Produttori d’ambiente: così Simbiosi vuole rivoluzionare la filiera agrifood

Produrre ambiente: è la mission di Simbiosi, società che sviluppa tecnologie e brevetti per il risparmio di risorse naturali nella filiera agrifood.

È possibile, letteralmente, produrre ambiente all’interno dell’attuale sistema economico? Se l’approccio è quello di osservare, studiare meticolosamente e replicare il modo in cui la natura rigenera sé stessa e ottimizza le proprie risorse, allora la risposta può essere, decisamente: sì. È questa la sfida di Simbiosi, la società fondata da Piero Manzoni, una vita in posizioni da top manager in aziende energetiche e della sostenibilità, la cui mission è lo sviluppo di tecnologie, soluzioni e brevetti impiegabili in molte applicazioni finalizzate al risparmio di risorse naturali (aria, acqua, materiali e suolo) ed energetiche nella filiera dell’agrifood. 

paesaggio rinaturalizzato, simbiosi
Un paesaggio rinaturalizzato © Simbiosi

Il modello di Simbiosi

Una sfida che mette in campo un modello unico: Simbiosi è infatti ufficialmente il primo Produttore d’ambiente e la prima Nature based solutions valley, perché è in grado di rispondere ai bisogni del territorio e della filiera, salvaguardando al contempo il pianeta e le condizioni di vita, grazie al suo approccio a tutto tondo che si occupa di risparmiare risorse naturali, contrastare i cambiamenti climatici, proteggere la biodiversità. Simbioticamente – appunto – proprio come fa la natura.

Innovation Center Giulio Natta, Simbiosi
Innovation Center Giulio Natta, sede degli uffici Simbiosi © Simbiosi

E come invece, troppo spesso, non fa l’uomo. Tutto inizia nel 1995, da un esperimento: rigenerare la biodiversità in 500 ettari di terreno coltivato a monocultura da anni, quasi “desertificato” da decenni di agricoltura intensiva a Giussago, provincia di Pavia. La natura così diventa un laboratorio di ricerca e sviluppo, fonte di ispirazione per lo sviluppo di nuove tecnologie. Oggi, lì, sorge l’Innovation center intitolato al premio Nobel per la Chimica, antenato di famiglia, Giulio Natta.

Ma com’è stato possibile ricostruire la biodiversità? A raccontarlo è Piero Manzoni, fondatore e amministratore delegato di Simbiosi: “Studiando e capendo, raccogliendo miliardi di dati nel tempo e con l’aggiunta negli ultimi periodi di sistemi di sensorizzazione. Così abbiamo capito come la natura utilizza le sue risorse, le trasforma, le distribuisce, le salvaguarda e le ottimizza e come si sviluppa. Da lì abbiamo estratto competenze e capacità per sviluppare tecnologie che andiamo a implementare nell’intero ciclo dell’alimentazione”. Farm to fork, dai campi alla tavola, come vuole la strategia europea, ma non solo: perché attraverso la valorizzazione degli scarti il percorso è ancora al ritroso, dalla tavola nuovamente ai campi. Farm to fork, and back to farm again.

La parola chiave è circolarità. Ma se di solito ogni impresa rappresenta un piccolo ingranaggio che muove il circolo virtuoso del recupero e della lotta allo spreco, l’unicità di Simbiosi – come da nome – sta nella visione d’insieme, o “ecosistemica – spiega Manzoni – e il nostro ecosistema è il ciclo dell’alimentazione. È un focus ben preciso ma è trasversale, perché crea tante connessioni circolari”.

Da dove recuperare le risorse 

Simbiosi si occupa, per prima cosa, di impiegare responsabilmente le risorse, e per farlo si rivolge a diverse tipologie di interlocutori: aziende agricole, industrie della trasformazione e processo, soprattutto agroalimentari, le utilities e le città. All’insegna di un nuovo paradigma economico, sociale e ambientale che punta a ridisegnare i distretti industriali e i territori.

Un nuovo territorio

L’ambizione di Simbiosi è quella di sviluppare i cosiddetti Smart Land e Smart District, aree agricole innovative di ultima generazione intorno ai centri industriali e ai centri abitati, attraverso una serie di soluzioni come l’ottimizzazione nei consumi delle risorse naturali, l’efficienza energetica, i principi di economia circolare per recuperare acqua e materiali (oltre che calore), la valorizzazione degli scarti, la blockchain ambientale, il vertical farming, la fitodepurazionone naturale delle acque, la creazione di barriere ecosistemiche per proteggere i campi coltivati e ridurre o azzerare insetticidi e fertilizzanti.

Nel caso delle aziende agricole, l’azione si concentra sulla ricircolazione di materiali, biodiversità, risorse naturali: valorizzazione dagli scarti alimentari, del contenuto termico delle acque di irrigazione, sul recupero del vigore vegetativo delle piante attraverso l’uso di sensori e intelligenza artificiale, sull’utilizzo di elementi nutritivi che provengono proprio dagli scarti alimentari. Per esempio attraverso l’uso dei satelliti “che danno immagini e dati fantastici dei terreni, dai quali possiamo trarre indicazioni sulla fertilità, sulla salubrità della biodiversità, sulla presenza o meno di elementi fertilizzanti, sulla presenza di parassitosi, sul vigore vegetativo delle piante. Il tutto solo con dati presi da satelliti e sensori, senza usare macchine, sondaggi o altro”.

Agrivoltaico
Agrivoltaico © Simbiosi

Il lavoro al fianco delle industrie dell’agrifood

Oltre al recupero di risorse sul territorio, Simbiosi si adopera per efficientare i processi produttivi di aziende soprattutto (ma non solo) della filiera agroalimentare: del lattiero-caseario, della carne, della pasta, della lavorazione del cioccolato, ma sempre, spiega Manzoni, “mettendo in comunicazione l’azienda con il territorio circostante, facendo in modo che il territorio usufruisca dei benefici effetti dell’azienda, ma che possa restituirne di altri utili all’azienda stessa e viceversa, in perfetta simbiosi. Nel fare questa cosa, attorno alle aziende costruiamo dei paesaggi agro-ambientali bellissimi, dove si produce non solo cibo ma un servizio ecosistemico”. Eccolo il concetto innovativo di Neorurale, termine che si riferisce ad una nuova valorizzazione, anche sociale, di un territorio, rispetto alle attività produttive e industriali già presenti.

La rinaturalizzazione dei 500 ettari di Giussago, dal 1996 al 2014
La rinaturalizzazione dei 500 ettari di Giussago, dal 1996 al 2014 © Simbiosi

Paradigmatico è il caso di un’azienda del settore lattiero che “insiste sulla filiera dell’allevamento bovino, che deve usufruire del pascolo per nutrirsi. Il cibo in questo caso deve essere prodotto in agricoltura, ma dagli scarti possono essere estratti elementi nutritivi, quali fosforo, azoto e potassio, che erano stato sottratti al territorio con il raccolto. In questo processo inoltre forniamo energia alle aziende e alla comunità, miglioriamo le condizioni di utilizzo dell’acqua e creiamo piste ciclabili in paesaggi rurali che diventano nuovamente naturali, conservando la produttività ma anche le caratteristiche di una natura sana e utile, sia al territorio che agli aspetti sociali dell’area”.

Ma accanto a tutto questo vi sono altre tecnologie per l’innovazione della filiera agrifood, utilizzate da Simbiosi in un’ottica di economia circolare. “Sono tutte opere simbiotiche tra territorio, azienda centri abitati e biodiversità, in un concetto di economia circolare esteso alla collettività. La parola chiave è esternalità positiva”.

Il rapporto tra città e zone rurali periurbane

Focalizzandoci sull’altro interlocutore, dobbiamo ricordare le città e ripensarle secondo un nuovo concetto di relazione tra la zona urbana e quelle rurali circostanti. Le quali, spiega Manzoni, “non devono più essere soltanto zone di produzione di un servizio alimentare, bensì zone di collaborazione con le città, per aiutarle a superare alcune criticità intrinseche già oggi presenti”. Già oggi il 55 per cento della popolazione mondiale vive in città, ma secondo le stime al 2050 saremo 10 miliardi sulla Terra e tra il 70 e l’80 per cento di noi vivrà in contesti urbani, con evidenti conseguenze su approvvigionamento, trasporti, inquinamento logistico, conservazione degli alimenti. Un circolo vizioso, in questo caso, che reca evidenti problemi in termini sia di utilizzo di risorse naturali, sia di energia.

Smart district Simbiosi
Esempio di smart district © Simbiosi

Senza contare la questione della gestione dei rifiuti e quella energetica. “Risolvere il problema rifiuti significa trasformarlo in un’opportunità, in un sottoprodotto, anche energetico, e ricondurlo in circolo. E non pensiamo che basti mettere i pannelli fotovoltaici sui tetti di una città, con superfici ridotte per sostituire la produzione di una centrale a fonti fossili: sono le zone periurbane a poter aiutare a risolvere questo problema”. Non a caso una delle divisioni in cui si sviluppa il lavoro del modello Simbiosi è quella Renewables, attiva nello sviluppo di fonti rinnovabili innovative.

Non solo: l’alta densità di popolazione cittadina rende anche le zone rurali uno sfogo necessario per il benessere sociale. Per tutti questi motivi, curare la parte ‘farm’ e tornare a chiudere nelle zone periurbane il ciclo alimentare rappresenta uno sforzo importante ma necessario.

Un approccio olistico

Quello di Simbiosi è dunque un approccio olistico che in alcuni casi sfrutta anche la logica del build–own–operate–transfer (Boot). Essa consente al cliente di ricevere in concessione il progetto e la sua gestione in modo da non spendere nulla, ma iniziando a risparmiare e a guadagnare dal risparmio di risorse che ottiene sin dal primo giorno.

Ed è olistico anche perché ingloba nei propri progetti anche le tecnologie di varie startup, sulle quali Simbiosi investe per tenere aggiornate le proprie tecnologie o in aggiunta a esse, in una logica di sistema completo. Tra di loro ci sono Local Green, Xfarm Technologies, Crickeat (produzione sperimentale di proteine alternative), LocalGreen, Endeavour, Risus, Mkm The iRecycle Company e molte altre. A dimostrazione di questa logica di sistema, le stesse startup sono ospitate all’interno dell’Innovation Center Giulio Natta, quartier generale di Simbiosi, per poter lavorare a stretto contatto. Per coltivare, tra le altre cose, un sogno: “Nelle nostre proprietà – chiosa Piero Manzoni – noi produciamo ambiente ma sarebbe bello che questo potesse essere fatto a casa di tutti. Una sorta di condominio ambientale dove si producono prodotti rigenerando quella risorse che finora sono state solo spremute”.

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