apre le università agli agricoltori
Dopo anni di sfruttamento delle falde acquifere e di pratiche agricole intensive la California si accorge di non avere più acqua. In un paese battuto dal sole per 300 giorni l’anno e che usa in modo forsennato le risorse idriche pompate dal sottosuolo, i coltivatori non hanno più di che vivere. Per affrontare il problema
Dopo anni di sfruttamento delle falde acquifere e di pratiche agricole intensive la California si accorge di non avere più acqua. In un paese battuto dal sole per 300 giorni l’anno e che usa in modo forsennato le risorse idriche pompate dal sottosuolo, i coltivatori non hanno più di che vivere. Per affrontare il problema della desertificazione dei suoli e della siccità, la California apre le porte delle università e dei centri di ricerca sul territorio e punta sull’informazione e l’aggiornamento degli agricoltori.
I dati dell’United States Drought Monitor (USDM) stimano che il 99,85 per cento del territorio californiano è in condizioni di siccità, di questi il 42 per cento è ai livelli massimi. Un fenomeno dovuto agli effetti dei cambiamenti climatici, ma soprattutto alla scarsa lungimiranza e all’imprudenza usata scavando sempre più in profondità per estrarre l’acqua con tecnologie costosissime e dannose per il suolo. Per Richard Walker, professore di geografia presso l’Università dei Berkeley, il problema nasce dalla mancanza di una regolamentazione sull’attività di pompaggio dell’acqua, aumentata negli ultimi anni del 50 per cento per assecondare gli interessi del mercato agroalimentare.
Gli effetti della siccità e della desertificazione sono gravi e contraddittori. Da un lato hanno indotto un meccanismo economico mirato alla massimizzazione del profitto per acro, ovvero gli agricoltori con più possibilità di accedere all’acqua hanno sostituito le proprie piantagioni con colture economicamente più vantaggiose, mandorle, noci e pomodori sono fra queste. Dall’altro lato, a fronte del consumo necessario d’acqua per mantenere alte le esportazioni e la produzione agricola di colture che necessitano di molta acqua si distrugge la terra e si sensibilizzano i cittadini a un uso consapevole delle risorse. La California, per esempio, produce l’80 per cento delle mandorle e il 28 per cento delle noci consumate in tutto il mondo, un mercato che da 1,2 miliardi di dollari del 2008 è passato nel 2012 a 4,8 miliardi, raddoppiando la superficie di mandorleti a scapito di altre coltivazioni.
Le conseguenze socioeconomiche della siccità sono evidenti e hanno spinto lo Stato della California ad approvare una legge di tutela dei bacini idrici e a investire parte dei fondi pubblici sull’informazione dei cittadini sull’impatto ambientale delle pratiche agricole e approvvigionamento d’acqua.
In ottemperanza con questa legge, il governatore Jerry Brown ha approvato delle misure di emergenza da un miliardo di dollari che finanzieranno dei progetti idrici e sosterranno le famiglie degli agricoltori.
Lo scopo è quello di cercare di ricostituire la portata di 130 falde su 500 che scorrono nel sottosuolo californiano, per questo nei prossimi cinque anni lo Stato ha attuerà un piano strategico di gestione sostenibile delle colture agricole e delle tecnologie di irrigazione che punta sull’informazione delle persone che lavorano la terra. I laboratori di ricerca e di analisi non saranno più luoghi chiusi e lontani dai coltivatori, tutto il contrario, sarà proprio il lavoro condiviso tra l’università e gli agricoltori a cambiare le sorti della California.
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