
Il rapporto annuale dell’agenzia Irena indica che il 92,5 per cento dei nuovi impianti installati nel 2024 è legato alle fonti rinnovabili.
Solo con il solare fotovoltaico si potrebbe accelerare l’elettrificazione del sistema energetico globale e centrare gli obiettivi di sostenibilità.
Solo l’elettrificazione intensiva dei settori ad alto uso finale, quali i trasporti, il riscaldamento e il raffreddamento e l’industria energetica, consentirà di migliorare la qualità della vita degli abitanti del pianeta. A patto che l’utilizzo di energia elettrica al posto dei combustibili più inquinanti in comparti difficili da decarbonizzare, quali i trasporti appunto, faccia leva su una massiccia produzione di energia da fonti rinnovabili, solare fotovoltaico in primo luogo, e su una rete flessibile e resiliente, costellata di sistemi di stoccaggio dell’energia e di elettrolizzatori per produrre idrogeno verde e carburanti sintetici. In estrema sintesi, quello che evidenzia lo studio Low-cost renewable electricity as the key driver of the global energy transition towards sustainability dell’università finlandese Lappeenranta University of Technology (Lut) è che nelle nostre mani abbiamo già la conoscenza e gli strumenti per affrontare gli effetti ormai incontrovertibili del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici.
Il modello di transizione energetica disegnato dai ricercatori sposa l’obiettivo dell’Accordo di Parigi circa il progressivo contenimento del riscaldamento globale di 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali e richiama, per certi versi, la road map dell’Agenzia internazionale dell’energia.
L’Energy system transition, il modello per la transizione della Lut, raccoglie i dati relativi a energia, calore, trasporti e desalinizzazione di 145 sottoregioni di tutto il mondo, porzioni territoriali meno estese delle regioni che le comprendono. Li analizza e li combina in nove macroaree: Europa, Eurasia, Medio Oriente, Africa settentrionale (Mena), Africa subsahariana (Ssa), Asia meridionale (Saarc), Asia nordorientale, Asia sudorientale, Nordamerica e Sudmerica. I dati sono poi aggregati e consentono di capire come soddisfare la domanda di energia di zone molto estese per garantire, al contempo, l’equilibrio tra domanda e offerta di energia con le risorse già disponibili.
L’assunto prevede una trasformazione profonda del sistema energetico globale, il cuore pulsante del pianeta. E non ci sono scuse, se così si può dire, alla fattibilità tecnica ed economica di settori alimentati esclusivamente da energia rinnovabile. I ricercatori sostengono con convinzione che l’abbandono dei combustibili fossili e la parallela elettrificazione convengono perché assicurano un aumento dell’efficienza complessiva del sistema. Questo col compromesso di una transizione energetica globale basata sulla ricchezza tecnologica, multisettoriale, multiregionale delle nove aree geografiche.
“Mentre il sistema energetico globale e i fattori che lo influenzano sono molto più complessi di quello che qualsiasi scenario o narrativa può catturare, questa ricerca presenta una possibile transizione del sistema energetico dalla struttura attuale verso un sistema 100 per cento rinnovabile e pienamente sostenibile nel 2050”. Il modello è “ad alta risoluzione temporale nei settori dell’energia, del calore, dei trasporti e della desalinizzazione dell’acqua di mare”, rimarcano gli autori.
Variazione della quota di produzione di elettricità da solare fotovoltaico su larga scala (a sinistra) e da fotovoltaico residenziale (a destra) nel mondo nel 2050 © Lappeenranta University of Technology
L’elettrificazione del sistema energetico deve marciare da subito con una presenza massiccia di solare fotovoltaico. Basterebbe anche solo il solare fotovoltaico per centrare gli obiettivi climatici globali, “poiché 70 terawatt (TW) di capacità fotovoltaica possono essere installati entro il 2050, ovvero circa il 10 per cento in più rispetto ai 63,38 TW riscontrati in questa ricerca”, scrivono gli autori. Solo con questa tecnologia, stimano i ricercatori, sarà possibile coprire il 76 per cento della produzione del mix elettrico nel 2050.
Allo stesso tempo, bisogna garantire un sistema energetico flessibile, capace di adattarsi all’intermittente produzione di energia rinnovabile. Un ruolo sempre più rilevante, dunque, sarà rivestita dai dispositivi di accumulo che dovranno essere scalabili: “Il rendimento energetico netto per unità di capitale investita nelle tecnologie rinnovabili supera di gran lunga quello dei combustibili fossili, che sono trascurati nella maggior parte delle analisi dei sistemi energetici”, scrivono gli autori dello studio.
Alla produzione da solare fotovoltaico “sul tetto per segmenti residenziali, commerciali e industriali” si potrà affiancare, quando serve, quella da “eolico (onshore, offshore); energia idroelettrica (fluviale e serbatoio); energia geotermica e bioenergia (centrali elettriche a biomasse solide e cogenerazione, biogas e cogenerazione da termovalorizzazione)”. Da rifiutare, differentemente da quanto affermato dall’Aie, il ricorso al nucleare e alle tecnologie per la cattura e l’utilizzo di carbonio.
Una transizione equa avverrà solo stimolando cambiamenti economici e sociali senza precedenti. L’equazione sarà vincente a fronte di massicci investimenti di capitale, che rendano sostenibile il sistema energetico e favoriscano il benessere socio-economico. Le dinamiche di mercato, evidenziano gli autori, continuano a plasmare le scelte energetiche in tutto il mondo, ma saranno i rappresentanti politici a dover essere più incisivi nelle loro scelte. Proprio la varietà di strategie, target e policy favorirà la riduzione del costo di capitale investito finalizzato alla stipula di nuovi modelli di business e accordi di mercato. Un trampolino di lancio affinché le reti intelligenti si plasmino ed evolvano secondo le singole richieste dei paesi delle aree individuate nello studio.
I risultati di questa ricerca indicano che l’energia rinnovabile, oltre a soddisfare la “crescente domanda globale di energia”, per la maggior parte elettrica, contribuirà ad aumentare “l’accesso nei paesi in via di sviluppo, colmando il divario in termini di offerta tra paesi in via di sviluppo e paesi sviluppati”. Il Sud del mondo sarà favorito dalle “eccellenti condizioni di sole durante tutto l’anno”. La desalinizzazione “risolverà il problema della scarsità d’acqua e dello stress idrico, offrendo 3 miliardi di metri cubi di acqua pulita al giorno. Lo sviluppo prenderà forma tra i Paesi, dotandoli di un’infrastruttura energetica sostenibile. I conflitti globali, provocati dalla scarsità di risorse e materie prime, potranno essere mitigati e un percorso verso la pace, sostenuto da un benessere diffuso, potrà essere raggiunto”.
In sintesi, è ormai evidente che il ruolo della politica sia di spingere la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, piuttosto che continuare a sostenere un modello economico e produttivo basato sui combustibili fossili. L’innovazione galoppa, le tecnologie innovative a ridotto impatto ambientale per produrre energia sono molte e non resta che impiegare queste soluzioni per ridurre l’impatto ambientale delle attività antropiche. L’unico effetto collaterale previsto dal modello elaborato dagli scienziati finlandesi, avvertono, potrebbero essere il raggiungimento di altri obiettivi di sviluppo sostenibile individuati dalle Nazioni Unite e garantire così un futuro migliore per tutti.
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