In Somalia, sono due le aree a rischio carestia entro fine anno. Mentre il Paese lotta contro una siccità incessante e una recrudescenza del conflitto.
Ci sono evidenze concrete che si verificherà una carestia nei distretti di Baidoa e Burhakaba, nella Somalia centromeridionale. Si legge nell’ultimo report sull’insicurezza alimentare delle Nazioni Unite, l’Integrated food security phase classification, uno strumento di monitoraggio della fame a livello globale. Ed è probabile che queste condizioni durino almeno fino a marzo 2023. La Somalia, infatti, si trova in una condizione ambientale catastrofica a causa della scarsità di piogge, che si prolunga da quattro stagioni consecutive e che ha costretto diverse centinaia di migliaia di persone ad abbandonare le proprie case e ha messo sotto enorme pressione un Paese già indebolito da decenni di conflitti.
Gli esperti stanno paragonando questa crisi a quella del 2010-2011, quando la carestia fece quasi 260mila vittime, metà delle quali bambini. Questa volta, le tendenze alla base della crisi sono peggiori di quelle del 2010 e la comunità internazionale ha il dovere di prestare attenzione agli avvertimenti. La Fao ha lanciato un appello per la raccolta di circa 270 milioni di dollari (un’inezia se paragonato allo sforzo economico messo in piedi per l’Ucraina) necessari all’assistenza di 1,8 milioni di persone in 52 distretti della Somalia. I donatori devono aumentare i finanziamenti e i gruppi di aiuto umanitario devono sapere di avere accesso sicuro alle aree più bisognose.
In Somalia la siccità spinge più di un milione di persone nei campi profughi
Non solo carestia. Oltre 755mila persone sono state sfollate in Somaliaa causa della grave siccità di quest’anno, portando la cifra totale a 1 milione dal gennaio 2021, quando l’acqua è iniziata a scarseggiare, secondo i dati sullo sfollamento diffusi a metà agosto dall’Unhcr (l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) e dal Norwegian Refugee Council.
"There is no water, no pasture, no crops and nothing has been produced this year."
In Somalia, severe drought is causing irreversible losses and threatening lives and livelihoods.@FAO, thanks to funding from @USAID, is helping vulnerable rural farmers get back on their feet 👇 pic.twitter.com/671kgNswjQ
Il fallimento dei raccolti e la decimazione delle mandrie di bestiame sono stati aggravati dall’impennata dei prezzi dei generi alimentari. A giugno, secondo il Programma alimentare mondiale (Wfp, World food programme), il costo per una famiglia per soddisfare il proprio fabbisogno alimentare di base era tra il 56 e il 110 per cento superiore alla media quinquennale in alcune delle regioni più colpite. Anche se il ritmo delle consegne di aiuti dovesse aumentare, si prevede che le piogge di ottobre provocheranno una quinta stagione di siccità senza precedenti e una catastrofe umanitaria, con un aumento degli internal displaced: gli sfollati interni. Infatti, si prevede che il numero di persone costrette a fronteggiare livelli di fame da crisi in Somalia aumenterà da circa 5 milioni a più di 7 milioni nei prossimi mesi, aggravato non solo dalla crisi climatica, ma anche dall’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari a causa della guerra in Ucraina.
ActionAid nei mesi scorsi ha riportato diverse testimonianze su come gli effetti dell’invasione russa in Ucraina fossero già concreti in Somalia, in particolare nella regione autonoma del Somaliland. Sono mesi che manca acqua per i campi, ma anche per l’uso domestico, con un pericolo concreto per circa 1,2 milioni di persone. In Somalia è la prima volta che si percepiscono in maniera così concreta gli effetti di un conflitto in terre lontane.
La situazione nel Corno d’Africa
Nel Corno d’Africa, la crisi alimentare legata ai cambiamenti climatici non affligge solo la Somalia, ma anche il Kenya e l’Etiopia. In tutta l’area sono 20 milioni di persone a soffrire la fame, con picchi di malnutrizione sui bambini e i neonati. In Kenya 2,7 milioni di persone hanno urgente bisogno di aiuti umanitari, e la carenza d’acqua sta costringendo le donne, che si occupano di procurare acqua, a camminare per chilometri per trovare una fonte potabile. La carenza d’acqua non impatta solo l’alimentazione, ma anche i bisogni primari legati al mantenimento dell’igiene personale e del diritto alla salute. Gli impatti maggiori sono sulla parte femminile della comunità, impossibilitata ad avere a disposizione acqua durante le mestruazioni o nelle settimane post partum.
Anche in Etiopia la situazione è drammatica: 5,6 milioni di persone hanno urgente bisogno di aiuti alimentari e circa tre milioni di donne e bambini sotto i cinque anni sono in condizioni di grave malnutrizione. Lo scenario è ancora più complesso nella regione del Tigray, dove è in corso da inizio 2020 uno scontro violento tra il Fronte di Liberazione del Popolo del Tigray e il Governo federale etiope.
Dopo quasi tre anni di guerra si è delineata una catastrofe umanitaria che conta migliaia di vittime, milioni di sfollati, il rischio carestia e la costante difficoltà da parte degli aiuti internazionali al Tigray, completamente chiuso dal blocco imposto da Addis Abeba. La scorsa estate il Direttore Generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha denunciato la grave crisi che affligge la regione e il silenzio della comunità internazionale sul conflitto.
Violenza politica e di genere in aumento
La crisi alimentare della Somalia è complicata anche dal conflitto. Si stima che circa 900mila persone vivano in aree controllate dal gruppo jihadista al-Shabaab, che da oltre vent’anni combatte contro i deboli governi centrali che si sono succeduti. Il gruppo è ostile alle agenzie di aiuto occidentali, impedendo l’accesso alle zone più vulnerabili del Paese e rende, nei fatti, estremamente complicata la conta delle vittime e degli sfollati. Questo pone un dilemma per le vittime della siccità che vivono nelle zone controllate da al-Shabaab.
L’unica alternativa per accedere agli aiuti è fuggire verso le aree controllate dal governo e ricevere assistenza lì, oppure rimanere fermi e aspettare che l’ala umanitaria di al-Shabaab porti gli aiuti, che non sono garantiti. Lo spostamento massiccio di persone comporta anche l’esposizione di donne, ragazze e bambine a un crescente rischio di violenza di genere. I casi di violenza di genere nella regione del Somaliland sono aumentati del 24 per cento, in particolare i casi di violenza domestica e di matrimoni forzati. Molto alto anche il numero di ragazze costrette a lasciare la scuola.
Hibo Aden, women’s rights officer at ActionAid Somaliland, said the situation has become so desperate for some families that girls are being forced to marry in exchange for food/water.
Come in Somalia, anche il conflitto in Tigray ha esacerbato il delicato contesto etiope. Secondo l’OCHA un numero crescente di persone continua a lottare per mantenere i propri mezzi di sostentamento nelle aree colpite dalla siccità e sono più di 180mila le persone sfollate a causa delle inondazioni nelle sole regioni di Afar e Gambela che richiedono assistenza urgente.
Inoltre, arrivano notizie allarmanti sulla diffusione di malattie infettive in tutta la regione, oltre ad alcuni casi di colera in alcune zone dell’Oromia. Anche in questo caso, il lavoro delle ong in questi territori è essenziale. ActionAid è presente nelle regioni di Amhara e Afar, non solo colpite dalle inondazioni, ma anche prima area sicura per gli sfollati che arrivano dal Tigray.
Sono state raggiunte più di 19mila persone, la maggioranza delle quali sono donne, a cui è stata data assistenza sanitaria e nutrizionale. Come in Somalia, il supporto alle donne nei campi profughi è legato anche al contrasto della violenza di genere a cui possono andare incontro in condizioni di vulnerabilità. È quindi fondamentale, in queste aree del mondo, il lavoro di organizzazioni non governative come ActionAid che, insieme alle donne delle comunità locali, stanno cercando di dare risposte concrete per adattarsi alla crisi climatica e uscire dai circuiti di violenza in cui vivono.
Milioni di bambini vivono senza cibo, acqua potabile, cure mediche e istruzione. ActionAid si batte da oltre trent’anni in Africa, Asia e America Latina per garantire a tutti questi diritti. Con l’adozione a distanza raggiunge oltre 111mila bambini in più di quaranta paesi del Sud del Mondo. Adottando un bambino a distanza contribuisci ad avviare interventi a lungo termine per eliminare le cause della povertà, con il fine ultimo di rendere le comunità autosufficienti e indipendenti.
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