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Smart city, le città intelligenti ma solo in teoria
Quattordici progetti finanziati dal Miur e dalla Regione Lombardia attraverso i bandi Smart city e Smart community sono stati presentati mercoledì 3 dicembre all’Università Bocconi di Milano. All’evento, organizzato in collaborazione con Impact Investing Lab SDA Bocconi e con Puglia Smart Lab, hanno partecipato le istituzioni e i partner scientifici spiegando le possibili strategie di sviluppo delle
Quattordici progetti finanziati dal Miur e dalla Regione Lombardia attraverso i bandi Smart city e Smart community sono stati presentati mercoledì 3 dicembre all’Università Bocconi di Milano. All’evento, organizzato in collaborazione con Impact Investing Lab SDA Bocconi e con Puglia Smart Lab, hanno partecipato le istituzioni e i partner scientifici spiegando le possibili strategie di sviluppo delle nostre città.
© Kevork Djansezian/Getty Images
La questione della smart city è stata affrontata dal punto di vista normativo e attraverso la presentazione di progetti intelligenti tratteggiando un concetto, quello delle città smart, molto definito in termini teorici ma poco, se non per nulla, realizzato.
Simona Vaccari, sottosegretario allo Sviluppo economico e smart city, ha spiegato come le smart cities non sono decollate in Italia perché sono vissute come azioni sbilanciate su tematiche green per i cui monitoraggi mancano tutti gli strumenti. La parcellizzazione delle competenze in nove ministeri e la limitata capacità di comunicazione tra gli enti e la mancanza di dialogo tra il pubblico e i privati non costituiscono un basamento solido su cui costruire la struttura altamente innovativa delle smart cities.
Questo è il gap italiano. La totale assenza di una legislazione nazionale sul tema e la formazione di piani regionali che menzionino lo sviluppo urbano in termini smart, quindi la mancanza di consapevolezza delle comunità locali. Questa dinamica viene spiegata dal professore Mario Calderini, presidente del Comitato smart city di Agenzia per l’Italia digitale, il quale rilancia il duplice significato della smart city e quindi l’approccio duale della politica che deve lavorare sul fronte del benessere dei cittadini e dello sviluppo industriale. Proprio per affrontare il deficit legislativo e la lentezza procedurale il gruppo capeggiato da Calderini sta formando un Piano nazionale per le comunità intelligenti che possa migliorare la situazione attuale indirizzando parte dei fondi dedicati alle smart cities alle attività di realizzazione e non solo a quelle di ricerca, per le quali sono già stati stanziati 900 milioni di euro. Ovvero, i comuni sono incentivati a sviluppare una progettualità che non sono in grado di gestire e realizzare con le loro risorse e spesso l’innovazione è limitata al territorio comunale senza trovare la giusta scalabilità a un livello più ampio.
Superare questo divario è possibile solo attraverso l’integrazione delle competenze, programmando le azioni in funzione dell’impatto sociale e investendo le risorse in tecnologie innovative sempre più evolute.
La smart city è un’azione collaborativa, nasce per la connessione in cloud di tutte le tecnologie e la presentazione di 14 progetti volti allo sviluppo urbano intelligente ha sottolineato questo carattere. Ciò che lascia perplessi è la lentezza di queste iniziative.
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