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Lo spinnamento degli squali consiste nel tagliare la pinna di questi animali, per poi rivenderla. È una pratica che sta portando la specie all’estinzione.
3.500 tonnellate di pinne di squalo vengono esportate dall’Unione europea verso l’Asia ogni anno, un problema che sta mettendo in serio pericolo una delle specie più iconiche dei mari. Nella pratica del “finning” o “shark finning”, detta anche “spinnamento”, gli animali vengono privati della loro pinna, la parte più pregiata. I loro corpi, considerati senza valore, vengono rigettati in mare mutilati, mentre gli animali sono ancora coscienti. Questi ultimi, non potendo più nuotare, finiscono per arenarsi sul fondale, morendo dissanguati o per asfissia.
Le pinne di squalo sono l’ingrediente principale di una costosa zuppa che si mangia principalmente in Cina e Vietnam. Un tempo era considerata una pietanza rinomata e veniva consumata solo dai ceti più ricchi, ma in seguito al boom economico, si è diffusa sempre di più anche nella classe media. Questo ha portato a un aumento esponenziale della domanda di pinne e, di conseguenza, del numero di squali uccisi. Non a caso, un terzo della popolazione di squali e razze rischia l’estinzione e alcune specie hanno visto una diminuzione dei loro esemplari del 70-90 per cento, con un terzo di loro che rischia oggi l’estinzione.
Benché sia un alimento tipico di alcuni paesi asiatici, il mercato su cui si basa è diffuso in tutto il mondo, a cominciare proprio dall’Europa.
A causa dello shark finning, ogni anno muoiono tra i 70 e i 100 milioni di squali. A livello mondiale, il paese responsabile del maggior numero di esemplari di squali, razze e chimere pescati ogni anno è l’Indonesia, con un triste record di 110mila tonnellate. Al secondo posto c’è però la Spagna con 78mila tonnellate, seguita dall’India con 67mila tonnellate. Ma analizzando il report su questo mercato stilato dall’ong Traffic, che da tempo si occupa di monitorare il commercio di animali e piante, si nota come tre paesi europei figurino tra i primi 15 stati al mondo per cattura di squali: oltre alla Spagna, si aggiungono anche il Portogallo e la Francia.
All’interno dell’Unione europea, lo spinnamento sarebbe vietato dalla legge, grazie a una direttiva del 2013 che stabilisce che gli squali pescati debbano essere portati a terra interi. Tuttavia, le catture negli ultimi anni sono aumentate esponenzialmente. Prendiamo il caso della verdesca: nel 2016 ne sono state pescate 53mila tonnellate, una cifra addirittura superiore a quella del 2013.
Per questo motivo, è stata lanciata l’iniziativa dei cittadini europei (Ice) Stop finning – stop the trade per chiedere all’Ue di vietare l’importazione, l’esportazione e il transito delle pinne di squalo all’interno dei suoi confini. Solamente nel 2016, le flotte spagnole hanno dichiarato 29mila tonnellate di verdesca, circa 1 milione di animali. Questo da solo si traduce in un mercato di 3.500 tonnellate di pinne per un valore totale di circa 52 milioni di euro all’anno, fanno sapere gli organizzatori dell’Ice. E sono solo i casi ufficiali.
La raccolta firme si conclude ufficialmente il 31 gennaio e cerca di raccogliere almeno un milione di voti. Le firme, al momento della scrittura di questo articolo, sono più di 540mila in Europa e 47mila in Italia. Sette paesi (Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Austria, Ungheria, Malta) hanno già raggiunto la soglia minima richiesta e in Italia mancano solo settemila voti.
Per firmare e unirsi all’iniziativa è sufficiente andare sul sito ufficiale e compilare i campi richiesti. Un modo concreto per aiutare questi enigmatici animali a salvarsi dall’estinzione.
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