Lo Sri Lanka vive una pesante crisi economica aggravata dalla pandemia, mentre la classe politica è considerata sempre più corrotta. Per questo sono esplose proteste.
Il prezzo dei beni alimentari si è impennato e lo Stato non ha le risorse nemmeno per garantire la fornitura di elettricità alla popolazione.
In migliaia sono scesi in piazza per protestare contro il governo, rappresentato dalla dinastia Rajapaksa e la sua lunga storia di corruzione.
Dopo scontri e arresti, l’esecutivo ha rassegnato le dimissioni ma i Rajapaksa non vogliono farsi da parte.
Non è un momento facile per lo Sri Lanka. Il paese insulare dell’Oceano Indiano sta vivendo la peggior crisi economica della sua storia e il malcontento della popolazione ha portato a diffuse proteste di piazza, represse anche con la violenza.
Nelle scorse ore il governo ha annunciato le sue dimissioni, ma il primo ministro Mahinda Rajapaksa sembra non voler lasciare la sua carica. Un dettaglio non da poco, dal momento che la dinastia Rajapaksa e la sua lunga storia di corruzione e discriminazioni sono proprio al centro dei reclami dei manifestanti.
La grave crisi economica dello Sri Lanka
Con lo scoppio della pandemia, lo Sri Lanka è sprofondato in una pesante crisi economica. Il turismoè un caposaldo del Pil, con un valore superiore al 12 per cento nel 2019, e il blocco dei movimenti transnazionali di persone causa Covid-19 ha avuto un impatto pesante sulle casse del paese. Monsoni particolarmente violenti nel periodo pre-pandemico e una nuova legge che vieta l’utilizzo di fertilizzanti chimici in agricoltura hanno poi portato a una riduzione drastica dei raccolti e questa combinazione di fattori, a braccetto con l’emergenza sanitaria, hanno fatto salire l’inflazione e impennare i prezzi del cibo.
“We came to protest the unbearable cost of living, fuel shortages and electricity cuts.”
Il 7 settembre 2021 il parlamento ha approvato lo stato di emergenza e introdotto una serie di misure con cui controllare il costo degli alimenti e vietare l’accaparramento di questi beni, arrivando fino a prevedere la possibilità del sequestro di cibo ai commercianti e dell’arresto di chi accumula troppi beni alimentari. Una misura autoritaria che si è inserita in un contesto già delicato per quanto riguarda lo stato della democrazia.
A inizio gennaio il governo presieduto da Gotabaya Rajapaksa ha presentato un pacchetto di aiuti con cui sostenere la popolazione, vista anche la costante diminuzione di riserve di valuta estera con cui importare quei beni essenziali sempre più assenti o cari nel paese. Nelle scorse settimane è arrivato anche il prestito da un miliardo di dollari da parte dell’India, mentre si è iniziato a parlare di un intervento del Fondo monetario internazionale. Ma intanto la crisi ha continuato ad aggravarsi e la popolazione sta facendo i conti con tagli dell’elettricità che arrivano fino a 13 ore al giorno, perché mancano le risorse con cui ottenere l’energia necessaria.
Proteste di piazza e dimissioni governative
Stremata da una condizione sanitaria ed economica critica che va ormai avanti da diverso tempo, la popolazione dello Sri Lanka ha deciso di scendere in piazza per far sentire la propria voce. Il 31 marzo la folla si è radunata sotto la residenza presidenziale.
Quella dei Rajapaksa è una dinastia che detiene il potere da decenni e che piano piano ha messo propri familiari e figure fidate in tutti i ruoli chiave. Oggi Gotabaya Rajapaksa è il presidente, suo fratello Basil Rajapaksa ministro delle Finanze e l’altro fratello Mahinda Rajapaksa premier (prima era presidente). La famiglia è stata in più occasioni accusata di corruzione e discriminazioni contro la minoranza musulmana del paese e in un momento come quello attuale in cui lo Sri Lanka si trova in ginocchio, questi elementi sono tornati alla ribalta e i Rajapaksa e la classe politica che rappresentano sono diventati il principale oggetto delle proteste popolari.
Nel corso delle manifestazioni sono state arrestate decine di persone e ci sono stati anche diversi feriti. Il governo ha varatoun coprifuoco di36 ore e un blocco temporaneo ma generalizzato dei principali social network, così da ostacolare l’organizzazione delle proteste. Che però sono andate avanti raccogliendo sempre più persone, al punto che nelle scorse ore il governo ha rassegnato le dimissioni. Il presidente Gotabaya Rajapaksa ha proposto alle opposizioni la creazione di un nuovo esecutivo di unità nazionale, capeggiato sempre dal fratello Mahinda. Una richiesta respinta, anche perché non avrebbe fatto altro che gettare altra benzina sulle proteste contro una classe politica vecchia che non si fa da parte. L’esito più probabile è allora che si vada a nuove elezioni.
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