Aggiornamento 14 luglio ore 10 – Il presidente dello Sri Lanka Gotabaya Rajapaksa è fuggito dal suo paese e si è rifugiato alle isole Maldive. Qui è stato accolto da manifestazioni della popolazione locale, che ha chiesto al governo di non offrire asilo al leader asiatico. Forse anche per questo si ritiene possa spostarsi a Singapore nella gironata di oggi. Quest’ultimo, prima di abbandonare la nazione, ha nominato presidente ad interim il primo ministro Ranil Wickremesinghe. Alla notizia, migliaia di persone a Colombo sono scese in piazza e hanno assaltato gli uffici del capo del governo, nonostante i tentativi delle forze dell’ordine di respingerle con lacrimogeni e cannoni ad acqua. Nello Sri Lanka è stato intanto dichiarato lo stato d’emergenza ed imposto il coprifuoco.
Il presidente dello Sri Lanka Gotabaya Rajapaksa ha annunciato le dimissioni.
La notizia è arrivata dopo che il palazzo presidenziale è stato occupato dai manifestanti.
La nazione asiatica continua ad essere in preda ad una gravissima crisi economica.
La notizia è arrivata nella giornata di sabato 9 luglio. Il presidente dello Sri Lanka, Gotabaya Rajapaksa, ha annunciato le sue dimissioni, che saranno operative “al più tardi mercoledì”. Lo stesso avrebbe promesso il primo ministro Ranil Wickremesinghe, che ha tuttavia tentato anche la via di un governo di unità nazionale nelle ultime ore. E sebbene nessuno dei due abbia firmato ancora nulla, in molti nell’isola asiatica hanno visto la fine di una lunga battaglia.
Sabato assaltato e occupato il palazzo presidenziale
Da mesi infatti manifestazioni imponenti hanno riempito le piazze e le strade della capitale Colombo. Una mobilitazione che ha raggiunto il suo apice nella mattinata di sabato, quando la folla ha forzato l’ingresso del palazzo presidenziale, nonché residenza di Rajapaksa, con bandiere e megafoni, sotto gli occhi degli impotenti poliziotti (e senza scontri). Anche la sede del governo è stata assaltata.
Il capo di stato stato “scortato in un luogo sicuro” ed è ora “protetto da un’unità militare”, hanno fatto sapere fonti del ministero della Difesa . Per ora il leader srilankese sarebbe attualmente a bordo di una nave della marina, all’interno delle acque territoriali nazionali a sud dell’isola.
Il presidente Gotabaya Rajapaksa accusato di incompetenza e corruzione
A scatenare quella che può essere definita una rivolta sono state soprattutto le condizioni economiche del paese. Delle quali è stato considerato in gran parte responsabile proprio il presidente, accusato di incompetenza e corruzione. Proprio per questo, nonostante la promessa di un passo indietro, i manifestanti che in queste ore stanno occupando il palazzo presidenziale hanno fatto sapere che non usciranno finché le dimissioni non saranno ufficiali.
Se davvero Rajapaksa lascerà l’incarico, spetterà al parlamento (monocamerale nello Sri Lanka) trovare entro un mese un sostituto. Ma esperti della nazione asiatica indicano che, vista la situazione d’emergenza, potrebbe bastare anche una settimana.
A pesare sul presidente 73enne in fuga c’è, oltre alla crisi economica, l’appartenenza al suo “clan” (di cui è stato capostipite suo fratello Mahinda) che sa quindici anni tiene le redini della nazione. Ma le centinaia di migliaia di manifestanti (in una nazione di 22 milioni di abitanti) rimproverano a Rajapaksa anche, ad esempio, di aver assunto ad interim la guida del ministero della Difesa, nonostante la Costituzione impedisca al presidente di occupare un posto nel governo.
Progetti faraonici, indebitamento e inflazione alle stelle
Ma la situazione dei parametri macroeconomici è certamente quella più criica. Mahinda, che ha guidato il paese per un decennio, ha lanciato numerosi faraonici progetti infrastrutturali. Indebitando fortemente la nazione, soprattutto nei confronti della Cina. Inoltre, il settore del turismo, vitale per l’isola, ha subito il contraccolpo degli attentati dell’aprile del 2019 contro chiese e alberghi, che hanno provocato ben 279 morti. A ciò si è aggiunta poi la pandemia. Una miscela esplosiva che ha affossato il comparto, e con esso l’intera economia dello Sri Lanka. Il governo ha tentato di rispondere abbattendo le tasse, ma in breve ciò ha privato lo stato di introiti fondamentali. Così, oggi Colombo non ha a disposizione abbastanza liquidità per poter acquistare i beni che normalmente vengono importati: dal ciboai medicinali ai combustibili.
L'ultima moda per cercare di screditare "gli ambientalisti" è ridurre le cause della gravissima crisi dello Sri Lanka alla decisione di bandire i fertilizzanti chimici e passare all'organic farming. Si tratta di ovviamente di una manipolazione interessata.https://t.co/xbpW8OizZo
Ma non è tutto. Nel tentativo di sfruttare una nicchia in ascesa, le autorità hanno, all’inizio del 2021, deciso di vietare le importazioni di fertilizzanti chimici. Ciò per fare dello Sri Lanka il primo produttore mondiale di soli alimenti 100% biologici. Non è stato tuttavia di certo questo a scatenare il crollo dell’economia. Allo stop alle importazioni non è sono infatti seguiti né piani di transizione ecologica, né di riconversione delle colture, né di formazione per gli agricoltori. Il risultato è stato perciò un colpo duro per il settore, tanto che pochi mesi dopo il governo ha dovuto fare retromarcia.
Il default sul debito estero dello Sri Lanka
Problema: non essendoci più dollari nelle casse pubbliche non è più possibile comprare quasi nulla all’estero. Non solo: nonostante un aiuto dall’India e da altre nazioni, nello scorso mese di aprile lo Sri Lanka non ha onorato i pagamenti sul suo debito estero, che ammonta a 51 miliardi di dollari. E oggi cerca un sostegno dal Fondo monetario internazionale.
Nel frattempo a Colombo e nel resto del paese asiatico scarseggiano anche beni di prima necessità. I black-out sono sempre più frequenti e i trasporti funzionano a singhiozzo. Poca offerta e tanta domanda, dunque: così, i prezzi hanno cominciato a crescere a dismisura, con l’inflazione che ha toccato il 55 per cento a giugno.
Di qui l’esasperazione della folla, che ora attende al varco Rajapaksa e il suo “clan”. Nella speranza che chiunque arrivi al potere riesca in quello che, ad oggi, appare come una sorta di miracolo: risollevare le sorti economiche dello Sri Lanka e far ritrovare alla popolazione fiducia nelle istituzioni.
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