Anatomia dei raggi solari: il sole è (soprattutto) una cura. Basta saperlo prendere

Dalla (quasi) demonizzazione del sole, anche in ambito scientifico si è passati a una equilibrata valutazione dei rischi e benefici derivanti dall’esposizione. Eccezion fatta per gli UVC, che vengono bloccati dallo strato di ozono, tutte le restanti radiazioni solari arrivano sulla terra interagendo con la pelle e l’organismo con specifiche modalità e conseguenze. Per prendere

  • Dalla (quasi) demonizzazione del sole, anche in ambito scientifico si è passati a una equilibrata valutazione dei rischi e benefici derivanti dall’esposizione.
  • Eccezion fatta per gli UVC, che vengono bloccati dallo strato di ozono, tutte le restanti radiazioni solari arrivano sulla terra interagendo con la pelle e l’organismo con specifiche modalità e conseguenze.
  • Per prendere tutto il meglio del sole valgono le note raccomandazioni: non superare le 4 ore al giorno di esposizione, mettersi all’ombra tra le 11 e le 16 e utilizzare protezioni solari con filtri ad ampio spettro e mirate al proprio fototipo e al grado di abbronzatura già raggiunta.

Doverosa premessa: con la pelle esposta al sole occorre massima cautela, perché le statistiche allarmanti sui danni da invecchiamento moltiplicati dell’esposizione scorretta non sono un’opinione, bensì prove inconfutabili. Però, senza il sole non ci sarebbe vita sulla terra e il nostro corpo e la nostra mente, letteralmente, si spegnerebbero. “Indiscutibili e scientificamente dimostrati sono gli innumerevoli benefici elargiti dalla luce solare, naturalmente se la stessa viene ‘assimilata’ con criterio. Che significa non superare le 4 ore al giorno di esposizione – ma l’ideale sarebbe non oltrepassare l’ora e mezza al dì -, inseguire l’ombra nelle ore più calde, tra le 11 e le 16, e utilizzare protezioni solari mirate al proprio fototipo e al grado di abbronzatura già raggiunta”, premette Leonardo Celleno, dermatologo e cosmetologo presidente Aideco, Associazione italiana dermatologia e cosmetologia.

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Meglio esporsi al sole quando l’irraggiamento è minore (prima delle 11 e dopo le 16) © iStock

Rispetto al recente passato l’atteggiamento verso il sole è cambiato anche in ambito scientifico: dalla (quasi) demonizzazione si è passati a una moderata ed equilibrata valutazione dei rischi e benefici derivanti dall’esposizione. In una review pubblicata nel 2020 sull’International journal of enviromental research and public health si sottolinea come gli studi dell’ultimo decennio indichino che un’esposizione solare insufficiente possa essere responsabile di 340mila decessi negli Stati Uniti e 480mila decessi in Europa all’anno e di un’aumentata incidenza, tra l’altro, di cancro al seno, cancro del colon-retto, ipertensione, malattie cardiovascolari, sindrome metabolica, sclerosi multipla, morbo di Alzheimer, diabete di tipo 1.

La review in questione porta la firma anche del ricercatore svedese Pelle Lindqvist, dell’Istituto Karolinska di Stoccolma, che qualche anno prima aveva coordinato uno studio condotto su 30mila soggetti di sesso femminile, dove era emerso che le donne che evitano il sole vivono dai 0,6 ai 2,1 anni in meno rispetto a quelle che si espongono spesso, anche se la ragione non è del tutto chiara. Sono evidenze che non sorprendono, poiché è ben noto che il sole sia il “motore” di una miriade di reazioni nell’organismo. La più nota e osservata dalla scienza è la capacità di stimolare la vitamina D3. “Basta un ‘bagno solare’ di 20-30 minuti con il 10 per cento del corpo esposto, quindi indossando una normale mise estiva, per stimolare ogni giorno la giusta quantità di questa preziosissima molecola. Oltre l’80 per cento della vitamina D circolante nell’organismo è infatti frutto dell’esposizione alla luce naturale, mentre solo il restante 20 per cento è assorbito con l’alimentazione”, spiega Massimo De Bellis, medico specialista in idrologia medica ed esperto di medicine non convenzionali a Milano. Non solo: alcuni studi hanno rilevato come la vitamina D sintetizzata nell’organismo, quindi con l’intermediazione del sole, riesca a bloccare l’azione di un particolare enzima (11-βHSD1) necessario per produrre il cortisolo, l’ormone dello stress che aumenta la pressione del sangue, restringe le arterie e stimola i reni a trattenere acqua.

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Oltre l’80 per cento della vitamina D circolante nell’organismo è frutto dell’esposizione alla luce naturale © iStock

Il che significa che esporsi al sole è uno dei sistemi più semplici, immediati e naturali per contribuire a proteggere cuore e arterie. Ma anche per innalzare l’umore. “La retina, stimolata dai raggi UV, trasmette segnali di tipo bio-elettrico ai centri ipotalamici, all’ipofisi e all’epifisi, le ghiandole cerebrali che influenzano i livelli ormonali, compresi quelli della serotonina e di altre endorfine del buonumore”, continua De Bellis. La luce solare è, paradossalmente, anche il più piacevole (e naturale) dei sonniferi, perché mantenendo in buona sincronia il rapporto tra la serotonina e la melatonina regola tutti i ritmi biologici dell’organismo, inclusi quelli del sonno/veglia. Il sole è anche un detossificante naturale, poiché gli UV hanno un’azione regolatrice dell’alcalinità del sangue che, di riflesso, migliora la capacità di trasportare ossigeno ai tessuti e di eliminare le sostanze di scarto. “Con un’intelligente esposizione solare, pure il cervello ringrazia, rivelando una maggiore capacità di attenzione e di apprendimento: diversi studi hanno dimostrato che, oltre al rendimento fisico, i raggi ultravioletti sono in grado di migliorare le performance mentali”, puntualizza De Bellis.

Il sole sotto la lente d’ingrandimento

Eccezion fatta per gli UVC (lunghezza d’onda: 100-290 nm – nanometri – ), che vengono bloccati dallo strato di ozono, tutte le restanti radiazioni solari – gli UVA, gli UVB, il visibile e gli infrarossi – arrivano sulla terra e di conseguenza interagiscono con la pelle e l’organismo intero, producendo nelle specifico sia azioni decisamente positive sia potenzialmente nocive riguardo soprattutto all’aumento del rischio di tumori della pelle. “Oltre al melanoma, il tumore più aggressivo, con circa 15mila casi all’anno, si calcola, per esempio, che i basaliomi indotti dagli UV raggiungano 31,9 casi per ogni 100mila abitanti di sesso maschile e 22,8 per 100mila di sesso femminile”, dice Celleno. Vediamo nel dettaglio il “lato buono” e il lato problematico delle diverse lunghezze d’onda dello spettro solare e quale specifico comportamento protettivo adottare.

UVA: stimolano l’abbronzatura ma accelerano l’invecchiamento

I raggi ultravioletti A (UVA) hanno una lunghezza d’onda tra 320-400 nm e sono ulteriormente classificati in UVAII, più corti e più energetici, quindi in grado di far arrossare la pelle, e UVAI, più lunghi e meno energetici, che si trovano al confine con la luce visibile (vedi più sotto). “Gli UVA sono presenti anche con il cielo coperto e in tutti gli ambienti, città compresa, e rappresentano circa il 95 per cento di tutti gli ultravioletti che arrivano sulla superficie terrestre. Hanno una radiazione relativamente intensa ma lunga, che raggiunge in profondità la pelle”, spiega Celleno. In positivo, insieme agli UVB, gli UVA stimolano l’abbronzatura, con i conseguenti benefici estetici: aria più sana, corpo più scolpito e sottile per un effetto ottico, rughe del viso attenuate (a patto che la tintarella sia conquistata molto gradualmente e con una corretta gestione della skincare, anche doposole).

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I raggi UVA raggiungono il derma colpendo le fibre elastiche e il collagene e favorendo rughe e macchie © iStock

“Ma gli UVA raggiungono il derma papillare, colpendo le fibre elastiche e il collagene e favorendo rughe e macchie. In più, interagiscono con le cellule del sistema immunitario della pelle (linfociti e cellule di Langherans) e sono i maggiori responsabili delle foto-allergie, come l’orticaria solare”, spiega Celleno. Gli UVA sono sempre presenti e penetrano attraverso i vetri: per questo occorre utilizzare tutto l’anno, e a maggior ragione in spiaggia o in montagna, filtri solari che proteggano espressamente anche dalla loro radiazione. Orami tutti i prodotti solari contengono una protezione non solo dagli UVB ma anche dagli UVA (indicazione in etichetta: SPF + UVA). “Inoltre, per aumentare lo scudo protettivo anche e soprattutto nei confronti degli UVA, da un mese prima dell’esposizione e per tutte le vacanze è consigliato assumere integratori con antiossidanti specifici per il foto-invecchiamento, come betacarotene, licopene, luteina e resveratrolo, che prevengono anche le allergie al sole”, aggiunge Celleno.

UVB: funzionano da interruttore per la vitamina D ma scottano la pelle e inducono l’eritema

I raggi ultravioletti B (UVB) hanno una lunghezza d’onda tra 290-320 nm. “Costituiscono il 5 per cento della radiazione ultravioletta che raggiunge la Terra. Hanno un livello di energia elevato ma relativamente corto e sebbene siano bloccati da nuvole e vetri, penetrano fino allo strato basale della pelle. Sono più presenti in estate, al mare e in alta quota, meno in città per via dell’effetto filtrante dell’atmosfera urbana e dello smog”, spiega Celleno. I vantaggi: “Oltre a determinare, insieme agli UVA, l’abbronzatura, sono solo gli UVB a stimolare, a partire dal colesterolo (quindi “consumandolo”), la vitamina D”. Da notare che la vitamina D, dopo essere stata attivata dalla luce solare si comporta nell’organismo come un vero e proprio ormone, producendo benefici a cascata. Infatti, oltre a fissare il calcio nelle ossa e a proteggere denti, cuore e arterie, sembra che, se carente, la vitamina D possa rivestire un ruolo più o meno importante in tante malattie, come quelle autoimmuni (artrite reumatoide); infiammatorie dell’intestino e della pelle (psoriasi in primis). Morale: indirettamente i raggi UVB sono essenziali per controllare il colesterolo e per ridurre il rischio di seri disturbi e malattie, anche della pelle. “Non a caso, gli UVB a banda stretta (UBB-NB, quindi privi della loro componente dannosa) sono utilizzati nella cura della psoriasi”, fa notare Celleno. Ma attenzione, perché sebbene gli UVB siano bloccati negli strati superficiali della pelle, hanno un elevato carico di energia, tanto da scottare se ci si espone in modo scriteriato e senza una corretta protezione. “Sono responsabili dell’eritema solare, delle eventuali scottature fino alle ustioni e, insieme agli UVA, del fotoinvecchiamento e dei tumori cutanei”, fa notare Celleno.

Come proteggersi adeguatamente

La prima regola è scegliere il fattore solare (SPF) adatto al proprio fototipo e rinnovare l’applicazione mediamente ogni due ore e in congrua quantità. Vanno stesi almeno 2 mg di solare per centimetro quadrato, pari a un cucchiaino di crema per 2 cm di pelle, altrimenti non si raggiunge la protezione dichiarata dal solare in etichetta. Per semplificare, si consigliano di tenere valida come unità di misura circa 4 cucchiai grandi di solare per viso e corpo o la quantità di prodotto che copre il palmo della propria mano tenuto a “conca”. In condizioni estreme, come ai tropici, in barca e in alta quota, oltre ad applicare filtri molto alti è fondamentale indossare indumenti protettivi e cappelli a falda larga.

“Per prevenire l’eritema, preferire i solari con antiossidanti e immunoprotettori, come il Polipodium Leucotomos, derivato da una felce, la vitamina C ed E e il tè verde, e a partire da un mese o in mancanza di tempo almeno 15 giorni prima della vacanza si può integrare l’alimentazione con antinfiammatori naturali, come il ribes nero”, aggiunge Celleno. Riguardo alle creme solari, ormai le case cosmetiche inseriscono abitualmente nelle formule degli enzimi che riparano il DNA danneggiato dagli ultravioletti B, per esempio liposomi con le fotoliasi (una proteina), ma soprattutto sostanze che migliorando i meccanismi di difesa della pelle aiutano a prevenire eritemi e intolleranze al sole, come l’ectoina, una molecola scoperta in alcuni batteri che vivono in condizioni ambientali estreme (zone desertiche) e che si è dimostrata in grado di salvaguardare le membrane delle cellule. Capacità che hanno anche i derivati dell’acido glicirretinico estratti dalla liquirizia e gli isoflavoni della soia.

Luce visibile: stimola le endorfine, ma accelera l’invecchiamento e può danneggiare l’occhio

È la frazione visibile (e la più vicina agli UVA) dello spettro solare, ossia l’insieme dei colori dell’arcobaleno (con lunghezze d’onda variabili, come i 400 nm del violetto e i 760 nm del rosso). Insieme agli infrarossi, la luce visibile rappresenta ben il 90 per cento di tutta la radiazione solare. In positivo, attraverso la retina dell’occhio, è la luce visibile a influire sulla secrezione di ormoni come estrogeni, progesterone, testosterone, GH-ormone della crescita, e delle endorfine, che innalzando l’umore producono  benefici a cascata anche sulla gestione dell’ansia e dello stress e disturbi correlati. In particolare, stimolando il GH, indirettamente la luce visibile favorisce la sintesi delle proteine e lo smaltimento dei depositi di grasso dall’organismo. “La radiazione visibile contribuisce ad aumentare del 10-15 per cento il numero dei globuli rossi e per questo contrasta l’anemia e l’astenia”, aggiunge l’idrologo medico Massimo De Bellis. Gli specifici effetti nocivi della luce visibile sulla pelle, invece, non sono ancora completamente conosciuti. “Di certo si sa che alcune sue parti, in particolare la luce blu, sono dotate di alta energia e penetrano in profondità nella pelle, contribuendo alla formazione delle rughe e delle macchie scure. Inoltre, una quantità eccessiva di luce nell’intervallo ultravioletto e blu-violetto può danneggiare l’occhio”, chiarisce Celleno. S’ipotizza pure che la luce visibile abbia un effetto depressivo sulle cellule immunitarie cutanee e che di conseguenza possa favorire l’herpes labiale. “La miglior soluzione per alzare uno scudo protettivo è usare solari di ottima qualità con blend di filtri fisici e filtri chimici rispettosi della pelle (come il mexoryl e il tinosorb) e che contengano a supporto molecole antiossidanti specifiche, come l’ectoina, la vitamina C, tocotrienoli ed estratti dalla liquirizia”, dice Celleno. Per proteggere la vista, indossare sempre occhiali da sole di ottima qualità, meglio se con lenti polarizzate, filtri UV, e con montature ampie, che impediscono anche lateralmente il passaggio dei raggi solari.

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Prima di esporsi al sole è importante alzare uno scudo protettivo usando solari di ottima qualità © iStock

Infrarossi: danno una spinta la metabolismo, ma mettono in difficoltà la circolazione venosa e linfatica

Gli infrarossi, IR, sono l’ultima lunghezza d’onda dello spettro solare (760-106 nm). Producono calore e sono parimenti attivi al mare, in alta quota e ai tropici, un po’ meno in città anche per l’effetto schermante dello smog. In positivo, gli infrarossi agiscono come una sorta di massaggio decontratturante: merito del calore, che decongestiona i tessuti. “Gli infrarossi accelerano anche il metabolismo: in spiaggia, sotto al sole, può crescere fino al 10 per cento, dice De Bellis. Ma gli infrarossi hanno una bassa energia che però penetrare in profondità, fino al derma, aumentando almeno del 50 per cento i radicali liberi e contribuendo all’invecchiamento, determinando anche l’elastosi, ossia la frammentazione delle fibre elastiche. “Per l’effetto vasodilatatore gli infrarossi sono problematici soprattutto per le pelli sensibili, allergiche o con couperose e per la circolazione venosa e linfatica”, dice Celleno. Come per la luce visibile, anche per proteggersi dagli infrarossi vale la regola di applicare solari con combinazioni di filtri fisici e chimici fotostabili, ma anche di abbassare la temperatura della pelle di viso e corpo spruzzando ripetutamente acqua, meglio se termale perché ricca di minerali calmanti e lenitivi. “Alternare i bagni di sole con quelli di mare, ripetendo con cura l’applicazione del solare, anche se è resistente all’acqua”, dice Celleno. Utili anche le “fibre intelligenti”, ovvero costumi e abbigliamento estivo con fattore protettivo UV. Tra l’altro, gli indumenti, anche non trattati, e l’ombra sono la miglior difesa dagli infrarossi.

 

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