Finora sono morte almeno sette persone. Le forze di polizia stanno investigando per capire se gli incendi siano dolosi e hanno arrestato sette persone.
Spreco di cibo. Nella spazzatura anche milioni di tonnellate di CO2
Uno studio dell’Agenzia francese per l’ambiente ha quantificato il valore della CO2 dispersa inutilmente ogni anno per produrre cibo che viene buttato.
Dieci milioni di tonnellate di cibo vengono buttate ogni anno nella spazzatura in un paese come la Francia. L’equivalente di sedici miliardi di euro. Ma anche di 15,3 milioni di tonnellate di CO2: quelle che sono state disperse inutilmente nell’atmosfera per produrre generi alimentari che poi finiscono nei cassonetti. A denunciare le cifre, che il quotidiano Le Monde giudica “inedite per le loro dimensioni” è l’Agenzia transalpina per l’ambiente e l’energia (Ademe), in un rapporto pubblicato il 26 maggio.
Cinque volte la CO2 emessa dal traffico aereo nazionale
L’istituto pubblico sottolinea come tale immenso spreco rappresenti una follia non solo dal punto di vista etico ma anche economico e ambientale: basti pensare che i 15,3 milioni di tonnellate di CO2 equivalgono al tre per cento di tutte le emissioni di gas ad effetto serra prodotte dal sistema produttivo francese in un anno. O, ancora, a cinque volte quanto disperso nell’atmosfera da tutto il traffico aereo interno in dodici mesi.
Per ciascun cittadino francese, l’organismo governativo parla di ventinove chilogrammi di cibo sprecato ogni anno dentro casa, per un valore di 240 euro (cifre che risultano in linea con quelle italiane). Ai quali si aggiungono altri 126 chilogrammi nel resto della filiera alimentare: al contrario di quanto si possa immaginare, infatti, solo un terzo circa delle perdite risulta concentrato al momento del consumo. Gli altri attori della filiera – produttori, trasformatori, distributori, ristoratori – sono responsabili del resto dello spreco.
Una parte dello spreco è “invisibile”
“Ciò rende meno visibile il problema – ha spiegato Antoine Vernier, esperto dell’Ademe – e non favorisce una presa di coscienza collettiva. Quest’ultima, tra l’altro, risulta già più difficile rispetto al passato per ragioni economiche: negli anni Sessanta, infatti, il peso dei beni alimentari sul bilancio di una famiglia si aggirava attorno al trenta per cento, mentre oggi non supera il venti”.
Il rapporto spiega poi che i 29 chilogrammi sprecati dentro casa diventano 50 all’anno se si tiene conto anche dei pasti consumati da ciascun francese nei ristoranti o nelle mense. Il numero di volte che ci si siede a tavola a casa, infatti, è maggiore, ma fuori il quantitativo di cibo buttato aumenta, perché è più difficile conservare i resti e perché non si possono scegliere le quantità servite nei piatti.
Senza spreco di cibo, nutriremmo il mondo
Così, come confermato da un rapporto della Fao, nel mondo viene buttato circa un terzo della produzione totale di cibo destinata al consumo umano. Qualcosa come circa 1,6 miliardi di tonnellate di beni alimentari: ciò basterebbe, ampiamente, per nutrire le centinaia di milioni di persone che soffrono la fame in tutto il mondo.
Secondo l’Ademe è necessario pertanto un cambiamento culturale, che parta dalla diffusione di conoscenze sulle tecniche di conservazione e dal far comprendere la necessità di privilegiare la qualità intrinseca dei prodotti piuttosto che il loro aspetto. Per questo è stata lanciata una campagna di sensibilizzazione, con un video che ricorda quanto sia importante il semplice gesto di fare una lista della spesa, controllando i prodotti nel frigo, prima di andare al mercato.
Gli esperti dell’organismo di tutela ambientale hanno condotto inoltre un esperimento, seguendo una ventina di famiglie per tre mesi, nel corso dei quali i partecipanti sono riusciti a ridurre della metà la quantità di cibo sprecata.
Questo articolo è parte della campagna Interdependence Day promossa da UBI Unione Buddhista Italiana e LifeGate.
Immagine di apertura: ©Peter Macdiarmid/Getty Images
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