Un emendamento rende più difficile fare ricorso e a stabilire i calendari, oltre a Ispra, sarà un organo politico. Le associazioni scrivono al Quirinale.
Gli squali del mare di Cortez: un tesoro che rischia di sparire
Nel mare di Cortez gli squali sono sempre meno. L’alleanza tra conservazionisti e pescatori può essere la soluzione per salvare i grandi predatori del mare.
Dopo chilometri di deserto, superare l’ultimo rilievo montuoso prima della Costa di Cabo Pulmo e vedere le sfumature del mare di Cortez è come riprendere fiato dopo una lunga apnea. I venti del nord – qui conosciuti come El Norte – spazzano spiagge chilometriche in cui piccole imbarcazioni turistiche e da pesca sono in attesa di poter uscire. Decine di persone, venute da tutto il mondo, osservano le sfumature verdi e azzurre di quello che Jacques Cousteau – oceanografo di fama mondiale – battezzò l’acquario del mondo e appena lo sguardo si posa sotto la superficie, non è difficile comprenderne il motivo. A pochissimi metri dalla costa, murene zebra, tartarughe olivastre e verdi, pesci pappagallo e chirurgo, leoni marini e aquile di mare sono solo alcuni membri del “comitato di accoglienza” di quello che, per molti, sarà il tuffo più emozionante della loro vita. Eppure, nelle profondità di quel Mare, qualcosa sta cambiando velocemente e un tesoro prezioso rischia di scomparire per sempre.
Squali e non solo nell’acquario del mondo
Il golfo di California, conosciuto anche come mare di Cortez, è un’estensione dell’oceano Pacifico e si trova tra la penisola della Baja California e gli stati di Sinaloa e Sonora, nel Messico continentale. Qui, più di duecento isole vulcaniche di ogni dimensione ospitano decine di specie diverse di uccelli marini e cactus giganti messicani che, la sera, diventano il rifugio per gli avvoltoi comuni. Vallate e canyon sottomarini creano pozze abissali profonde fino a tre chilometri. L’immensa ricchezza di nutrienti delle sue acque favorisce la proliferazione di plancton che, a sua volta, sostiene una enorme varietà e abbondanza di organismi, molti dei quali sono migratori e in queste acque vengono a partorire e ad accudire la prole nei primi mesi di vita. Nei tre diversi ecosistemi che ospita il Mare di Cortez vivono 36 specie di mammiferi marini, 31 cetacei, cinque delle sette specie di tartarughe marine al mondo, seimila macro-invertebrati e più di novecento specie di pesci tra cui 48 specie di squalo.
Negli ultimi anni, però, la maggior parte delle popolazioni sta diminuendo in numero e dimensione. Per gli squali, invece, negli ultimi 25 anni si parla di un vero e proprio collasso. “La ragione – spiega James Ketchum, biologo marino e responsabile della conservazione di Pelagios Kakunja, organizzazione che opera nel golfo della California per la tutela e conservazione degli squali – è principalmente la pesca eccessiva”. Proprio la ricchezza e l’abbondanza di vita marina, infatti, sono state la condanna di questo mare che negli ultimi quarant’anni è stato letteralmente preso d’assalto da operatori di pesca marina e artigianale. Complice della mattanza il governo messicano che, con pochissima lungimiranza, negli anni ’90 ha elargito un numero eccessivo di permessi di cattura attirando pescherecci da tutto il Messico. Ma dove va a finire il pescato? Nel caso degli squali, la carne viene utilizzata per soddisfare per lo più il mercato alimentare nazionale. Le pinne, invece, sono pagate a peso d’oro dalla Cina, gigante asiatico che ha trasformato un tesoro globale in un lusso gastronomico senza senso. A pagarne le spese è una delle specie emblematiche di queste acque: lo squalo martello comune che, negli anni ’80 e ’90 rese famose queste acque in tutto il mondo.
Lo squalo martello comune: vittima dell’ingordigia umana
A nove miglia nautiche dall’estremità settentrionale dell’arcipelago di Espiritu Santo, fuori dalla baia di La Paz, si trova infatti una montagna sottomarina scoperta sul finire degli anni Settanta dal professor Peter Klimley dell’Università di California Davis. “Fino agli anni Novanta in quelle acque – racconta James Ketchum – era possibile avvistare dai trecento ai quattrocento squali martello in una sola immersione”. In pratica, gli abitanti di La Paz nuotavano in una miniera d’oro che, non appena si sparse la voce, iniziò ad attrarre esperti e turisti da ogni regione del Pianeta. Tutti volevano avvistare lo strano squalo dalla testa a martello e, per farlo, erano disposti a pagare un sacco di soldi. Tuttavia, la sete di denaro attirò velocemente anche chi vedeva più guadagno in uno squalo morto e il forziere iniziò lentamente a svuotarsi. “Tra il 1997 e il 1998, in una immersione potevo vedere più o meno un centinaio di squali martello ma, nel 2001 il numero si era ridotto a cinque o sei al massimo. Ad oggi, nelle acque del mare di Cortez, possiamo dire che lo squalo martello comune è ecologicamente estinto”.
Perché la sua scomparsa è un problema? E perché lo è anche per una persona che vive a migliaia di chilometri da queste acque? “Lo squalo – continua James Ketchum – è un predatore apicale e questo significa che la sua presenza garantisce l’equilibrio degli ecosistemi. Un mare in salute è un mare in grado di nutrire chiunque e in ogni parte del Pianeta”. La sua scomparsa, invece, provoca un aumento dei predatori intermedi, come il pagro, che saranno liberi di fare incetta di pesci erbivori come gli scaridi a cui appartiene, ad esempio, il pesce pappagallo. Questi ultimi, conosciuti come architetti delle barriere, si nutrono di alghe che competono con i coralli per la luce. Va da sé che, se scompaiono, le alghe inizieranno a proliferare e a soffocare letteralmente la barriera. Questo è solo uno degli esempi di effetti a cascata che la scomparsa degli squali può provocare. Ma un effetto ancora più diretto e palese è quello che si ripercuote sul settore turistico e, quindi, sull’economia. La scomparsa degli squali martello, infatti, ha ridotto esponenzialmente i guadagni non solo delle imprese che gestivano le immersioni al largo di La Paz ma anche di tutte le attività commerciali collegate: dalla ristorazione ai trasporti, dal settore alberghiero ai negozi di souvenir. È stato stimato che uno squalo che finisce in una rete da pesca vale all’incirca 150 dollari americani. Uno squalo vivo è invece in grado di generare un guadagno di circa 360mila dollari l’anno. Per tutta la durata della sua esistenza. A capirlo, in Messico, è stata la Comunità di Cabo Pulmo che dal 1996 ha investito nel settore del turismo trasformandosi da una comunità di pescatori ad una di operatori turistici esperti. Qui, una comunità di circa duecento abitanti, può contare su un guadagno annuale derivante dalle attività con gli squali – rigorosamente controllate e sicure tanto per gli uomini quanto per gli animali (severamente vietate, ad esempio, le immersioni in gabbia) – di circa 1,5 milioni di dollari (circa 1,42 milioni di euro).
Una speranza arriva da una collaborazione insperata
Gli squali hanno vissuto su questo pianeta per 450 milioni di anni. Il loro fascino ha saputo influenzare il cinema e la letteratura, ma anche il nostro approccio con il mare. È sufficiente posare lo sguardo sulla sua immensità per immaginare il grande predatore muoversi silenziosamente tra le sue acque, con quegli occhi neri e rotondi e un’intelligenza di cui sappiamo ancora troppo poco. La sua scomparsa sarebbe una perdita inestimabile le cui conseguenze sono inimmaginabili persino per la scienza. Una speranza arriva da un’alleanza quanto mai insperata: quella tra conservazionisti e pescatori. Entrambi vivono di e per il mare e, per continuare a farlo, sanno di dover salvare gli squali. “I pescatori conoscono il mare di Cortez perfettamente, così come le creature che ci vivono”, spiega James Ketchum. “Loro ci aiutano a trovare gli individui che marchiamo e monitoriamo, e da questa attività ricevono un introito parallelo a quello della loro normale attività che, proprio a causa della perdita di abbondanza nel Golfo della California, è sempre meno redditizia. L’obiettivo è che, nel lungo termine, chi vorrà farlo lasci la pesca per dedicarsi al turismo”.
Se con l’aiuto di esperti ed associazioni di conservazione, molte comunità stanno cambiando rotta, la salvezza degli squali dipende però anche dai governi. Fortunatamente, un segnale positivo è recentemente arrivato da Panama dove, dal 14 al 25 novembre si è svolto il quattordicesimo incontro delle parti della Convenzione sul commercio internazionale di specie della fauna e della flora in via d’estinzione (Convention on international trade in endangered species of wild fauna and flora – Cites). Qui, nonostante le paure e le incertezze iniziali, le pressioni provenienti dalla società civile e da decine di associazioni, hanno fatto sì che i governi votassero per estendere la protezione a 54 specie di squali requiem e martello, pari a oltre il cinquanta per cento delle specie a rischio di estinzione e le cui pinne vengono attualmente commercializzate. Un passo avanti importantissimo alle porte della Cop15, la conferenza da cui dipende il futuro della biodiversità del Pianeta così come lo conosciamo.
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