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Com’è la situazione in Sud Sudan, a cinque anni dall’indipendenza
Doveva essere il giorno di festa per il quinto anniversario dell’indipendenza, avvenuta il 9 luglio 2011 dopo anni di guerra civile con il Sudan, grazie a un referendum popolare passato con il 98,83 per cento dei consensi. Invece il giovane stato africano del Sud Sudan sta vivendo una settimana terribile, cominciata proprio alla vigilia di
Doveva essere il giorno di festa per il quinto anniversario dell’indipendenza, avvenuta il 9 luglio 2011 dopo anni di guerra civile con il Sudan, grazie a un referendum popolare passato con il 98,83 per cento dei consensi. Invece il giovane stato africano del Sud Sudan sta vivendo una settimana terribile, cominciata proprio alla vigilia di quell’anniversario. Centinaia di persone, sia soldati che civili (Reuters riporta almeno 272 vittime), sono morte negli scontri tra gruppi armati rivali. Da una parte ci sono le truppe governative fedeli al presidente in carica Salva Kiir Mayardit, dall’altra ci sono gli ex ribelli che sostengono il primo vicepresidente Riek Machar, già allontanato nel 2013 dalle sue funzioni per sospetto tradimento e poi richiamato per evitare tensioni e scontri, gli stessi in corso in questi giorni.
Le violenze in Sud Sudan cominciate nel 2013
Quella decisione aveva portato il Sud Sudan in una spirale di violenze cominciata nel dicembre 2013: gli scontri tra fazioni rivali hanno causato finora la morte di quasi 50mila persone, mentre 2,5 milioni hanno dovuto abbandonare la loro casa. A questo ha fatto seguito una crisi umanitaria gravissima che ha impedito al governo di proporre qualsiasi tipo di sviluppo economico, nonostante sotto quelle terre siano presenti giacimenti petroliferi. Le persone che stanno combattendo contro la fame sarebbero 11 milioni.
Kiir e Machar devono riconciliare il paese
Kiir e Machar, ieri nemici, oggi alleati de facto dopo la firma dell’accordo di pace nell’agosto del 2015, hanno lanciato un appello alla calma e alla pace subito seguìto da una dichiarazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite votata all’unanimità domenica 10 luglio per chiedere l’immediata cessazione di ogni violenza nel paese africano, condannando “nel modo più forte” i combattimenti ed esprimendo “shock e indignazione” per le violenze.
In vigore il cessate il fuoco
Dopo una telefonata avvenuta l’11 luglio, Kiir e Machar hanno firmato un cessate il fuoco entrato in vigore alle ore 20:00 (le 19:00 in Italia) e nella notte sembra che sia stato rispettato dai gruppi rivali. I due hanno ordinato alle truppe di porre immediatamente fine ai combattimenti nella capitale Juba.
“Apparteniamo a un solo paese”
La speranza della comunità internazionale è che la voglia di perdono e di pace vincano sull’odio e sulla divisione. “Apparteniamo tutti a un unico paese. Non perdiamo la grande occasione che ci ha dato Dio di costruire un futuro di pace attraverso un dialogo che coinvolga tutto il Sud Sudan”, ha dichiarato sul quotidiano britannico The Guardian Eduardo Hiiboro Kussala, vescovo della diocesi di Tombura-Yambio. “I nostri leader devono lavorare insieme, con coraggio e sincerità, per portare al popolo sudsudanese la pace sostenibile e la sicurezza che meritano”.
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