La crisi energetica sta portando un forte aumento delle rinnovabili, con una crescita della capacità totale a livello mondiale destinata a quasi raddoppiare nei prossimi cinque anni.
Si stima che la capacità globale di energia rinnovabile crescerà di 2.400 gigawatt nel periodo 2022-2027, pari all’intera capacità energetica della Cina di oggi,
Oltre che dall’Europa, la spinta della crescita dell’energia rinnovabile nei prossimi cinque anni è trainata anche da Cina, Stati Uniti e India.
Si stanno superando le più rosee aspettative, le stesse che l’Agenzia internazionale per l’energia (Eia) aveva stimato lo scorso anno. Nei prossimi cinque anni infatti, ci si attende che le rinnovabili possano crescere di circa 2.400 GW, pari all’intera capacità installata finora in Cina, con un’accelerazione dell’85 per cento rispetto ai cinque anni precedenti e quasi il 30 per cento in più rispetto a quanto previsto nel 2021. Le rinnovabili diventeranno infatti la più grande fonte di generazione globale di elettricità entro l’inizio del 2025, superando il carbone per la prima volta. È quanto si legge nell’ultimo rapporto “Renewables 2022”, redatto dalla stessa Eia e pubblicato a inizio dicembre. Una buona notizia che arriva alla fine di un anno quantomai critico per tutto il settore energetico e che invece, come afferma la stessa agenzia, contribuisce “a mantenere viva la possibilità di limitare riscaldamento globale a 1,5 °C”.
Renewables are on track to overtake coal as the largest source of global electricity by early 2025
And by 2027, solar PV alone is set to be the largest source of power capacity, confirming it as the king of global electricity markets
Non solo la crisi energetica a spingere le rinnovabili
Che la guerra in Ucraina e le conseguenti tensioni geopolitiche siano una delle principali cause di questa crescita è fuor di dubbio. La ricerca di una sicurezza energetica, fondamentale per le grandi economie occidentali, ha spinto e sta spingendo ad esempio l’Europa a riformare la produzione energetica e il mercato ad essa connesso. Lo stesso sta avvenendo negli Stati Uniti grazie all‘Inflation Reduction Act, firmato da Biden a fine settembre di quest’anno: un grande piano da oltre 700 miliardi di dollari che prevede, oltre alla gestione dell’inflazione e una riduzione dei costi per la sanità, forti investimenti nella gestione della crisi climatica con azioni volte alla riduzione delle emissioni americane, passando dall’installazione di 950 milioni di pannelli solari, 120 mila turbine eoliche e 2.300 impianti di accumulo.
“Il mondo è pronto ad aggiungere tanta energia rinnovabile nei prossimi 5 anni quanta ne ha avuta nei precedenti 20 anni”, ha detto in una nota il direttore esecutivo dell’Eia Fatih Birol. “Questo è un chiaro esempio di come l’attuale crisi energetica possa rappresentare una svolta storica verso un sistema energetico più pulito e sicuro”. La crescita delle rinnovabili è infatti prevista aumentare di 10 punti percentuali, passando dagli attuali 28 ai 38 nella produzione globale di elettricità. Un aumento che avverrà a scapito soprattutto del carbone, ancora economico certo, ma con il più alto tasso di intensità di carbonio rispetto a tutte le altre fonti. Resteranno invece sostanzialmente stabili le altre fonti, come nucleare (circa 10 per cento), gas (20 per cento) e petrolio (1,5 per cento).
Cina osservata speciale
Tra i protagonisti del prossimo futuro c’è indubbiamente la Cina sia per quanto riguarda la nuova capacità installata, che per la produzione di pannelli e wafer in silicio. Il rapporto prevede infatti che sarà in gigante asiatico a guidare le nuove installazioni, con quasi la metà della nuova capacità globale installata, e ciò avverrà nonostante la graduale eliminazione dei sussidi pubblici e incentivi: nella migliore delle ipotesi, la Cina dovrebbe raggiungere il suo obiettivo per il 2030 di 1.200 GW di capacità totale eolica e solare fotovoltaica installata con cinque anni di anticipo. Un aumento guidato anche dal fatto che nella maggior parte delle province cinesi, le energie rinnovabili su larga scala sono più economiche dei prezzi regolamentati dell’elettricità dal carbone, favorendo una rapida adozione. Secondo l’Agenzia infatti il fotovoltaico e l’eolico onshore sono le opzioni più economiche per la nuova generazione di elettricità nella maggior parte dei paesi in tutto il mondo, confermando di fatto il sesto rapporto di valutazione dell’Ipcc pubblicato sempre quest’anno. Ciò significa che solare ed eolico si confermano come le fonti più economiche e a basso impatto sul lungo periodo che abbiamo a disposizione in questo momento.
Per quanto riguarda la catena di approvvigionamento e la capacità produttiva sarà sempre la Cina a dominare la produzione, nonostante i crescenti investimenti di Stati Uniti e in India, che stanno tentando di sviluppare un mercato interno. Ma il gigante asiatico batte tutti, con 90 miliardi di dollari, ovvero il triplo rispetto al resto del mondo messo insieme. Nonostante questo la capacità produttiva della Cina potrebbe diminuire leggermente, dall’80-95% di oggi al 75-90%, a seconda del segmento manifatturiero. Numeri sempre molto elevati che potrebbero condizionare i mercati internazionali nel medio periodo: legarsi ad un solo grande produttore non è mai un’idea lungimirante, e gli ultimi avvenimenti lo confermano.
L’eolico e i biocarburanti
Numeri in crescita anche per l’eolico, nonostante le lunghe procedure autorizzative, che dovrebbe raddoppiare la propria capacità installata con oltre 570 GW di eolico onshore. Per quanto riguarda l’offshore, l’Europa perderebbe qualche punto a scapito della crescita di Cina e Stati Uniti. L’analisi dell’Eia offre uno spaccato anche per quanto i biocarburanti, che vedranno aumentare la domanda di un quinto rispetto ad oggi. Si tratta di un settore in crescita con ampi margini di miglioramento, che potrebbe essere comunque fondamentale per la decarbonizzazione dei trasporti, laddove non si riesca a passare all’elettrificazione. Come ad esempio nel settore dell’aviazione civile, che negli ultimi anni sta vedendo sempre maggiori investimenti nella ricerca e nella produzione dei cosiddetti biojet: in soli cinque anni la domanda aumenterebbe di ben 35 volte, spinta soprattutto dai recenti incentivi fiscali statunitensi e dall’obiettivo europeo ReFuelEu, che prevede di arrivare a fornire all’aviazione civile una quantità sempre maggiore di carburanti considerati sostenibili, ovvero provenienti da scarti agricoli, rifiuti o di origine sintetica.
Siamo al punto di svolta?
Al di là dei numeri quello che a cui stiamo assistendo è quella che gli anglosassoni definiscono come disruption, che in italiano potremmo tradurre come il profondo cambiamento di un intero settore in tempi relativamente rapidi. Come accaduto con la pandemia e ora con la crisi energetica iniziata prima della guerra in Ucraina e acuita nei mesi successivi, ciò che ci si aspetta dai momenti più complicati è che ci possa essere una risposta corale, capace di andare a ridurre se non eliminare del tutto le cause della crisi stessa. Con la pandemia non è accaduto, tanto che con la ripresa economica le emissioni hanno continuato ad aumentare. Ma in questo caso potrebbe accadere nel settore energetico: svincolarsi dai combustibili fossili – gas e carbone in primis – potrebbe essere più conveniente, potrebbe costare meno che continuare ad investire in queste fonti che ormai non possono più essere considerate “sicure”, né economicamente né politicamente. Gli assetti geopolitici stanno cambiando rapidamente, la domanda energetica continua e continuerà ad aumentare. Solo che oggi siamo quasi obbligati ad una scelta, che porterebbe ad una produzione energetica più sicura, democratica e climaticamente a minor impatto, seppur con tutti i suoi limiti.
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