Roberta Redaelli, nel suo saggio Italy & Moda, raccoglie le voci del tessile. E invita il consumatore a fare scelte che lo spingano alla sostenibilità.
Spazio Meta e la seconda vita degli allestimenti delle sfilate di moda
Che fine fanno gli allestimenti delle sfilate? A Milano c’è un magazzino che li raccoglie tutti, si chiama Spazio Meta e unisce riuso e creatività
La Fashion week di Milano è finita da qualche settimana ormai e, se volete, potreste portarvene a casa un pezzo. A Milano esiste Spazio Meta, un posto che recupera e vende gli allestimenti delle sfilate. Non è una cosa da poco visto che gli allestimenti per gli show, che in alcuni casi sono qualcosa di simile a un set cinematografico, vengono creati ad hoc e poi, semplicemente, dismessi. L’idea di recuperarli è di tre ragazze: Margherita Crespi, Martina Bragadin e Benedetta Pomini, che hanno creato Spazio Meta con una missione, quella di raccogliere cose belle provenienti da allestimenti e scenografie e dar loro una nuova vita. Non per forza la creatività deve essere esercitata a discapito della sostenibilità, e queste tre ragazze lo stanno dimostrando con un hub da cui altri designer, sceneggiatori, stylist, ma anche curiosi possono trovare pezzi di design unici.
Cos’è e come funziona Spazio Meta
Spazio Meta, quindi, è un progetto dedicato al riuso e alla valorizzazione di materiali e scenografie nate per allestimenti effimeri nel campo dell’arte, della moda e del design. Limitare gli sprechi e offrire un’alternativa sostenibile al tradizionale ciclo di produzione e consumo è la ratio che sta dietro al magazzino inaugurato a Milano nel 2021 nel quartiere di Bovisa, in cui i materiali e le scenografie provenienti da saloni, mostre, sfilate ed eventi vengono raccolti, inventariati e infine esposti per la vendita al pubblico con tariffe solidali che tengono conto della loro provenienza e delle loro caratteristiche tecniche, come ci spiegano le tre ideatrici.
Cosa succede quando un brand deve creare un allestimento per una sfilata? I setting vengono creati apposta?
Ovviamente sì. Non solo ogni sfilata è costruita ad hoc, ma lo sforzo umano ed economico che vi sta dietro è davvero inimmaginabile, con team di produzione che progettano, preparano e studiano la realizzazione solitamente con molti mesi di anticipo. Per ogni sfilata, set e scenografie sono creati apposta e l’allestimento non solo deve rispecchiare la collezione e il messaggio di un brand, ma nella maggior parte dei casi è ideato per offrire al pubblico – reale o virtuale che sia – un’esperienza immersiva e possibilmente unica. Da qui la necessità di rapportarsi a questi materiali come a una risorsa preziosa, il cui valore intrinseco non può essere considerato semplicemente in base a un unico impiego temporaneo.
Quanti allestimenti riuscite in media a recuperare durante ogni Fashion week?
Il nostro servizio di recupero è attivo da gennaio 2021. Nel corso di questo primo anno e mezzo di attività abbiamo visto crescere sempre più – e con grande soddisfazione – le collaborazioni con brand e case di moda. Tutto questo da una parte ci ha permesso di poter ampliare la nostra selezione, aumentando i volumi di materiale recuperato, dall’altra ci ha consentito di inserire in inventario una grande varietà di materiali molto diversi tra loro, ma accomunati da un’ottima
fattura e qualità. Dovendo fare i conti con uno spazio fisico dotato di sue caratteristiche, per poter assorbire nuovo materiale dobbiamo anche riuscire a garantire un flusso in uscita quanto più regolare possibile. Per questo, oltre a fare il possibile per mantenere un dialogo aperto e costante con i nostri fornitori, in modo da ottimizzare la comunicazione ed essere informate anticipatamente rispetto ai loro progetti e allestimenti futuri, ci impegniamo a mantenere dei prezzi di vendita estremamente solidali e competitivi, in modo da assicurare un turnover continuo di materiale e un’effettiva redistribuzione e riutilizzo delle risorse.
Riuso e creatività sono le vostre parole chiave, è difficile far comprendere il valore di utilizzare qualcosa di “non originale”?
Quello sull’originalità è un discorso complesso, fatto di molte sfumature e criticità. Per una vita siamo stati abituati a considerare un prodotto nuovo come dotato di una sua qualità a priori, di una connaturata unicità o plus valore che prescinde dall’utilizzo che ne devo fare. Tutto è già stato pensato, disegnato e prodotto. Tutto è già stato visto, scelto, fotografato, instagrammato. Tutto – e parliamo ovviamente da un punto di vista legato all’ambito delle produzioni e degli allestimenti effimeri – è già stato usato, e infine scartato, smaltito e spesso sprecato. Discutere di originalità, significa camminare su una superficie scivolosissima. Dal canto nostro, quello che facciamo tutti giorni con Spazio Meta è provare a capovolgere la prospettiva, offrendo una soluzione alternativa ai nostri fornitori così come ai nostri clienti. Per quanto speciale possa essere, originale non è tanto il prodotto che vendiamo, ma l’uso che di decide di farne in un determinato contesto. Questo a nostro avviso vuol dire essere creativi, avere talento e idee, indipendentemente dal discorso etico che vi è dietro: aprirsi alla possibilità che le cose possano essere diverse da come ce le si era immaginate, capire che un progetto, un set o un allestimento non nascono per vivere su Autocad, ma possono essere rivisti, riadattati o addirittura, nella migliore delle ipotesi, impostati sin dall’inizio a partire da materiali e risorse esistenti senza bisogno di produrne o acquistarne necessariamente di nuove. È chiaro che tutto questo richiede uno sforzo e anche una certa visione, ma siamo convinte che, anche in questo caso così come per tante altre bugie che spesso ci raccontiamo, infondo si tratti semplicemente di abitudine.
Avete notato una differenza di approccio tra quando avete iniziato e oggi?
Assolutamente sì. Quando abbiamo avviato l’attività alcuni dei nostri interlocutori, specialmente quelli meno vicini al mondo degli eventi, immaginavano a fatica una rimessa in circolo così rapida dei materiali. Per nostra fortuna, invece, gli addetti del settore si sono immediatamente incuriositi. Al tempo stesso, alcuni brand inizialmente erano preoccupati dall’eventualità di ritrovare i loro elementi in mano a dei competitor. Anche in questo caso molti di questi timori sono stati dissipati in fretta dalla ridistribuzione effettiva e capillare dei pezzi tra la comunità artistico/creativa locale. Poco a poco iniziamo a respirare una coscienza ambientale che va oltre le diverse interpretazioni di possesso rispetto a qualcosa che è stato prodotto per o da un marchio piuttosto che da un altro, ed ora nei rapporti con i fornitori vige buon senso, che mira a soddisfare entrambe le parti e riporta alla necessità di sfruttare le risorse esistenti in modo più efficace.
Come si potrebbe ripensare il mondo degli allestimenti in maniera sostenibile?
Innanzitutto a partire dalle prime fasi di ricerca e disegno del concept: progettando e costruendo tenendo già a mente una possibile nuova vita dei singoli elementi; assemblando i diversi materiali con metodi alternativi rispetto all’uso di colle o solventi, che spesso a fine utilizzo determinano la necessaria distruzione di alcune strutture perché non è più possibile smontarle; ripensando la produzione di elementi di base, come le sedute per le sfilate, riprodotte in serie ogni volta anche
quando la soluzione più logica sarebbe quella di modificare quelle già esistenti, risparmiando in mano d’opera e in spazi di stoccaggio oltre che nell’utilizzo di nuove risorse vergini.
Qual è il valore aggiunto di utilizzare allestimenti pensati per qualcosa magari anche di molto diverso in origine?
Crediamo che l’uso di nuove risorse debba essere affrontato in maniera responsabile e ponderata. Ragionare partendo da ciò che già esiste è un esercizio creativo molto utile oltre che una pratica virtuosa. Siamo l’effetto di un modo di agire non più sostenibile, e Spazio Meta è il nostro modo per elevare alcune di queste pratiche ad un sistema più equilibrato.
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