In Siria è ancora guerra. Scontri tra jihadisti e curdi: almeno 150 morti

Da giorni è scoppiato un conflitto tra le forze curde che difendono il nord della Siria e i jihadisti dello Stato islamico. Morti anche alcuni civili.

  • I seguaci dell’Isis hanno assaltato un carcere nel nord della Siria per liberare centinaia di jihadisti
  • Negli scontri con i curdi, che presidiavano il carcere, sono morte almeno 150 persone e migliaia sono gli sfollati tra i civili
  • Nel carcere si trovano anche 850 bambini

In Siria, nuovi gravi scontri tra jihadisti e forze curde hanno generato finora oltre 150 vittime e migliaia di persone sono state sfollate a causa delle continue violenze che circondano la prigione di Gweiran, ad Al Hasakah, nord-est della Siria.

Il conflitto è scattato lo scorso giovedì 20 gennaio, quando un gruppo composto da un centinaio di jihadisti ha assaltato il carcere presidiato dall’esercito curdo dove sono rinchiusi 3.500 combattenti dello Stato islamico (Isis), facendo scoppiare un ordigno esplosivo e permettendo la fuga di centinaia di prigionieri.

A rischio anche 850 bambini

Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr) – organizzazione con sede in Gran Bretagna che dal 2006 documenta l’abuso dei diritti umani in Siria – 102 jihadisti, 45 combattenti curdi e almeno sette civili sono stati uccisi in quattro giorni. L’attacco da parte dei terroristi è il più grave atto rivendicato dal 2019, da quando cioè le forze democratiche siriane (Sdf) a guida curda, sostenute dalla coalizione internazionale anti-jihadista guidata dagli Stati Uniti, ha costretto l’Isis a ritirarsi dal nord della Siria.

Gli jihadisti continuano in ogni caso a seminare il terrore tra la popolazione civile, entrando nelle case e uccidendo indiscriminatamente. Le forze curde stanno cercando di riprendere il controllo della prigione e neutralizzare il tentativo di riorganizzazione da parte dei terroristi. La stampa internazionale ha parlato anche di alcuni bombardamenti aerei da parte della coalizione internazionale.

Intanto, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia Unicef ​​ha dichiarato di essere preoccupata per quasi 850 bambini detenuti nella prigione durante i combattimenti, usati come scudi umani da parte dei combattenti radicali islamisti. I bambini sono rinchiusi infatti insieme alle migliaia di combattenti dell’Isis: alcuni sono stati reclutati con la forza e addestrati per compiere attentati suicidi.

La guerra in Siria va avanti dal 2011

Gli aggressori hanno affermato di aver sequestrato armi e liberato centinaia di jihadisti. Più di 100 fuggitivi sono stati però catturati dalle forze curde. Ne restano alcune decine ancora in fuga, ha affermato il Sohr. Più in generale, migliaia di combattenti dell’Isis sono chiusi nei centri di detenzione nei territori della Siria settentrionale, sotto il controllo delle autorità curde. Molte carceri erano originariamente scuole, e quindi non sono adatte ad ospitare prigionieri a lungo termine.

siria kobane
Un attacco a Kobane, in Siria, in un’immagine di repertorio © Gokhan Sahin/Getty Images

Da anni, le autorità curde chiedono per questo il rimpatrio dei circa 12mila jihadisti di oltre 50 nazionalità, europei e non, detenuti nelle loro carceri. Nonostante infatti la sconfitta nel 2019, l’Isis riesce ancora a compiere attacchi di questo tipo. Così detenuti rappresentano di fatto cellule dormienti.

La guerra civile in Siria è stata innescata nel marzo 2011 a causa della repressione delle manifestazioni pro-democrazia da parte del governo di Bashar Al-Assad. Negli anni il conflitto è diventato più complesso, coinvolgendo potenze regionali e internazionali e permettendo l’ascesa dei fondamentalisti jihadisti. Finora hanno perso la vita circa 500mila persone, mentre milioni di siriani sono scappati dalle proprie case e diverse infrastrutture del paese sono state devastate, così come numerosi centri abitati.

Dal 2013 a oggi, i curdi siriani sono stati impegnati a difendere le città del nord dagli attacchi dell’Isis e a recuperare i territori finiti nelle mani dei jihadisti. Ancora oggi, la presenza dei curdi, che in questi anni hanno combattuto come unica forza di terra all’interno di una coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti, è molto preziosa per evitare un eventuale ritorno dello Stato islamico.

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