Il clima che cambia sta delineando una nuova geografia del cibo con l’agricoltura chiamata a rispondere alle sfide ambientali e di sicurezza alimentare.
Sicurezza dei cibi importati, la blacklist di quelli contaminati da sostanze vietate e pericolose
Non è raro che i cibi importati vengano segnalati per allerte alimentari. Per gli agricoltori italiani gli alimenti prodotti all’estero dovrebbero seguire lo stesso percorso di qualità per salute e ambiente.
- Nell’ultimo anno ci sono state 422 allerte alimentari sui cibi importati in Italia a causa della presenza di pesticidi vietati o sostanze pericolose.
- Con una mobilitazione al Brennero gli agricoltori chiedono il contrasto al finto made in Italy, etichettatura di origine e regole uguali per tutti.
- Anche le associazioni ambientaliste e del bio si uniscono alla protesta per sostenere l’agricoltura di qualità basata sulla transizione ecologica.
Residui di pesticidi, micotossine, metalli pesanti, inquinanti microbiologici, diossine, additivi e coloranti: secondo un’analisi di Coldiretti, nell’ultimo anno sono state 422 – più di una al giorno – le allerte sulla presenza di sostanze vietate e pericolose in prodotti alimentari provenienti dall’estero, in particolare, in 6 casi su 10, da Paesi extra Ue.
Ortofrutta, carne, pesce, cereali e spezie: la black list dei cibi importati con più allerte
Frutta e verdura sono al primo posto per numero di segnalazioni sulla sicurezza alimentare, pari al 30 per cento del totale: gli allarmi hanno riguardato pistacchi turchi e iraniani con alti livelli di aflatossine, carote dall’Egitto con residui di Linuron, un pesticida vietato in Europa, fagioli all’occhio del Madagascar e del Bangladesh con Clorpirifos, frutti di bosco congelati tedeschi e serbi con norovirus, un patogeno, succo d’arancia congelato iraniano con Propiconazolo, un pesticida vietato, peperoncini dal Kenya con pesticidi vietati, fichi secchi turchi con aflatossine.
Al secondo posto nella black list degli allarmi alimentari si trova il pesce con ostriche francesi e olandesi con la presenza di norovirus, seppie congelate dall’Albania con contenuto di cadmio, pesce spada e tonno spagnoli con presenza di mercurio oltre i limiti, filetti di merluzzo congelato dalla Cina e cozze cilene con salmonella. Salmonella che è stata rinvenuta anche nelle carni di pollo e di tacchino dalla Polonia, dall’Olanda e dalla Spagna e nelle cosce di rana turche e cinesi. Seguono i cereali dove la quasi totalità delle segnalazioni riguardano il riso dal Pakistan, per la presenza di aflatossine e residui di pesticidi vietati, poi le spezie, dal peperoncino dello Sri Lanka all’origano turco, dal peperoncino cinese al cumino indiano.
La mobilitazione degli agricoltori contro i cibi importati spacciati per italiani
I dati sono stati diffusi in occasione della due giorni di mobilitazione di diecimila agricoltori al Brennero per fermare l’invasione di prodotti alimentari stranieri spesso spacciati per italiani. “È necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute”, ha sottolineato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. “Dal Brennero chiediamo dunque l’applicazione del principio della reciprocità, ovvero stesse regole uguali per tutti a partire dai fattori di produzione. Basti pensare all’uso dei pesticidi. Un quarto di quelli usati negli Stati Uniti risulta vietato nella Ue e le percentuali salgono se si tengono in conto i paesi del Sudamerica. È assurdo che noi continuiamo a importare cibi prodotti con sostanze che in Europa sono vietate da decenni”.
Regole uguali per tutti per favorire la transizione ecologica
Alla mobilitazione hanno partecipato anche FederBio, Legambiente e Slow Food Italia per sensibilizzare le istituzioni sul tema dell’obbligo dell’origine in etichetta per le produzioni agroalimentari e contrastare l’importazione di prodotti che vengono venduti come italiani, senza però rispettare regole e standard richiesti per i prodotti nazionali, generando così condizioni di concorrenza sleale per i produttori italiani. Le tre associazioni hanno presentato alcune istanze che ritengono prioritarie per rilanciare l’intera agricoltura nazionale, basate sulla transizione agroecologica come vera risposta alla crisi dei sistemi alimentari.
“Gli eventi climatici estremi sempre più frequenti e sempre meno prevedibili hanno ridotto le rese. I prezzi pagati ai produttori sono sempre più bassi e le aziende non coprono i costi. Da decenni ormai le politiche agricole nazionali e internazionali sono miopi e confinano la produzione alimentare a un insalubre assistenzialismo”, ha dichiarato Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia. “A ciò si è aggiunta la concorrenza – sleale di fatto, legale nella forma – da parte di Paesi che non sono tenuti a rispettare le regole valide in Italia, in termini ambientali per l’uso di fitofarmaci, e in termini etici per i diritti di lavoratori e consumatori. Riteniamo dunque urgente istituire un sistema in grado di regolamentare la concorrenza fra prodotti locali e di importazione, garantire ai consumatori trasparenza su alimenti importati e limitare al contempo gli impatti negativi su salute, società e ambiente negli stessi Paesi esportatori e che premi le aziende che producono cibi sani nel rispetto della fertilità del suolo e degli ecosistemi”.
“Il regolamento europeo sul bio prevede, a partire dal 2025, che gli alimenti bio importati dovranno rispettare le medesime regole cui sono sottoposti gli agricoltori bio europei. Riteniamo che lo stesso principio debba essere applicato all’agricoltura convenzionale”, ha dichiarato Maria Grazia Mammuccini, presidente di Federbio. “Si tratta di una differenza sostanziale perché impone a chi esporta in Europa di seguire le medesime regole e standard imposti agli agricoltori Ue anche per quanto riguarda l’uso dei fitofarmaci evitando così che ingenti quantitativi di principi attivi vietati in Ue siano scaricati dalle multinazionali nei Paesi in via di sviluppo, rientrando poi in Italia e in Europa sotto forma di frutta e altri alimenti. Bloccare questi agrofarmaci è fondamentale per tutelare la salute, la fertilità del suolo e gli ecosistemi, ma anche per contribuire a superare situazioni di concorrenza sleale per gli agricoltori”.
Lotta all’agromafia, Legambiente: “Approvare in fretta il ddl”
In occasione della mobilitazione, Legambiente ha voluto riportare l’attenzione sull’approvazione in tempi rapidi del ddl contro le agromafie e l’agropirateria – ora in stallo alla Camera dei deputati – che, con l’introduzione nel codice penale dei nuovi delitti contro il patrimonio agroalimentare e un inasprimento delle pene, consentirebbe di contrastare la criminalità organizzata che ha affondato le sue radici anche nella filiera agroalimentare, dal campo alla tavola.
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