L’inusuale ondata di caldo che ha investito l’Artico sta facendo aumentare gli incendi in Siberia di cinque volte.
Dopo aver fatto registrare pochi giorni fa temperature record, con picchi di 38 gradi in quello che dovrebbe essere uno dei luoghi più freddi del pianeta, in Siberia, come previsto, sono scoppiati gravi incendi che sembrano riportarci indietro di un anno, quando enormi roghi devastarono l’Artico.
Tundra in fiamme
Secondo quanto riferito dalla Avialesookhrana, agenzia governativa russa incaricata della gestione aerea degli incendi boschivi, 1,15 milioni di ettari di tundra stanno bruciando in aree che i pompieri non riescono a raggiungere.
Le fiamme sono state rilevate il 25 giugno dal satellite Sentinel del programma Copernicus dell’Agenzia Spaziale Europea e della Commissione europea e sarebbe l’incendio più a nord degli ultimi anni.
L’area più colpita
L’area più colpita dalle fiamme è la Repubblica autonoma della Sacha-Jacuzia, nella Siberia orientale, dove sorge il villaggio di Verchojansk, in cui lo scorso 20 giugno sarebbero stati registrati 38 gradi centigradi (dato al vaglio dell’Organizzazione meteorologica mondiale), record assoluto per l’Artico.
Gli incendi dello scorso agosto carbonizzarono oltre quattro milioni di ettari di foreste in Siberia. Quest’anno i roghi hanno iniziato a scoppiare molto prima del solito.
Un caldo innaturale
Per avere la misura degli stravolgimenti che stanno investendo l’Artico, con conseguenze su tutto il pianeta, basti pensare che, secondo quanto dichiarato da Gavin Schmidt, direttore del Nasa Goddard institute for space studies, le temperature medie della regione sono superiori di circa tre gradi (con picchi di dieci gradi in alcune aree della Siberia) a quelle del Diciannovesimo secolo.
Il futuro è adesso
Le temperature eccezionalmente elevate, figlie della crisi climatica che sta squassando il pianeta, proseguono fin da gennaio. “In questa parte della Siberia i segni dei cambiamenti climatici sono già qui – ha detto ad Associated Press Amber Soja, ricercatore della Nasa che ha condotto ricerche sul campo nella zona -. Il caldo e gli incendi di quest’anno stanno solo aggiungendo ulteriori prove al segnale dei cambiamenti climatici che abbiamo osservato in queste foreste per anni”.
Se si fonde il permafrost siamo nei guai
L’Artico, negli ultimi 30 anni, si è riscaldato a una velocità doppia rispetto alla media globale, mettendo a repentaglio la sopravvivenza di un ecosistema delicato e vitale. Il riscaldamento globale, oltre a causare gli incendi che provocano l’emissione di milioni di tonnellate di CO2 e ad esacerbare l’erosione costiera mettendo in pericolo diverse comunità, provoca la fusione del permafrost.
La degradazione del permafrost avrà gravi conseguenze su scala globale: ne consegue infatti il rilascio di grandi quantità di metano e anidride carbonica e potrebbe riportare alla luce antichi e pericolosi patogeni intrappolati per millenni nei ghiacci, in grado di provocare nuove pandemie.
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