Dal mischiglio della Basilicata alla zucca malon del Friuli al cappero di Selargius, in Sardegna: i presìdi Slow Food che valorizzano prodotti dimenticati, ma di fondamentale valore per la biodiversità, il territorio e le comunità.
30 anni di Slow Food in Piemonte, il bilancio per l’agricoltura della regione
Terra Madre Salone del Gusto è un evento che ha in sé una dimensione globale, sia per la provenienza dei visitatori che per quella dei delegati delle comunità del cibo (rappresentati in Terra Madre). Ma Slow Food resta comunque una realtà con un’identità fortemente radicata in Piemonte, dove è nata trent’anni fa. Dopo il bilancio
Terra Madre Salone del Gusto è un evento che ha in sé una dimensione globale, sia per la provenienza dei visitatori che per quella dei delegati delle comunità del cibo (rappresentati in Terra Madre). Ma Slow Food resta comunque una realtà con un’identità fortemente radicata in Piemonte, dove è nata trent’anni fa.
Dopo il bilancio positivo dell’ultima edizione dell’evento abbiamo voluto sentire l’opinione di chi ha la responsabilità istituzionale dell’agricoltura in Piemonte. Abbiamo perciò intervistato Giorgio Ferrero, assessore all’agricoltura della regione.
Qual è stato il valore di quest’ultima edizione di Terra Madre Salone del Gusto, tenutasi all’aperto nel centro di Torino e in molte altre città piemontesi?
È stato molto positivo, tanto da generare un effetto di imitazione, con numerosi altri eventi “outdooor” che sono scaturiti in giro per la regione proprio ispirandosi al successo dell’ultima edizione di Terra Madre Salone del Gusto.
Che cosa ha significato il lavoro di tutti questi anni di Slow Food in Piemonte per gli agricoltori? Mi riferisco sia ai piccoli coltivatori, che più facilmente possono riconoscersi in Slow Food e in particolare in Terra Madre, ma anche alle realtà di agricoltura su larga scala, che possono aver visto distanti i principi e la pratiche propugnate dell’organizzazione di Carlin Petrini.
In realtà le grandi imprese agricole (grandi si fa per dire, perché stiamo sempre parlando di piccole e micro imprese in confronto al panorama delle imprese globali che operano in altri settori) sono molto attente a dove va il mercato, ai consumatori. Quindi sono state le prime a recepire gli indirizzi di “buono, pulito e giusto” di Slow Food, mettendo in atto buone pratiche agricole, riduzione dell’impatto ambientale, miglioramento straordinario della qualità, anche rispetto agli standard etici nei rapporti di lavoro coi loro collaboratori. Quindi tutto il Piemonte ne ha giovato sia in termini ambientali che commerciali ed economici.
Oggi fare agricoltura nella nostra regione è assolutamente vantaggioso perché qua si svolgono eventi come Terra Madre Salone del Gusto; ma penso anche a Cheese o al lavoro dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (voluta da Slow Food). Quindi la presenza di Slow Food in Piemonte dona all’agricoltura della regione un’immagine straordinariamente positiva.
In effetti sembra che sia in atto un bel gioco di squadra tra Slow Food, università e istituzioni, in primis Regione Piemonte e Città di Torino.
Assolutamente sì. Noi dobbiamo lavorare tutti insieme e mettere a regime le grandi risorse che ci sono: la bellezza della città di Torino, la capacità di ospitare dei torinesi ma anche delle 44 città del Piemonte che hanno ospitato le comunità di Terra Madre.
Insomma, noi dobbiamo dare un volto nuovo, che per la verità già c’è, ma che dobbiamo migliorare ancora di una regione e di una città (Torino) che è bella, ospitale e anche dare un’immagine positiva dei piemontesi, che non sono solo dei burberi e chiusi lavoratori, ma sanno anche essere aperti alle innovazioni di eventi nuovi, ma anche di persone nuove che arrivano da tutto il mondo; riprendendo un po’ quel vecchio slogan che diceva “i piemontesi sono aperti”.
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