Il giacimento petrolifero di Cambo non conviene, Shell abbandona il mare del Nord

La società petrolifera Shell ha annunciato di voler abbandonare il controverso progetto di estrazione di petrolio su larga scala, in Scozia.

  • Shell ha annunciato l’abbandono di un mega progetto di estrazione nel mare del Nord, al largo della Scozia
  • Secondo diverse associazioni ambientaliste è il momento di chiedere al Regno Unito di impegnarsi formalmente nell’abbandono dei sussidi alle compagnie petrolifere e ai progetti di estrazione di petrolio e gas
  • Per Shell si tratta di una questione economica, non ambientale. Infatti, in altre parti del mondo continuano i progetti di estrazione

La compagnia petrolifera Shell ha dichiarato di voler abbandonare i suoi piani di sviluppo in merito al giacimento di combustibili fossili di Cambo, nel mare del Nord britannico, al centro già di diverse battaglie da parte degli ambientalisti.

Come spiegato dalla società anglo-olandese in una nota, a seguito di uno “screening completo” del giacimento, la Shell “ha concluso che le ragioni economiche per investire in questo progetto non sono abbastanza forti in questo momento, oltre a essere a rischio per potenziali ritardi”.

Ma il Regno Unito non abbandona le estrazioni di petrolio e gas

Il progetto Cambo, enorme giacimento di gas e petrolio al largo delle isole Shetland, in Scozia, è stato al centro di numerosi dibattiti circa l’opportunità o meno di estrarre combustibili fossili nel Regno Unito. Il giacimento ha una potenzialità produttiva di 170 milioni di barili di petrolio e 1,5 miliardi di metri cubi di gas in 25 anni.

Per molti, l’annuncio di Shell segna la fine delle esplorazioni su larga scala nel mare del Nord: ora Siccar Point, azionista di maggioranza che gestisce il pozzo dal 2002, farebbe fatica a trovare un nuovo partner per coprire la quota lasciata da Shell (il 30 per cento).

Se da una parte gli azionisti della Shell si sono divisi sulla decisione adottata, diverse organizzazioni ambientaliste, tra cui l’ong Friends of the Earth – che quest’anno ha guidato e vinto la causa che nei Paesi Bassi ha portato un tribunale a obbligare Shell a ridurre le emissioni – hanno applaudito la mossa.

In aggiunta, il governo britannico è stato uno dei primi al mondo ad annunciare di voler raggiungere l’obiettivo emissioni nette zero entro il 2050. Ma nonostante il buon intento, durante la conferenza sul clima Cop26 di Glasgow – che si è tenuta sotto l’egida dei britannici – il primo ministro Boris Johnson ha rifiutato di unirsi alla Beyond oil and gas alliance (Boga), l’alleanza di paesi che si sono impegnati a fermare nuove estrazioni di combustibili fossili.

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Manifestazione contro lo sviluppo di Cambo a Edinburgo © Jessica Kleczka/Flickr

Shell si dimostra incoerente

Nel frattempo, gli attivisti ambientali chiedono all’alta corte di giustizia di esprimersi sulla strategia del governo sui combustibili fossili, in quanto la produzione di questi continua a essere sovvenzionata con i sussidi pubblici. Il gruppo di pressione Paid to polute afferma che le compagnie petrolifere e del gas hanno ricevuto miliardi di sterline in sgravi fiscali per nuove esplorazioni e miliardi per coprire i costi di smantellamento tra il 2016 e il 2020.

Alla base della scelta di abbandonare il giacimento di Cambo, dunque, ci sono questioni economiche. Lo dimostra anche il fatto che Shell, in altre parti del mondo, continua a esplorare nuovi pozzi per estrarre combustibili fossili. Basta guardare al Sudafrica, dove la compagnia petrolifera vuole andare alla ricerca di giacimenti di petrolio e gas naturale al largo della Wild coast, durante la stagione riproduttiva delle balene.

La prima fase annunciata da Shell prevede le cosiddette prospezioni geosismiche: si tratta di creare onde sismiche per poi monitorarne l’eco e ricostruire, così, le caratteristiche dei fondali. Numerosi studi scientifici dimostrano che tale tecnica può provocare gravi danni alla fauna marina, in particolare a cetacei come le balene, che comunicano attraverso i suoni pulsati anche per riprodursi.

Shell sta dimostrando che le trivellazioni producono danni incoerenti con il suo piano di transizione energetica volto a limitare il riscaldamento globale.

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