Secondo i dati preliminari il 2023 è stato un anno anomalo, in cui l’assorbimento netto della CO2 da parte degli ecosistemi terrestri si è quasi azzerato.
Venezia non deve diventare un ricordo. Al quinto Simposio internazionale sulla sostenibilità si cercano soluzioni
Nella splendide cornice dell’isola di San Servolo, nella laguna di Venezia, Alcantara organizza ogni anno il Simposio internazionale sulla sostenibilità con il supporto di Connect4Climate. Per capire cosa è stato fatto finora per salvare il clima e cosa ancora si può fare.
L’aria è pungente, ma il sole accarezza il viso e nonostante ferisca la vista, è impossibile rinunciare a tenere gli occhi aperti. Come cantavano gli Aerosmith, non vogliamo chiuderli perché non vogliamo perderci un solo particolare. Le sfumature verdazzurre del mare guizzano sotto lo scafo mentre la barca gioca con le onde che l’accompagnano verso l’isola di San Servolo. Venezia è così bella da togliere il fiato. Guardandola viene davvero da pensare che sia la città più bella del mondo e lo è, secondo un professore russo che pure vive a San Pietroburgo, altro luogo incantevole. Un pensiero trafigge d’un tratto la mente stordendola con la forza della sua verità: piazza San Marco, che nel silenzio della notte ci ha lasciato senza parole mentre nelle case la gente dormiva, le centinaia di ponti che si riflettono nei canali più nascosti della città potrebbero diventare solo ricordi sbiaditi, il tintinnio delle tazzine negli antichissimi caffè potrebbe trasformarsi in un’eco lontana.
Venezia è una dei luoghi più a rischio sul Pianeta. E la colpa è del riscaldamento globale, che causa lo scioglimento dei ghiacci. Entro il 2100 l’Italia potrebbe veder finire sott’acqua fino a 5.500 chilometri di coste a causa dell’innalzamento del livello dei mari: Venezia sarebbe fra le prime a scomparire.
Climate “how”, il quinto Simposio sulla sostenibilità
Anche per questo è stata scelta per ospitare il Simposio internazionale sulla sostenibilità, giunto quest’anno alla quinta edizione con il titolo Climate “how”. È organizzato da Alcantara, azienda fondata nel 1972: eccellenza del Made in Italy, è la scelta dei brand più prestigiosi in numerosi campi di applicazione, dalla moda all’automotive, dall’interior design all’elettronica. Con il supporto di Connect4Climate, programma della Banca Mondiale sui cambiamenti climatici, il Simposio richiama nella suggestiva cornice della Venice international university esponenti di molteplici realtà imprenditoriali, politiche, istituzionali con l’obiettivo di capire come coinvolgere tutti gli strati della società nella salvaguardia del clima della Terra.
“I cambiamenti climatici sono reali e stanno avvenendo proprio ora”. Lo ha detto anche Leonardo DiCaprio
“Gli scienziati erano a conoscenza della connessione fra riscaldamento globale ed emissioni legate alle attività umane già prima degli anni Novanta. Ora ne abbiamo persino una comprensione più chiara, specialmente riguardo ai cosiddetti punti di non ritorno, e possiamo quindi disegnare una mappa dei rischi molto precisa”, spiega Daniel Klingenfeld del Potsdam institute for climate impact research. E allora perché, usando le parole dell’attivista quindicenne Greta Thunberg, lasciamo “che la nostra casa bruci”?
Che non si stia facendo nulla, non è del tutto vero. “Molte città, più di cento paesi e tanti uomini d’affari e investitori hanno cominciato a cambiare il loro modo di agire ed è questo quello di cui abbiamo bisogno, applicandolo su larga scala”, assicura Connie Hedegaard, già commissaria europea per l’Azione per il clima, che col riflesso del mare nei suoi grandi occhi azzurri ci racconta di come la lotta ai cambiamenti climatici abbia fatto passi avanti dal disastro della Cop 15 di Copenaghen.
L’impegno di Alcantara
“È da dieci anni che siamo carbon neutral”, conferma Andrea Boragno, amministratore delegato di Alcantara. “La sostenibilità non è un costo: è un valore che rafforza il brand. Ed è una variabile competitiva che ogni azienda dovrebbe inserire nel proprio modello di business”. Non a caso le società che hanno rating di sostenibilità migliori sono più performanti sul mercato azionario, svela Georg Kell, fondatore del Global compact delle Nazioni Unite. Per questo cercare di mantenere fede agli impegni presi con l’Accordo di Parigi è un investimento, e per riuscirci si comincerà a considerare il capitale umano parte del patrimonio intangibile dell’impresa.
“La sostenibilità non è un costo: è un valore, che rafforza il brand. È una variabile competitiva che ogni azienda dovrebbe inserire nel proprio modello di business. Noi l’abbiamo fatto 10 anni fa”. Andrea Boragno, CEO @AlcantaraSpa, organizzatrice del #5Symposium #ClimateHow. pic.twitter.com/ShZ7SFFekQ
— LifeGate (@lifegate) 8 febbraio 2019
Come tagliare le emissioni nel settore dei trasporti
Anche le aziende che operano nell’automotive si stanno mobilitando, considerando che sono responsabili del 14 per cento delle emissioni e che, nell’Unione europea, il settore dei trasporti è l’unico nel quale sono aumentate per via della crescita economica e dell’incremento della domanda da parte dei consumatori negli anni Novanta. Ci troviamo in una delle sale più belle dell’università: dalle finestre si scorge Venezia in lontananza, una cartolina che funge da monito. Ralf Pfitzner, capo del dipartimento di sostenibilità del gruppo Volkswagen, illustra ai presenti come vengano monitorate le emissioni generate nell’intero ciclo di vita dei veicoli per poterle diminuire o compensare dove necessario. Audi, in particolare, ha sviluppato dei carburanti e-fuel che consentono una forte riduzione dell’emissione di sostanze nocive dopo la combustione.
“An e-fuel is made out of waste and renawable electricity. The e-fuel reduces #CO2 emissions by -80% well-to-wheel. So this is a great idea to decarbonise the transport sector and it will contribute to the #ParisAgreement”. Herman Pengg, Head of Project Management e-fuels @Audi pic.twitter.com/CP8JxpLGht
— LifeGate (@lifegate) 8 febbraio 2019
Investire nell’energia pulita è fondamentale per limitare l’aumento della temperatura
Anche i governi devono cambiare mentalità e capire che la sostenibilità è qualcosa su cui investire per il futuro degli elettori – oltre che per ottenerne il consenso. Secondo Leo Burke, direttore della Climate investing initiative dell’Università di Notre Dame, bisogna “accelerare fortemente gli investimenti nelle rinnovabili, e lo si deve fare nei paesi che stanno ancora costruendo centrali a carbone come l’India, l’Indonesia, il Vietnam o le Filippine”. Passeggiamo con lui nel chiostro, ascoltarlo è piacevole: si capisce che ama insegnare. È ottimista, scommette che “già a partire dal 2035-2040 gli investimenti nelle rinnovabili saranno maggiori di quelli nei combustibili fossili”. Nel frattempo, però, bisogna proseguire con decisione nella tassazione delle attività inquinanti.
Prima di pretendere che i decisori agiscano, sono i cittadini che devono essere disposti a cambiare il proprio stile di vita. Perché sostenibilità non è sinonimo di rinuncia. E un mondo dove tutti gli abitanti vivono in condizioni di benessere è possibile: “Dobbiamo solo smettere di avere paura – di perdere il lavoro, di non avere abbastanza cibo, degli immigrati che arrivano nel nostro paese”. E renderci conto che “prendersi cura degli altri fa parte dell’esperienza umana ed è in grado di farci sentire felici e appagati”, conclude Burke. La strada è lunga: dobbiamo premere sull’acceleratore se vogliamo raggiungere la meta, e salvare Venezia, prima che diventino soltanto un miraggio.
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