Quale futuro per dad, la didattica a distanza, dopo oltre un anno di pandemia? Con Marco Vassallo, psicologo scolastico e relazionale, capiamo l’impatto su studenti e genitori.
Sottobanco, come la scuola sopravvive al bisogno di normalità – il documentario
A un anno della pandemia, questo documentario fa il punto della situazione su scuola e Bisogni educativi speciali. Oltre 900mila studenti coinvolti in tutta Italia.
Siamo al primo anno di pandemia e in circa dodici mesi la Covid-19 ha polverizzato la routine scolastica in quasi tutti i paesi del mondo. In Italia, dalla ripresa della scuola a settembre, le aperture a singhiozzi, gli scontri tra regioni e governo centrale, le ordinanze e i ricorsi hanno finito per disegnare un quadro a macchia di leopardo in cui si fa fatica a parlare di un piano d’azione unitario. Ancora oggi si procede a vista, si guadagna e si perde terreno di settimana in settimana, le scuole aprono o chiudono rispetto all’andamento epidemiologico e la didattica a distanza fa sempre più parte della scuola italiana. La scuola in presenza poi è profondamente cambiata, meno partecipata. Quello che accade, accade davanti a meno osservatori perché il coronavirus ha alterato relazioni, procedure, ma anche lo scambio tra pari e tra famiglie e scuola.
Governare questi cambiamenti e creare strategie adeguate richiede tempo ma, nel frattempo, i vuoti che si creano rischiano di penalizzare soprattutto chi dalla scuola ha diritto e bisogno di ricevere maggiore attenzione, come gli studenti con bisogni educativi speciali, i Bes. Parliamo di bambini e ragazzi con difficoltà, storie e vite molto diverse che hanno bisogno di un supporto personalizzato da parte della scuola come di un insegnante di sostegno o di un piano didattico ad hoc.
Chi sono gli alunni con bisogni educativi speciali
Gli studenti con bisogni educativi speciali (Bes) sono bambini e ragazzi con storie e sfide molto diverse tra loro: sono studenti con disabilità di vario tipo; con disturbi evolutivi specifici, tra cui disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) e disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Adhd); alunni con svantaggi socio-economico, linguistici e culturali.
In particolare i disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) sono quattro:
- dislessia, difficoltà di lettura
- disgrafia, difficoltà di scrittura e realizzazione grafica
- disortografia, che colpisce i processi linguistici di transcodifica della scrittura
- discalculia, difficoltà negli automatismi del calcolo e dell’elaborazione del numero
Non ci sono stime esatte di quanti sono in Italia gli studenti con Bes, i dati sono disaggregati e quello dei ragazzi in condizioni di difficoltà socio-economica, linguistica e culturale forse è il più difficile da mappare. Solo considerando gli alunni con disabilità (300mila secondo gli ultimi dati Istat), con Dsa (298mila) e con Adhd (tra 270mila e 360mila), facciamo riferimento a circa il 15 per cento del totale degli studenti.
Per loro, come strategia e politiche, “in quasi un anno di pandemia si è fatto veramente poco”. A dirlo è Stefania Stellino, rappresentante dell’Associazione nazionale genitori persone con autismo (Angsa) nell’Osservatorio sulla scuola al ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur). Che aggiunge: “Dove possibile, in piccoli numeri, bisognerebbe garantire che chi ha più necessità e meno opportunità vada a scuola in presenza, o che si garantisca quella relazione con le persone di sostegno anche nei periodi di didattica a distanza. Altrimenti rischiamo che un disturbo autistico o altro si trasformi in un disturbo psichico molto più complesso”. Anche perché – aggiunge ancora Stellino, che è anche segretaria regionale di Fish Lazio onlus e mamma di due figli con autismo – “sono proprio questi ragazzi che ci stiamo giocando, è a loro che dobbiamo garantire un futuro diverso”.
I disturbi specifici dell’apprendimento al tempo della dad
Gli studenti con dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia (Dsa) sono in aumento costante. Un trend mondiale che in Italia non fa eccezione anche grazie a una migliore capacità di diagnosi rispetto al passato. Secondo l’ultimo rapporto del Miur (anno scolastico 2018/2019) gli studenti con disturbi specifici dell’apprendimento in Italia sono 298.114. Parliamo del 4,9 per cento del totale calcolati dalla terza elementare. Vista la forbice molto ampia tra i dati del Nordovest (7,5 per cento) e del Mezzogiorno (2,4 per cento) diversi esperti non escludono che i dati in alcune zone del Sud siano sottostimati a causa di una minore capacità di diagnosi.
Gli studenti con Dsa rischiano una grande penalizzazione in tempi di didattica a distanza. È vero come racconta Andrea Novelli, psicologo e psicoterapeuta presidente dell’dell’Associazione italiana dislessia (Aid) che la dad “ha costretto la scuola a spingere sulle nuove tecnologie e sul digitale” e che oggi ottenere la registrazione delle lezioni o la digitalizzazione dei testi è più semplice. Ma ci sono una serie di mancanze difficili da riempire: “C’è tutta la parte relazionale che per alcuni ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento diventa molto importante come il supporto che possono avere dai compagni, il lavoro di gruppo che non si può più fare come prima”, aggiunge Novelli. “E poi c’è anche una difficoltà maggiore di comunicazione tra scuola e famiglia, e sono i ragazzi a risentirne”.
Verso un sostegno psicologico sempre più presente
“La scuola ha dimostrato un’alta capacità di reazione” alla situazione pandemica che stiamo vivendo, ha dichiarato Paolino Gianturco, formatore dell’Associazione italiana dislessia. Il sistema dunque avrebbe retto nonostante le pesantissime scosse che l’hanno investito. Discorso diverso invece per la politica. “All’inizio la politica si è concentrata sul sostegno economico per l’acquisto di attrezzature mentre solo da settembre sono state stanziate le risorse per i progetti di supporto psicologico”.
Un servizio, quello del supporto psicologico, centrale per molte associazioni, che vedono sempre più famiglie rivolgersi a loro. Ora, sostengono all’Aid, è cruciale che gli interventi avviati con fondi di emergenza, come la presenza degli psicologi nelle scuole, diventino strutturali. Tanto per gli alunni con Bes che per chi sente di aver bisogno di una guida esperta, essenziale più che mai durante una pandemia. Ed è proprio questo che chiedono le associazioni: che ciò che di buono è stato fatto in questi mesi con molta fatica entri a sistema e diventi una certezza nella scuola di domani. Per farlo servirà orientare in questo senso parte dei fondi che arriveranno dall’Europa nei prossimi mesi e anni.
Autonomia scolastica e Bes, tra buone pratiche e nuove sfide
L’autonomia scolastica secondo molti è stata una leva fondamentale per reagire con rapidità in tempi di cambi di rotta continui, ma può anche creare forti diseguaglianze tra scuola e scuola. “Come Aid – racconta Gianturco – ci segnalano per esempio che in alcuni istituti superiori non è stato mantenuto per gli alunni con Dsa il sistema delle interrogazione programmate”, di cui per legge quegli studenti hanno diritto. “Oppure ci hanno segnalato che in alcune scuole si è fatta fatica a ricevere le famiglie, e questo è un problema in particolare per gli alunni con Dsa, per i quali la comunicazione scuola-famiglia è ancora più importante”.
Anche l’applicazione della tanto discussa nota del 5 novembre dell’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina sulla possibilità per bambini e ragazzi con Bes di fare didattica in presenza anche quando la scuola è chiusa ricade sotto l’autonomia scolastica. All’inizio la nota aveva scatenato polemiche fortissime, in molti temevano potesse riportare la scuola italiana ai tempi delle classi differenziali. In realtà la nota prevede la possibilità che i ragazzi con bisogni particolari vadano in classe con gli altri compagni a turnazioni di piccoli gruppi e in ogni caso sono i singoli istituti a valutare se e come attivare soluzioni simili.
Quante scuole si siano mosse in questa direzione è difficile dirlo senza un monitoraggio capillare a livello nazionale che al momento manca. Secondo Stefania Stellino dell’Associazione nazionale genitori persone con autismo (Angsa) “non in tutte le scuole è stata garantita la presenza almeno agli studenti con disabilità”. In generale, secondo Stellino, la nota “non è stata compresa in primis dai dirigenti scolastici”. E anche i dati dell’Angsa parlano chiaro, perché dimostrano che “pochissime scuole hanno contattato le famiglie per condividere con loro questa possibilità”.
Dispersione scolastica, il male del 2021
Un altro capitolo centrale nella scuola di oggi è la dispersione scolastica. Secondo Save the children international, dell’1,6 miliardi di studenti che hanno visto le proprie aule chiudere in questi mesi, dieci milioni di bambini in tutto il mondo rischiano di non tornare più in aula. Il dato italiano riguarda circa 34mila studenti delle scuole superiori che, a causa delle assenze prolungate, rischiano di alimentare l’abbandono scolastico, come evidenzia l’indagine condotta da Ipsos dal titolo I giovani ai tempi del Coronavirus. Il 28 per cento degli intervistati afferma che dal lockdown di primavera c’è almeno un proprio compagno di classe che ha smesso del tutto di frequentare le lezioni. Mentre il 7 per cento afferma che i compagni di scuola “dispersi” dal lockdown sono tre o più di tre.
Accanto a questo fa sempre più paura l’impoverimento intellettivo e relazionale, la perdita di punti di riferimento, l’incapacità di sviluppare relazioni sociali equilibrate, la capacità di gestione dell’ansia e dell’aggressività. “L’assenza degli aspetti relazionali e della relazione educativa avranno dei costi nel futuro, perché l’apprendimento passa anche e soprattutto attraverso le relazioni tra le persone” spiega Andrea Novelli, presidente dell’Aid. “In questo periodo viviamo una crisi economica, ma nei prossimi anni ne vivremo una educativa e sociale. Il senso di incertezza genera ansia e frustrazioni e porta a un aumento dell’aggressività”.
Episodi come la maxi-rissa tra giovanissimi a Roma, al Pincio, e in generale l’aumento di episodi di scontri tra adolescenti sono un campanello d’allarme. “Scontri di quel genere – conclude Novelli – sembrano una risposta informale a questo stato di frustrazione”. Come psicoterapeuta, Novelli racconta di aver notato un aumento di disturbi legati all’ansia e all’aggressività e dei ragazzi che hanno ridotto le relazioni col mondo, come gli Hikikomori giapponesi, ossia una sindrome che colpisce soprattutto gli adolescenti e si manifesta come una vera e propria chiusura verso il mondo circostante.
Tutelare i Bisogni educativi speciali, quindi, oggi è ancora più necessario. In questo tempo sospeso che amplifica ansia, paure e incertezze, una scuola inclusiva non solo nella forma ma nella sostanza sembra l’unica in grado di non lasciare indietro nessuno. A partire proprio da chi ha più bisogno di attenzione e il diritto di averla.
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