Dal mischiglio della Basilicata alla zucca malon del Friuli al cappero di Selargius, in Sardegna: i presìdi Slow Food che valorizzano prodotti dimenticati, ma di fondamentale valore per la biodiversità, il territorio e le comunità.
Da scarto a risorsa: 10 startup che hanno ideato soluzioni concrete contro lo spreco alimentare
La lotta allo spreco alimentare passa anche dal riutilizzo degli scarti di cibo: ecco 10 startup che trasformando i rifiuti in nuovi prodotti.
Un terzo del cibo prodotto ogni anno nel mondo viene buttato: lo spreco alimentare è problema etico, sociale, economico e anche ambientale perché la produzione di cibo richiede lo sfruttamento di risorse naturali contribuendo alle emissioni di gas serra. Senza considerare, poi, le problematiche derivanti dalla gestione dei rifiuti alimentari. L’Agenda 2030 dell’Onu punta a dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030: un obiettivo di sostenibilità che ha contribuito a stimolare in molti la ricerca di soluzioni virtuose. In occasione della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare del 5 febbraio, vi raccontiamo 10 startup che danno nuova vita agli scarti di cibo, in un’ottica di economia circolare. In questo modo riducono, al contempo, il volume dei rifiuti, il ricorso a materie prime vergini, le emissioni di CO2.
Contro lo spreco alimentare: 10 startup che trasformano lo scarto di cibo in una nuova risorsa
Biova Project
Nato da un’idea di Emanuela Barbano e Franco Dipietro, Biova Project recupera da ristoranti, fast food, panetterie e grande distribuzione il pane invenduto – si stima che in Italia, ogni giorno ne rimangano sugli scaffali 13mila quintali – e lo utilizza per produrre birra artigianale sfruttando laboratori locali già esistenti. La birra viene poi distribuita in co-branding attraverso gli stessi canali di fornitura del pane, con un’etichetta che indica la provenienza. Con 150 kg di pane si riescono a produrre 2.500 litri di birra: oltre a contrastare lo spreco, si utilizza il 30 per cento in meno di malto d’orzo e si risparmiano 1.365 kg di emissioni di CO2. Non solo, con lo scarto del malto (che generalmente viene buttato, usato come compost o come mangime) Biova produce Ri-snack, uno spuntino croccante ricco di proteine, fibre e sali minerali.
Naste Beauty
Dalla collaborazione tra Lorenzo Picco dell’azienda Magna Rosa che coltiva, tra le altre cose, mele bio piemontesi di varietà antiche presidio Slow Food, e Simone Piccolo di Reynaldi, che da oltre 40 anni produce cosmetici naturali, è nata Naste Beauty, una linea di prodotti per la cura della pelle che dona una seconda vita agli scarti delle mele. Le bucce e i semi di mele, che vengono scartati nel processo di produzione di succhi biologici, vengono trasformati in pasta di mele, un ingrediente funzionale e naturalmente antiossidante. I cosmetici, vegani e certificati biologici, vengono prodotti con energia rinnovabile con un processo che recupera l’acqua usata nella lavorazione. I vasi della crema e della maschera per il viso sono in vetro riciclato, uno dei materiali con il più basso impatto durante l’intero ciclo di vita, mentre il packaging di tutti i prodotti è composto da materiali riciclati e facilmente riciclabili a loro volta. Nella produzione dei cosmetici, Naste Beauty coinvolge cooperative sociali che impiegano disabili o disoccupati. In questo modo si prende cura della comunità così come fa per l’ambiente combattendo lo spreco alimentare.
Orange Fiber
Orange Fiber è il progetto guidato dalla siciliana Enrica Arena per realizzare tessuti dagli scarti della lavorazione delle arance. La quantità di pastazzo (così è definito lo scarto della spremitura degli agrumi) prodotto in Italia ogni anno ammonta a 700mila tonnellate: Orange Fiber ne riutilizza una parte per estrarre cellulosa e da qui una fibra e un filato. Si può realizzare un tessuto cento per cento Orange Fiber, ma anche un blend di materiali diversi, mixando la fibra ottenuta dal pastazzo con la seta, per esempio. Orange Fiber ha collaborato con Ferragamo e con il marchio di cravatte made in Italy E. Marinella, solo per citarne alcuni, e ha ricevuto numerosi premi tra cui quello della Vogue Yoox challenge 2021. L’obiettivo per i prossimi dieci anni è produrre una materia prima da fonti alternative, sostenibili e scarti alimentari e farlo in modo altamente performante, utilizzando ad esempio la biomassa per la produzione di energia e riducendo il consumo di acqua.
Mixcycling
Dalla convinzione che ogni residuo possa diventare risorsa, Mixcycling trasforma gli scarti delle lavorazioni industriali dando loro una nuova vita. Tutto inizia nel 2020 dalla necessità di recuperare scarti di valore come quelli del sughero e del legno in una realtà industriale consolidata, l’azienda vicentina di tappi Labrenta. Da qui Gianni Tagliapietra e Amerigo Tagliapietra brevettano un sistema innovativo basato sulla fusione di fibre vegetali, provenienti dalla produzione agro-industriale interna o a km zero – legno, sughero, ma anche crusca, lolla di riso, erbe, pergamino – con bioplastiche derivanti da fonti rinnovabili o polimeri riciclati per creare vita a nuovi prodotti performanti e sostenibili. Un servizio che la startup mette a disposizione delle aziende nei settori più disparati, con la possibilità di calcolare anche la quantità di CO2 intrappolata nelle fibre vegetali e di utilizzarla nella creazione dei biocomposti.
Kymia
Trasformare uno scarto apparentemente senza valore, il mallo del pistacchio, in qualcosa di prezioso, come un ingrediente di cosmetici anti-age. È il risultato di un’alchimia, o meglio di Kymia, che nasce in Sicilia da un’intuizione di Arianna Campione, medica odontoiatra originaria di Bronte e specializzata in cosmetologia e medicina estetica. Lavorando con una tecnologia innovativa il mallo del pistacchio – uno scarto di lavorazione del cosiddetto “oro verde” che a Bronte ammonta a mille tonnellate all’anno – Kymia ottiene un iperfermentato (brevettato con il nome di Pistactive-F) che potenzia il fitocomplesso contenuto naturalmente nella pianta, trasformandolo in un attivo antiossidante efficace nel contrasto ai radicali liberi responsabili dell’invecchiamento cutaneo. In linea con le pratiche di sostenibilità, le boccette dei cosmetici sono di vetro, mentre i packaging sono in carta.
Bi-rex
Greta Colombo Dugoni e Monica Ferro, ricercatrici del Politecnico di Milano, hanno fondato Bi-rex, una startup che si occupa di estrarre in modo sostenibile biopolimeri naturali, come cellulosa e chitina, dagli scarti della filiera agro-alimentare. La cellulosa, utile ad esempio a produrre carta e packaging, si estrae dagli scarti delle arance, del riso e della birra, mentre da esoscheletri di insetti e crostacei si ottiene la chitina utile alla produzione di bioplastiche e per trattamenti sanitari in agricoltura biologica. La visione di Bi-rex è quella di creare un mondo dove la carta non sia più fatta dagli alberi e la plastica sia totalmente biodegradabile, per ridurre il volume degli scarti alimentari ed evitare di consumare materie prime vergini.
Arabat
Valorizzare batterie esauste e scarti alimentari degli agrumi creando nuove materie prime: è la missione di Arabat, fondata da cinque ragazzi pugliesi ideatori di processi innovativi per il riciclo di rifiuti come i Raee (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) e le batterie agli ioni di litio esauste (Lib), da cui vengono recuperate e commercializzate materie prime come litio, cobalto, manganese, nichel. L’innovazione apportata da Arabat al tipico processo idrometallurgico si basa sull’utilizzo di scarti agroalimentari: l’acido citrico presente negli scarti degli agrumi funge da reagente chimico, i residui della buccia delle arance entrano nel processo di estrazione dei metalli. In questo modo Arabat offre al contempo una soluzione per l’approvvigionamento di materie prime critiche e per lo smaltimento di rifiuti e scarti alimentari.
Rens
Fondata a Helsinki, in Finlandia, da appassionati di sneakers che si interrogavano sull’impatto ambientale dell’industria globale delle scarpe da ginnastica, Rens è una startup che produce sneakers a partire dai rifiuti di caffè (il cui spreco alimentare ammonta a sei milioni di tonnellate all’anno) e dalla plastica riciclata (ogni minuto viene gettato un milione di bottiglie). Ogni paio di scarpe Rens è fatto con 150 g di rifiuti di caffè e sei bottiglie di plastica riciclate.
Renewal Mill
A San Francisco Renewal Mill ricicla i sottoprodotti dell’industria alimentare trasformandoli in superfood e alimenti di prima qualità a base vegetale. Essiccando e macinando i sottoprodotti del latte vegetale come la polpa di soia, di avena e di mandorle, l’azienda ricava farine ricche di fibre e proteine che servono come ingredienti di torte, biscotti e altre ricette.
TripleW
TripleW è una startup israeliana nata dall’idea di due amici di infanzia di produrre acido lattico dai rifiuti alimentari. Il processo funziona così: ai rifiuti alimentari vengono aggiunti microrganismi che iniziano a generare acido lattico che inseguito viene estratto e purificato dagli altri componenti. L’acido lattico viene poi utilizzato in diversi prodotti, dai detergenti per la casa agli alimenti trasformati, fino alle bioplastiche.
Il nome TripleW significa triplice vittoria (win): una vittoria per la gestione dei rifiuti alimentari, una vittoria per la produzione di materiali bio-based e una vittoria per il pianeta, perché si riducono le emissioni di CO2.
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