I risultati di uno studio condotto negli Stati Uniti ipotizzano un collegamento tra 22 pesticidi e i tassi di incidenza e mortalità del cancro alla prostata.
Snellire il punto vita equivale a stipulare una polizza per la salute: come farlo
Alimentazione, movimento e postura sono le parole chiave quando si parla di punto vita. Scopriamo la combinazione vincente per ridurre il grasso addominale.
- Il tessuto adiposo in eccesso del girovita produce sostanze infiammatorie che accelerano l’invecchiamento e aumentano il rischio di malattie importanti.
- Per snellire il punto vita, la comunità scientifica consiglia una perfetta combinazione di movimento fisico e dieta mediterranea, con una riduzione calorica personalizzata.
- Oltre a smaltire il grasso addominale, per avere una pancia piatta, è importante anche migliorare la postura e curare eventuali disturbi intestinali, causa di gonfiori.
Snellire il punto vita è un obiettivo che concilia apparenza (un corpo più tonico e asciutto) e sostanza. Perché è una tra le migliori polizze salute che possiamo stipulare: rallenta l’invecchiamento e contrasta l’infiammazione, contribuendo a prevenire diverse malattie importanti. Ma il grasso addominale è anche tra i più ostici da eliminare: in soccorso ci arrivano i consigli degli esperti per rendere più facile l’obiettivo pancia piatta.
Snellire il punto vita è bello e fa bene
Se c’è un dettaglio anatomico che fa convergere le “ansie estetiche” sia al maschile sia al femminile, con buona pace della parità di genere, questo è sicuramente la pancia. Tutti la vorrebbero piatta, scolpita, snella, mentre è proprio qui, sul punto vita, che spesso si concentrano i “rotolini di grasso” (e le maniglie dell’amore, soprattutto nei maschi) o i gonfiori da disturbi intestinali di varia natura ed entità, che come risultante portano comunque a un addome over. In realtà, non dovrebbe essere solo l’immagine a smuovere il pur legittimissimo desiderio di una remise en forme mirata al punto vita, bensì, anche e soprattutto, l’esigenza di tutelare la salute, presente e futura, in particolare quando i “numeri non tornano” per colpa dell’adipe.
Il girovita abbondante è infatti l’indicatore di un eccesso di grasso, che essendo soprattutto viscerale avvolge gli organi interni. “Il tessuto adiposo in eccesso del girovita è, tra l’altro, una potente fabbrica di sostanze infiammatorie, come il TNF-alfa e l’interleuchina 6, che accelerano l’invecchiamento e aumentano il rischio, in modo anche molto significativo, di diverse malattie, incluse quelle cardiovascolari, il diabete e alcune forme tumorali , ad esempio quelle alla cervice dell’utero alle ovaie nella donna, e alla cistifellea, al fegato e ai reni in entrambi i sessi. Il limite da non oltrepassare per il girovita è di 88 cm per le donne e 102 per gli uomini, indipendentemente dall’altezza e dall’età”, spiega Michele Carruba, direttore del Centro di studi e ricerche sull’obesità dell’Università di Milano, che aggiunge un altro parametro utile per fare un’autovalutazione di massima sulla natura buona o cattiva (alias infiammante) del grasso addominale, ossia il rapporto girovita-fianchi, che si ottiene dividendo la misura del girovita (in cm) con quella dei fianchi.
Per esempio: girovita 70 cm; fianchi 95 cm: 70 : 95 = XX. Il risultato XX non dovrebbe superare 0,85 nella donna e 1 nell’uomo. Tra l’altro, uno studio del National institute of health (Nih, pubblicato qualche tempo fa da Jacc: Cardiovascular imaging, ha dimostrato che anche nella psoriasi, malattia della pelle con una forte componente infiammatoria, il grasso addominale giocherebbe un ruolo chiave nell’infiammazione vascolare e nel conseguente maggior rischio di malattie cardiache).
Perché il grasso tende ad accumularsi sul punto vita
Nei maschi, è risaputo, la pancia è uno dei cosiddetti punti deboli. “Nell’uomo, la sporgenza del ventre, che dipende dall’accumulo dell’adipe nel sottocutaneo addominale ma anche nel mesentere, la struttura che mantiene l’intestino nella propria sede, è favorita dalla predisposizione genetica ed ormonale e di conseguenza è generalmente slegata dal fattore età. Nella donna, invece, è una problematica che insorge tipicamente dalla pre-menopausa in poi, perché con il riassetto ormonale, e soprattutto con la diminuzione degli estrogeni, avviene una sorta di mascolinizzazione della distribuzione dell’adipe. Mentre durante l’età fertile tende ad accumulare il grasso su glutei, cosce e seno, dal climaterio in poi i chili di troppo tendono a concentrarsi sull’addome”, spiega Carruba. Un ruolo importante sia negli uomini che nelle donne, poi, viene svolto anche da due ormoni: dal cortisolo, e di conseguenza dallo stress, e dall’insulina, l’ormone prodotto ogni volta che mangiamo per consentire alle cellule di ricevere i nutrienti e per immagazzinare in grasso gli eccessi. Entrambi questi ormoni, infatti, con meccanismi diversi ma anche intrecciati tra di loro, favoriscono l’accumulo di grasso addominale. In pratica, cooperano nell’aumentare il punto vita.
Dieta e movimento mirato, la combinazione snellente vincente
Morale: certo, qualche rotolino di adipe in più non va mai demonizzato. Ma è importante attivarsi per raggiungere un perfetto equilibrio corporeo, smaltendo il grasso “cattivo”, quello viscerale, con una corretta “filosofia dimagrante“ concentrata anche e soprattutto sul punto vita. Lo stile comunemente accettato dalla comunità scientifica è quello classico: una perfetta combinazione di movimento fisico e di riduzione calorica, prendendo come riferimento il fabbisogno energetico giornaliero personalizzato secondo diversi parametri, tra i quali il sesso, l’età, il peso e il livello di attività fisica giornaliera. “Questa combinazione è anche quella idonea per interrompere il circolo vizioso che s’instaura quando il grasso in eccesso, soprattutto a livello addominale, “spegne” o riduce sensibilmente l’attività dei mitocondri, gli organelli che permettono alle cellule di respirare e di bruciare grassi e zuccheri. In sostanza, più si è sovrappeso, più i mitocondri perdono potenza, meno si brucia e più grassi si accumulano, come dimostrato da studi pubblicati a più riprese su riviste internazionali, tra le quali Science”, sintetizza Carruba.
“Il modello alimentare dimagrante o di mantenimento sempre vincente è quello mediterraneo, ovvero particolarmente ricco di carboidrati integrali, olio di oliva, frutta secca con guscio, oltre che di legumi, frutta e verdura fresche che, tra l’altro sono fonte di fibre che stimolano la crescita nell’intestino di specie batteriche ad azione probiotica”, dice Carruba. Un particolare da non sottovalutare, quest’ultimo, non solo perché il microbiota con una composizione varia e in equilibrio previene i disturbi intestinali con i conseguenti gonfiori (che fanno lievitare anche la pancia), ma anche perché, secondo diversi studi, come quello condotto qualche tempo fa dall’University hospital Schleswig Holstein di Kiel, in Germania, contrasta l’accumulo di grasso e l’effetto “yo-yo” della dieta, con i chili smaltiti con fatica che poi vengono riguadagnati velocemente. “Riguardo alla perdita di grasso, la riduzione calorica va adeguata al proprio profilo, quindi studiata da un nutrizionista, ma in linea di massima si può considerare che basta una riduzione del cinque-dieci per cento del peso di partenza per ottenere benefici anche per la salute. Resta fondamentale, in tutti i casi, oltre che seguire il modello mediterraneo e ridurre in modo equilibrato l’apporto calorico, adottare un’alimentazione a basso carico glicemico. Che significa, principalmente, preferire i carboidrati integrali a quelli raffinati, perché sono ricchi di fibra idrosolubile, che assorbendo acqua favorisce la formazione di un gel che modula il passaggio del glucosio e dei grassi dall’intestino al circolo sanguigno, ostacolando così i picchi di glicemia e di produzione dell’insulina da parte del pancreas”, dice Carruba. Tra l’altro, uno studio condotto dai nutrizionisti americani dell’Università del Massachusetts ha scoperto che il consumo quotidiano di fibre permette di gestire al meglio l’insulino-resistenza, che è l’anticamera del diabete di tipo 2 e una delle cause principali di accumulo dei grassi nella pancetta.
Il fitness mirato: i consigli del medico dello sport
“Per snellire la pancia”, interviene il medico dello sport Giulio Sergio Roi, “il programma di allenamento deve avere un duplice obiettivo: smaltire, attraverso un lavoro aerobico, la percentuale di massa grassa in eccesso conservata nei pannicoli di accumulo adiposo, e recuperare il tono-trofismo della muscolatura dell’area pelvica, in particolare della parete addominale. La distribuzione del lavoro settimanale dovrebbe essere preferibilmente organizzata sulla base di un rapporto 1:2, ovvero una seduta di lavoro muscolare ogni due di allenamento aerobico. L’ideale è allenarsi camminando o correndo usando un cardiofrequenzimetro, nuotando, pedalando. La durata della seduta aerobica non deve comunque mai essere inferiore ai 40-45 minuti, perché solo dopo 20-30 minuti si cominciano a consumare i grassi di deposito”. Otimale, poi, sarebbe poter suddividere il piano di allenamento in cinque sessioni da dieci minuti l’una (dunque per un totale di cinquanta minuti) utilizzando anche gli attrezzi principali per l’allenamento cardiovascolare (bike, tapis roulant ed ellittica), che aiutano a dimagrire, tonificare e a migliorare la mobilità e la flessibilità.
“È importante anche allenarsi o comunque sostare all’aperto il più possibile. Basta anche una passeggiata di almeno mezz’ora a ritmo sostenuto alla luce naturale, tutti i giorni, perché, oltre a rappresentare il più naturale e spontaneo dei movimenti, aiuta a sincronizzare meglio il rapporto tra cortisolo, serotonina e melatonina, con benefiche ricadute sul sonno e in generale sul rilassamento. Nell’economia di una pancia più tonica e snella, infatti, è importante anche dormire bene e a sufficienza: gli studi hanno dimostrato che quando si dorme poco e male si tende a mangiare alimenti più calorici, che si accumulano soprattutto nel girovita, e a utilizzare male le calorie ingurgitate. Uno stratagemma per aumentare il dispendio energetico anche a riposo e snellire più velocemente il punto vita è anche adottare per ogni sessione l’Interval training (I.T.), in cui si alternano pochi minuti di allenamento ad alta intensità e alcuni minuti di recupero (in cui ci si riposa o si fa esercizio di intensità moderata). “Ci sono diversi protocolli di I.T., ma è necessario scegliere quello più o meno intenso secondo il proprio grado di allenamento”, avverte Roi. “A conclusione della sessione, sempre, almeno una decina di minuti vanno sempre dedicati allo stretching. Gli esercizi di allungamento, infatti, aiutano a diminuire la pressione arteriosa, favoriscono la circolazione e il rilassamento, riducono lo stress fisico e migliorano la coordinazione dei movimenti”, ricorda Roi.
Migliorare la postura fa “sparire” la pancetta
La testa alta e ben diritta sopra le spalle, per tenere perfettamente allineato il tronco e, di conseguenza, la muscolatura profonda del core: è questo l’abc della postura ideale, che evita anche che il busto si accorci, facendo “scomparire” il punto vita e proiettando la pancetta. Per questo, nel piano di allenamento varrebbe la pena inserire anche degli esercizi posturali. “Oltre a quelli insegnati dallo yoga, sono utili le tecniche di Mezieres e Souchard, che allungano le catene muscolari, oppure il pilates, eseguito sotto la guida di personale qualificato”, suggerisce Roi. Una disciplina efficace anche per rimodellare il girovita è il Metodo ipopressivo multidisciplinare o Mim, che è un’evoluzione degli omonimi esercizi ipopressivi studiati dal neurofosiologo Marcel Caufriez negli anni Ottanta per la riabilitazione del pavimento pelvico nel periodo post-parto. Alcune indagini hanno rilevato che eseguendo gli esercizi di Mim per due mesi, due volte la settimana e per almeno venti minuti, si può ridurre fino a dieci per cento il girovita. In sostanza, il Mim è un programma di allenamento globale, che lavora principalmente sulla postura e sul ripristino del corretto funzionamento del diaframma, che quando è bloccato va a coinvolgere, limitandole, non solo la respirazione in sé ma tutte le strutture ad esso connesse, quindi colonna vertebrale, pavimento pelvico, visceri, polmoni. Gli esercizi del Mim non sono semplici da eseguire, pertanto è importante affidarsi ad un personal trainer, o fisioterapista o osteopata che sia formato su questo metodo.
Quando dipende dal gonfiore intestinale
A peggiorare o comunque a incidere sulla prominenza della pancetta contribuiscono anche i gonfiori addominali, da approfondire, quando persistenti, con una visita gastroenterologica. Per ridurli, a vantaggio anche del benessere generale oltre che del punto vita, è fondamentale masticare lentamente ed evitare, in caso di predisposizione, i cibi che provocano meteorismo (principalmente latte, legumi, cavoli, banane verdi) e le bevande gassate e quelle alcoliche (meglio non superare il bicchiere di vino al giorno), queste ultime perché oltre all’alcol spesso contengono particolari zuccheri e solfiti che provocano intolleranze e gonfiori intestinali. Attenzione anche alle gomme da masticare, anche sugar free (contengono mannitolo, sorbitolo, xilitolo, dei dolcificanti che fermentano nell’intestino facilitando i gonfiori). È importante inoltre preferire i pasti modici e frequenti a quelli abbondanti e limitati. “Assumere troppo cibo in un solo pasto può rallentare la digestione e, di conseguenza, far fermentare maggiormente i nutrienti nell’intestino”, ricorda Carruba. Chi soffre, nello specifico, di colon irritabile dovrebbe evitare i vegetali ricchi di amidi che fermentano nell’intestino, come patate, legumi, broccoli e cavolfiori, mentre può concedersi senza problemi tutte le altre verdure di stagione, tipo finocchi, insalate, carote, sedano. Per combattere la stipsi (sia nei momenti in cui il colon irritabile dà questo problema, sia quella occasionale), oltre a bere molto e a preferire, con moderazione, pasta, riso e pane integrali si possono assumere dei probiotici per cicli di uno-due mesi, che regolarizzano l’attività intestinale ripristinando un buon equilibrio nella flora batterica.
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