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Spedizione italiana alla ricerca del leopardo delle nevi
Partito da Bologna, il team di ricerca guidato da Francesco Rovero, curatore della sezione biodiversità del Museo delle Scienze Naturali di Trento (Muse), è arrivato nel Parco Nazionale Tavan Bogd, dove si stima vivano alcuni degli ultimi esemplari di leopardo delle nevi (Panthera uncia), battezzato come il “fantasma delle montagne”, a causa della sue elusività.
Partito da Bologna, il team di ricerca guidato da Francesco Rovero, curatore della sezione biodiversità del Museo delle Scienze Naturali di Trento (Muse), è arrivato nel Parco Nazionale Tavan Bogd, dove si stima vivano alcuni degli ultimi esemplari di leopardo delle nevi (Panthera uncia), battezzato come il “fantasma delle montagne”, a causa della sue elusività.
La spedizione italiana si dirigerà sui Monti Altai, dove alcune vette toccano i 4.300 metri, per posizionare circa 60 fototrappole e tentare in questo modo di censire la presenza del felino, ormai considerato in via d’estinzione dalla Lista Rossa della Iucn (Unione mondiale per la conservazione della natura).
Secondo l’organizzazione il leopardo delle nevi ha visto ridurre il proprio numero almeno del 20 per cento in solo due generazioni (circa 16 anni) a causa della perdita di habitat, della riduzione del numero delle prede e del bracconaggio. Ma c’è anche un altro pericolo che minaccia il felino: “Una delle grandi minacce alla sopravvivenza del fantasma delle montagne è la perdita di habitat a causa dell’espansione delle attività pastorali e la conseguente scomparsa delle prede naturali”, spiega Francesco Rovero. “Nella prima spedizione del 2015 abbiamo registrato un’estensione drammatica degli allevamenti di capre cachemere, che devono soddisfare la domanda del pregiato tessuto anche da parte dell’Occidente”.
Per questo il Muse, sostenuto anche dal Parco Natura Viva, che oggi ospita due degli otto leopardi delle nevi presenti in Italia, tenterà in circa 18 giorni di aumentare le conoscenze su questa specie e censire il maggior numero di esemplari presenti nei 1000 chilometri quadrati da campionare. “Mentre in campo si cerca di ottenere il maggior numero di dati possibile, Nudan e Samira (i due leopardi del Parco) sono inseriti nello European Endangered Species Programme che consente di preservare un patrimonio genetico che in natura va scomparendo”, spiega Caterina Spiezio, responsabile del settore ricerca e conservazione del Parco Natura Viva. “L’allevamento nei parchi zoologici significa per molte specie a rischio avere la possibilità di contare su una diversità genetica preziosa per scongiurarne l’estinzione e offrire un’alternativa alla scomparsa”.
Il leopardo delle nevi, specie simbolo dei cambiamenti climatici
Tutto ciò è strettamente legato ai cambiamenti climatici, come spiega anche il Wwf. “L’aumento delle temperature rischia di spostare verso maggiori altitudini il limite degli alberi e di consentire all’uomo di coltivare e allevare bestiame sempre più in alto , costringendo i leopardi delle nevi a rifugiarsi in areali sempre più ristretti e frammentati”.
L’ultimo rapporto “Fragile connections – Snow leopards, people, water and the global climate”, descrive come critica la situazione per il “fantasma delle montagne”. L’habitat d’alta quota del leopardo delle nevi si estende su molti dei principali bacini idrografici dell’Asia, e interessa ben 12 Paesi, primo tra tutti il Nepal ma anche Cina, India, Russia, Mongolia, Pakistan e Afghanistan. L’associazione sottolinea come oltre “330 milioni di persone vivano nel raggio di 10 km dai fiumi che hanno origine nelle regioni dell’Asia Centrale oltre i 3.000 metri, e dipendono da loro per l’approvvigionamento dell’acqua. Il cambiamento climatico potrebbe alterare drasticamente il regime delle acque, minacciando la sopravvivenza di un gran numero di persone in tutto il continente”. Oltre a mettere in crisi la sopravvivenza stessa della specie.
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