Si chiama Space waste lab performance l’installazione che illumina i detriti spaziali

Nello spazio ci sono oltre otto milioni di chilogrammi di spazzatura. L’installazione di Daan Roosegaarde alla Triennale di Milano fa letteralmente luce sul problema, invitando ad un futuro più sostenibile.

C’è una discarica che galleggia – o forse è meglio dire che fluttua – sopra le nostre teste. Otto milioni di chilogrammi di detriti, soprattutto frammenti di satelliti fuori uso ma anche razzi di propulsione alla deriva, ruotano indisturbati attorno al nostro pianeta. Ma il fatto che non li vediamo, non significa che non esistano. L’artista olandese Daan Roosegaarde, in collaborazione con l’Esa (l’Agenzia spaziale europea), ha tentato letteralmente di far luce sul cosiddetto space waste (i rifiuti spaziali) con un’installazione outdoor realizzata in tempo reale. Perché, come dice lo stesso artista, “l’arte è un detonatore di cambiamento per immaginare la creazione di un mondo migliore. Non si tratta solo di numeri, soldi, tecnologia o aspettare che i politici facciano qualcosa. Si tratta di agire, dobbiamo farlo noi”.

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space waste lab performance Daan Roosegaarde
L’installazione di Daan Roosegaarde, in collaborazione con l’Esa, vuole fare luce sul problema dei rifiuti spaziali © Studio Roosegaarde

Space waste lab performance, un’installazione di Daan Roosegaarde

La sera del 22 ottobre 2019, gli occhi erano puntati sul cielo sopra la Triennale di Milano, dove dei potenti fari a led verdi hanno illuminato la volta celeste, intercettando i detriti a una distanza compresa tra i 200 e i 20mila chilometri dalla Terra, e seguendone la traiettoria in tempo reale. Si chiama Space waste lab performance – già vincitrice del prestigioso premio giapponese Omosiroi e per la prima volta in Italia grazie alla compagnia energetica Pulsee – ed è un invito ad alzare lo sguardo su un problema ancora poco conosciuto. “Aria pulita, acqua pulita, energia pulita sono i valori del futuro per l’umanità – continua Roosegaarde – e ciascuno di noi deve agire in prima persona. Questa installazione va nella direzione di informare e sensibilizzare le persone sul problema e tentare di capire cosa le nuove tecnologie posso fare per aiutarci a risolverlo”.

Quanti detriti troviamo nello spazio

Per capire la portata del fenomeno, è sempre bene riflettere sui numeri. Attorno al nostro pianeta ci sono almeno 29mila detriti con oltre dieci centimetri di diametro, che ruotano alla velocità di 28mila chilometri orari. Fra questi, diverse decine sono di dimensioni ben maggiori, mentre se ne contano fino a 500mila se si considerano anche quelli non più grandi di una biglia. Il rischio, naturalmente, è che questi frammenti possano danneggiare i nostri attuali satelliti, creando ancora più detriti nello spazio, e disturbare le comunicazioni digitali. Per questo la performance si inserisce in un progetto più ampio, lo Space waste lab, un laboratorio pluriennale che vede collaborare l’Esa e lo Studio Roosegaarde con l’obiettivo di individuare, catturare e riciclare i rifiuti spaziali trasformandoli in prodotti sostenibili.

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Space Waste Lab opens tonight at Triennale Milano: revealing space waste above your head and wonder about new solutions. #welcome

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Le possibili soluzioni al problema

“Mostrando questa quantità di spazzatura – spiega l’artista – ci chiediamo inoltre che cosa possiamo fare con essa; si potrebbe, dopo averla catturata, riutilizzarla come materiale da costruzione per habitat sulla Luna, per esempio. Credo che dovremmo usare il design e la tecnologia per migliorare la vita. Dobbiamo disegnare e ingegnerizzare le soluzioni, cambiare i paradigmi economici per creare una società sostenibile”.

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Space waste lab performance, Daan Roosegaarde
I potenti fari di luci a led illuminano i rifiuti ad una distanza compresa tra 200 e 20mila chilometri dalla Terra, seguendone la traiettoria in tempo reale © Studio Roosegaarde

Le idee a Roosegaarde sicuramente non mancano e soprattutto sa come comunicarle. L’installazione, oltre a far dialogare istruzione, scienza e arte, riesce ad aiutare gli stessi tecnici a spiegare un tema complesso, suggerendo un nuovo punto di vista. Da qui naturalmente la strada è ancora lunga ma c’è di buono che – per usare le parole dell’artista – “in questo mondo non c’è mancanza di tecnologie, non c’è neanche mancanza di soldi, c’è però carenza di immaginazione”. Ma su questa ci si può lavorare.

Foto in apertura © Alfonso Guindani

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