Cosa dobbiamo aspettarci in Siria dopo la caduta del regime di Assad?

Un’offensiva dei ribelli in Siria ha rovesciato nel giro di 11 giorni il regime di Assad. Ora si cerca una transizione pacifica del potere.

  • Nel giro di pochi giorni i ribelli hanno conquistato diverse città della Siria, arrivando fino a Damasco.
  • Le forze di Assad non hanno potuto contare sul sostegno di alleati chiave, come l’Iran e Hezbollah.
  • I ribelli hanno già incaricato un nuovo premier, Muhammad al Bashir, per guidare la transizione.

Per la Siria è iniziata una nuova era. Dopo oltre 50 anni di regime sanguinoso della famiglia Assad, dopo la primavera araba del 2011 e la conseguente guerra civile che ha lasciato sul campo almeno mezzo milione di morti, nel giro di pochi giorni i ribelli guidati dal gruppo Hayat Tahrir al Sham (Hts) hanno conquistato Damasco e rovesciato la dittatura. 

La gran parte della popolazione è scesa in piazza in queste ore per festeggiare la fine di un’era. Ma non è detto che il nuovo capitolo sia migliore, visto l’identikit dei ribelli che hanno preso il potere, un tempo legali allo Stato Islamico e ad al Qaeda.

La cronologia degli eventi

Il 27 novembre il gruppo Hayat Tahrir al Sham (Hts), che nei primi anni della guerra civile siriana era una sorta di corpo-ombra dello Stato Islamico e che successivamente si era avvicinato ad Al Qaeda, per poi staccarsene e avviare un processo di rinnovamento in chiave apparentemente moderata, ha avviato un’offensiva nel nord-ovest della Siria, nei pressi della città di Aleppo, una delle tante città che le forze del dittatore Bashar al-Assad avevano perso nei momenti più difficili del conflitto ma che poi avevano riconquistato nel 2016 grazie al supporto dell’aviazione russa e del miliziani iraniani e di Hezbollah.

Negli ultimi anni la guerra civile si era congelata, con il regime che aveva riconquistato la gran parte dei territori del paese. Il gruppo ribelle Hayat Tahrir al Sham (Hts), il più strutturato tra i vari gruppi ribelli attivi in Siria, controllava ormai solo la provincia di Idlib. Il 27 novembre è passato all’attacco e nel giro di poche ore ha conquistato diversi villaggi in direzione di Aleppo. Nel giro di due giorni i ribelli guidati da Hayat Tahrir al Sham sono arrivati nella città e l’hanno conquistata senza incontrare di fatto alcun tipo di resistenza, se non alcuni sporadici bombardamenti aerei delle forze di Assad sostenuti dalla Russia. Nel giro di qualche giorno è stata presa anche Hama, una città sulla via di Damasco. Nel sud altri gruppi di ribelli hanno preso il controllo di Daraa, mentre a nord i curdi hanno conquistato diversi villaggi facendo arretrare le forze di Assad.

Il 7 dicembre il gruppo Hayat Tahrir al Sham (Hts) ha conquistato Homs, l’ultima grande città prima di Damasco. E nel giro di poche ore è arrivato nella capitale, decretando la fine del regime siriano della dinastia Assad, che tra padre e figlio governava la Siria dal 1970.

I festeggiamenti della popolazione

La caduta del regime siriano è stata così veloce perché le forze di Assad non hanno potuto contare sul sostegno degli alleati di sempre. La Russia è impegnata nella guerra in Ucraina, Hezbollah è stata decimata dall’offensiva israeliana e l’Iran vive un isolamento internazionale che l’ha spinto a mantenere un profilo più basso nelle aree di conflitto.

La fine dell’assadismo è stata accolta molto bene da gran parte della popolazione. Nelle città conquistate progressivamente dal gruppo Hayat Tahrir al Sham (Hts) la cittadinanza è scesa in strada per festeggiare e ha abbattuto statue raffiguranti il presidente e il suo predecessore-padre, che in oltre 50 anni di potere hanno instaurato in Siria un regime del terrore, fatto di soppressione dei diritti e delle libertà, repressione del dissenso e delle opposizioni e di arricchimento personale a discapito della popolazione.

La popolazione civile in alcuni villaggi si è unita ai ribelli nell’offensiva, contribuendo alla cacciata delle forze di Assad e liberando migliaia di prigionieri politici e dissidenti, detenuti da anni nelle carceri del paese. Anche a Damasco sono state abbattute diverse statue raffiguranti i due dittatori ed è stato dato l’assalto alla dimora presidenziale e ad altri palazzi del potere, per quanto il leader del’Hts, Hayat Tahrir al Sham, abbia chiesto alla popolazione di evitare comportamenti di questo tipo e di favorire una transizione pacifica del potere. Un appello condiviso anche dall’ormai ex primo ministro del regime di Assad, Mohammad Ghazi al Jalali, indizio che possa esserci stato un accordo di qualche tipo tra le forze del regime e quelle dei ribelli.

Il dittatore Bashar al-Assad nel frattempo è fuggito in Russia, dove ha ottenuto asilo politico assieme alla moglie anglo-siriana Asma Akhras. Dalla Siria sono poi arrivati immagini di soldati del regime che hanno di fatto disertato, togliendosi le divise militari, e di altri militari e figure politiche vicine al regime catturate dai ribelli e ammanettati. Al confine libanese si è intanto creata una lunghissima coda di automobili e persone: sono i rifugiati siriani fuggiti nel paese dal 2011 in poi (oltre un milione), che con la caduta di Assad vogliono tornare in Siria.

E ora cosa succede in Siria?

I festeggiamenti che stanno accompagnando la caduta di Assad in Siria possono far pensare a un paese unito, ma in realtà le cose non stanno così.

L’area mediterranea del paese, dove è concentrata la popolazione alawita fedele all’ormai ex dittatore e dove si trovano le basi russe di Tartus e Latakia, non è stata conquistata dai ribelli dell’Hts. Il territorio del nord-est è invece in mano ai curdi, che da una parte hanno avuto un ruolo in tutti questi anni e anche nelle ultime ore contro il regime di Assad, ma dall’altro sono presi di mira dal filoturco Esercito libero siriano (Els), che in questi giorni ha sostenuto l’offensiva dell’Hts ma che in passato gli è stato ostile. Sullo sfondo ci sono poi varie altre cellule di ribelli sparse per il paese, alcune ancora affiliate allo Stato Islamico, in un contesto nazionale già di per sé molto eterogeneo dal punto di vista etnico-religioso.

Nelle scorse ore Muhammad al Bashir, premier del governo istituito a Idlib dall’Hts, è stato incaricato di formare un nuovo governo di transizione per la Siria. Il gruppo ribelle sta insistendo nel proporsi in una veste più moderata e il fatto che sia stata permessa l’evacuazione da Damasco di Assad e degli esponenti del regime senza spargimenti di sangue non è un caso. Ora inizia una nuova fase per la Siria, che potrebbe diventare una nuova Libia, cioè un territorio diviso in tanti segmenti, ciascuno in mano a un gruppo ostile a tutti gli altri. Oppure vivere una transizione politica più pacifica, passando anche per elezioni.

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