Sette idee per vivere l’atmosfera natalizia tra lo shopping nei mercatini, passeggiate in borghi vestiti a festa e mirabili opere d’arte.
Stalker di Andrej Tarkovskij (1979)
Un’esperienza mesmerizzante, vicina alla sinestesia. È quel che promette ‘Stalker’, film di Andrej Tarkovskij. Specialmente se visto – e sentito – con un apparato audio come quello dell’acusmonium Sator. Lentissime carrellate su pavimenti d’acqua, il ritmo tra dialoghi e suoni straniante, l’atmosfera da apocalisse post-atomica che permea ogni immagine rendono questo film enigmatico e indimenticabile. ‘Stalker’ è il
Un’esperienza mesmerizzante, vicina alla sinestesia. È quel che promette ‘Stalker’, film di Andrej Tarkovskij. Specialmente se visto – e sentito – con un apparato audio come quello dell’acusmonium Sator. Lentissime carrellate su pavimenti d’acqua, il ritmo tra dialoghi e suoni straniante, l’atmosfera da apocalisse post-atomica che permea ogni immagine rendono questo film enigmatico e indimenticabile.
‘Stalker’ è il vertice figurativo del cinema di Andrej Tarkovskij. Il suo uso degli oggetti, dei colori, degli scenari è unico al mondo e questo lo rende un poeta del cinema.
Andrej Tarkovskij (1932-1986) non è solo il maggiore regista russo del Novecento, ma un esule sovietico che secondo alcuni arriva ad avere la statura di un grande uomo, tra i grandi del XX secolo.
Prima di tutto, Tarkovskij non è per tutti
Questo film è come una poesia scritta con gli oggetti. La lettura poetica della vita e dell’umanità che Tarkovskij ha infuso in ogni suo film è unica al mondo. E ‘Stalker‘ (1979) è forse la sua opera più emblematica. È un film che va sentito, percepito, un inno alla sinestesia.
La sequenza d’apertura mostra alcuni oggetti collegati alle condizioni morali e interiori delle persone che vivono in città. L’adozione iniziale di un bianco e nero “sporco” trasmette agli spettatori lo stato d’animo di persone che non hanno nulla per cui vivere, nulla in cui credere e nulla da dare agli altri.
Quandosi passa a un verde malato e aggressivo all’interno di una zona proibita, si va in un’altra dimensione, un’altra visione. La telecamera si sposta molto lentamente per farci entrare dentro il film. D’altra parte, accanto a questa poesia estetica, il film ha anche contenuti molto profondi.
Cos’è l’egoismo, cos’è la devozione, cos’è la vita, cos’è l’essere umano, cos’è il bene, quali sono le basi della nostra civiltà. Riflessioni indotte non dagli scarni dialoghi, ma dalla pura visione.
Una pistola o un’icona religiosa mostrati attraverso le pozze d’acqua sono forse in realtà simboli della nostra civiltà, della cultura, del cuore umano.
Il viaggio verso una “zona” e, infine, verso una ”stanza dei desideri”, è in realtà di certo un viaggio fatto dentro di noi. Nel nostro egoismo, nel nostro subconscio, con la nostra cattiveria, la nostra bontà, le nostre parti deboli e forti.
Forse, questo film evoca un’innocenza perduta. Lo stalker è la guida, l’unico che crede in qualcosa o ha bisogno di credere. La verità, la fede, la giustizia, la bontà si legano all’innocenza. I microcosmi riflessi poeticamente sono metafore per mostrare il comportamento egoista dell’essere umano. Che distrugge le cose, distrugge l’innocenza, distrugge il mondo in cui viviamo. Abbiamo rotto il nostro mutuo legame con la natura e abbiamo tramutato questo rapporto in un disastro ecologico. Il film ci dà il messaggio del bisogno di misericordia per tutte le cose, per tutti gli esseri viventi e anche non viventi. Perché la salvezza dell’essere umano è legato solo a questo.
Come in un’incredibile ribaltamento dalla vita cinematografica a quella reale, sembra che (secondo il tecnico del suono del film, Vladimir Sharun) almeno tre membri della troupe, compreso il regista, si siano ammalati e siano morti dopo anni a causa dell’esposizione all’inquinamento chimico nei posti dove hanno girato il film, in Estonia.
Anche la “zona” del film ha una matrice reale. È ispirata a un incidente nucleare che ha veramente avuto luogo nei pressi di Chelyabinsk nel 1957. Diverse centinaia di chilometri quadrati furono inquinati da ricadute radioattive e abbandonati. Non ci fu, all’epoca, alcuna menzione ufficiale di questa “zona proibita”.
La trama di ‘Stalker’
Al centro di un’incolta, desolata regione ex industriale c’è una misteriosa “zona”. L’accesso è proibito dalle autorità. Molti anni prima vi precipitò qualcosa dallo spazio – un meteorite, un’astronave aliena, non è chiaro – sprigionando una potenza magica capace di esaudire i desideri di chi riesce ad arrivare in quella che chiamano “la stanza dei desideri”.
La zona è recintata e presidiata dall’esercito. Per entrarci esistono però delle guide clandestine, chiamate ‘stalker’, capaci di condurre chi lo richiede fino alla “camera dei desideri”.
Quindi, guidati da uno stalker – da cui il titolo (“to stalk” vuol dire inseguire furtivamente) – uno scrittore e uno scienziato penetrano nella zona. Ne torneranno profondamente cambiati.
Inner Spaces 2016 – 2017. Come e perché vedere ‘Stalker’
Tarkovskij usa un linguaggio straniante. Sicuramente non solo perché vuole contrapporsi ai dogmi del cinema occidentale. Anzi, in alcuni tratti si avvicinò anche a Ingmar Bergman. Ma ha un messaggio positivo. Il pubblico dei suoi film deve comprendere i suoi film non solo a livello razionale o d’emozione, ma a un livello di coscienza vicino alla meditazione. Lo scopo dei film di Tarkovskij è quello perdersi con la mente, per destare livelli d’attenzione molto più profondi. In modo che il pubblico possa semplicemente… sentire.
Per questo, la possibilità offerta di vedere questo spettacolo nell’ambito della rassegna Inner Spaces – Identità sonore elettroniche, a Milano all’Auditorium San Fedele, è unica e irripetibile. Il 28 novembre 2016 è infatti la data centrale dell’intera stagione. Si potrà vedere – e sentire – con l’acusmonium Sator il film ispiratore dell’intero progetto.
L’acusmonium contribuisce a rendere più percepibile l’unità immagine/suono nell’esperienza cinematografica. Tarkovskij auspicava, da parte dei registi, una maggiore compenetrazione tra suono e immagine. Il cinema non è una realtà artificiosa, non è neanche un linguaggio di sintesi tra le arti, è piuttosto una realtà esperienziale – come scriveva lo stesso regista russo: “Una persona va al cinema per cercare un’esperienza di vita, perché il cinematografo, come nessun’altra forma d’arte, allarga, arricchisce e concentra l’esperienza effettiva dell’uomo e, per questo, non solo l’aumenta ma la rende, per così dire, più lunga, decisamente più lunga.
L’acusmonium Sator, l’apparato sonoro di cui è dotato l’Auditorium San Fedele, è unico in Italia per le sue caratteristiche. È stato progettato e realizzato da Eraldo Bocca su richiesta della Fondazione Culturale San Fedele, integrando in un’unica struttura l’impianto audio del cinema e 10 diffusori Nexo con una serie di diffusori appositamente costruiti. La sua realizzazione è ispirata ai criteri adottati in Francia da Denis Dufour e Jonathan Prager per la realizzazione degli acusmonium Motus. Un’esperienza sonora irripetibile, una sinestesia.
La critica cinematografica su ‘Stalker’
Liberamente ispirato al racconto lungo ‘Picnic sulla strada’ (1971) di Arkadij N. e Boris N. Strugackij, scrittori di fantascienza che hanno anche collaborato alla sceneggiatura, è il quinto film di Tarkovskij e l’ultimo che girò nell’Urss. Il film, nella sua enigmatica compattezza, è un’opera affascinante. Scrive Morando Morandini:
Non è difficile riconoscere nella guida stalker e nei suoi compagni le figure dei “poveri di spirito” dostoevskiani, degli umili evangelici che hanno bisogno della fede per mantenere accesa una scintilla di speranza, che si contrappongono agli intellettuali. Perché, ormai, abbandonato ogni illusorio tentativo di intervento nella storia, dei politici Tarkovskij più non si cura.
Sotto il segno dell’acqua, non sembra sibillino il tema della contrapposizione tra la rigidità-forza e la flessibilità-debolezza che corrisponde alle dinamiche della vita. Come accade con i poeti – e Tarkovskij fa un cinema di poesia – la filosofia di Stalker passa attraverso le sue immagini.
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