Domenica 8 gennaio 2023, nella capitale brasiliana Brasilia, migliaia di persone hanno fatto irruzione nelle sedi del Congresso, della Corte suprema e degli uffici presidenziali.
L’assalto è opera dei sostenitori di Jair Bolsonaro, sconfitto da Lula alle elezioni dello scorso ottobre.
Gli invasori denunciano presunti brogli nel voto, brogli che tuttavia non sono mai stati accertati.
Il 6 gennaio del 2021 i sostenitori di Donald Trump, appena sconfitto alle elezioni presidenziali americane, facevano irruzione nel Congresso di Washington. A due anni quasi esatti di distanza, domenica 8 gennaio 2023, migliaia di manifestanti hanno preso d’assalto tre sedi delle istituzioni brasiliane, nella capitale Brasilia: il Congresso, la Corte suprema e gli uffici presidenziali. Indossando la maglia della nazionale di calcio o con la bandiera del paese sulle spalle, hanno vandalizzato i palazzi in segno di rivalsa contro i presunti brogli – mai dimostrati – che avrebbero falsato il risultato delle elezioni in Brasile dello scorso ottobre. Elezioni in cui il loro candidato, il presidente uscente di estrema destra Jair Bolsonaro, è stato sconfitto da Lula.
Dopo l’insediamento di Lula il 1° gennaio, attraverso i social network i sostenitori di Jair Bolsonaro si sono dati appuntamento per domenica 8 gennaio a Brasilia. La manifestazione ben presto è diventata violenta. Migliaia di persone hanno fatto irruzione nelle sedi del Congresso, della Corte suprema e negli uffici presidenziali, che si trovano nella stessa piazza. Hanno spaccato le finestre, rovesciato i mobili e saccheggiato le stanze, danneggiando opere d’arte di valore inestimabile. Hanno ripreso i propri atti di vandalismo con lo smartphone pubblicando i video nei social network. “Abbiamo sempre detto che non ci saremmo arresi”, urla un rivoltoso in un video. “Il Congresso è nostro, abbiamo il potere”. Trattandosi di un giorno festivo, negli edifici non c’era nessuno: al momento dunque non si ha notizia di vittime. I feriti sarebbero 46, sei dei quali gravi. Alcuni giornalisti e fotografi sarebbero stati aggrediti e rapinati.
Sala de Janja é destruída mas gabinete de Lula foi preservado, diz ministro https://t.co/89A8FgMS6V
Gli agenti di polizia, in inferiorità numerica, inizialmente hanno potuto solo sparare proiettili di gomma, spray al peperoncino e lacrimogeni. Nel tardo pomeriggio, riporta il New York Times, sono arrivati i mezzi dell’esercito e la protesta è stata sedata. Alle nove di sera (ora locale), a più di sette ore dall’inizio dell’invasione, il ministro della Giustizia Flávio Dino ha comunicato che gli edifici erano stati liberati e che almeno duecento persone erano state arrestate. Stando al governatore di Brasilia, gli arresti sono stati più di quattrocento. Nella giornata di lunedì 9 gennaio la polizia ha fermato 1.200 persone che erano accampate di fronte al quartier generale dell’esercito.
Il ruolo dell’ex-presidente Jair Bolsonaro
Per anni Jair Bolsonaro ha lanciato innumerevoli accuse contro il sistema di voto elettronico in Brasile, sostenendo che fosse manipolato. Tutte le autorità che hanno condotto le opportune verifiche sono arrivate alla stessa conclusione: il voto elettronico funziona, è affidabile e sicuro e finora non ha dato adito a brogli di nessun tipo. Eppure, questa opera sistematica di disinformazione ha dato i suoi frutti, consolidando un clima di sfiducia in una delle più grandi democrazie del mondo.
Lula non si trovava a Brasilia al momento dell’irruzione, ma l’ha raggiunta nel corso della giornata per verificare i danni. Nel suo discorso alla nazione ha definito l’invasione delle sedi istituzionali come “un atto di barbarie” e “una violazione dei diritti di tutto il popolo” ad opera di “fascisti”. Un fatto inaudito per il quale, a detta sua, anche Jair Bolsonaro avrebbe alcune responsabilità. Ha quindi promesso di “scoprire chi sono i finanziatori di queste azioni” e punirli.
Il ministro della Giustizia Flávio Dino ha parlato apertamente di “un tentativo molto grave di destabilizzare lo stato democratico”. Alexandre de Moraes, giudice della corte suprema federale brasiliana, ha ordinato la rimozione per novanta giorni del governatore del distretto federale di Brasilia Ibaneis Rocha. Gli viene contestato il fatto di aver deliberatamente sottovalutato la portata della manifestazione, ignorando gli appelli a mettere in atto un piano straordinario di sicurezza.
Dalla Florida, dove si trova dallo scorso 30 dicembre, Jair Bolsonaro nega ogni responsabilità. “Le manifestazioni pacifiche, come prevede la legge, fanno parte della democrazia. Tuttavia, i saccheggi e le invasioni di edifici pubblici, come quelli avvenuti oggi e quelli praticati dalla sinistra nel 2013 e nel 2017, infrangono la legge”, ha twittato.
– Manifestações pacíficas, na forma da lei, fazem parte da democracia. Contudo, depredações e invasões de prédios públicos como ocorridos no dia de hoje, assim como os praticados pela esquerda em 2013 e 2017, fogem à regra.
“Durante tutto il mio mandato mi sono sempre attenuto ai quattro pilastri della Costituzione, rispettando e difendendo le leggi, la democrazia, la trasparenza e la nostra sacra libertà. Inoltre, ripudio le accuse, non suffragate da prove, attribuitemi dall’attuale capo dell’esecutivo del Brasile”.
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