Solo una ridotta minoranza delle startup unicorno, cioè quelle che raggiungono una valutazione di un miliardo di dollari, può dirsi sostenibile.
Ne abbiamo scelte alcune da cui trarre ispirazione: Zume, Perfect day, Northvolt, Beyond meat, OVHcloud e Patreon.
L’ingegno e la creatività degli imprenditori sono pressoché inesauribili. Di startup innovative ne vengono fondate ogni giorno: tra le poche che sopravvivono, però, quelle che raggiungono una valutazione superiore al miliardo di dollari sono una vera rarità. Per questo si chiamano startup unicorno.
Come valutare se una startup unicorno sia anche sostenibile
Oggi nel mondo gli unicorni sono circa 1.200: non tutti, però, hanno un’anima sostenibile. Se ci sono settori o servizi che hanno un inevitabile impatto negativo, come l’ultra-fast fashion, ci sono anche casi più difficili da inquadrare, perché le criticità emergono quando si supera un certa dimensione.
Pensiamo ad Airbnb, il community marketplace che mette in contatto le persone che offrono e cercano affitti brevi. Airbnb ha avvicinato milioni di persone a uno stile di vacanza diverso, più indipendente, e ha aperto agli ospiti paganti le porte di strutture prima inaccessibili, dalle dimore private ai castelli. Fino a qui nulla di male. Quando i numeri hanno iniziato a crescere, si sono innescate dinamiche inaspettate. I residenti di molti luoghi turistici si sono trasferiti altrove, perché mettere in affitto la propria casa risultava più conveniente: da qui svariate conseguenze indesiderate, come l’incremento dei prezzi immobiliari e la difficoltà, per le persone meno abbienti, di trovare un affitto a lungo termine. Al tempo stesso, Airbnb è un ottima risorsa per quei piccoli paesi che si affacciano al mercato del turismo.
È quanto mai evidente quindi, l’imporanza di bilanciare sempre pro e contro su grande e piccola scala, nel breve e nel lungo termine. A questo proposito vale la pena citare anche SpaceX, la società di esplorazione spaziale fondata da Elon Musk, tuttora nel club degli unicorni. Pur essendo questo un settore estremamente energivoro e inquinante, l’azienda porta avanti ricerche pionieristiche sull’adattamento del corpo umano a condizioni estreme, o su soluzioni innovative per risolvere problemi tutti terrestri.
Sei startup unicorno sostenibili
Fatta questa premessa, abbiamo selezionato alcune startup unicorno il cui approccio sposa il modello delle tre p: people, planet e profit. Abbiamo cercato di capire il motivo del loro successo e gli elementi innovativi della loro proposta, con la speranza che siano fonte di ispirazione per potenziali startupper.
Il frenetico stile di vita contemporaneo che scardina l’abitudine di pranzare riuniti attorno a un tavolo, spingendo verso il consumo on the go; i lunghi mesi di lockdown che hanno sdoganato una volta per tutte il delivery; le migliaia di chilometri che i prodotti percorrono prima di arrivare sugli scaffali della grande distibuzione organizzata; tutto questo ha generato un incremento esponenziale di rifiuti legati al packaging.
Il settore ha bisogno di essere rinnovato eZume ci mette del suo. Dal 2015 questa startup unicorno produce packaging modellato compostabile, realizzato con materiali di origine vegetale e biomasse, con l’obiettivo di eliminare la plastica. Non solo contenitori per il cibo, ma anche coperchi per i bicchieri da passeggio e confezioni per prodotti medicali e di uso comune. Tutto questo senza stravolgere i processi produttivi. Un esempio? Zume crea una confezione in materiale compostabile della stessa forma e con le stesse specifiche di quella in plastica che l’impresa ha sempre usato, e per cui possiede già i macchinari.
Perfect day (Stati Uniti), ex unicorno
Qualche anno fa, uno studio ha dimostrato come le mucche producano più latte se ascoltano il celebre brano Perfect day di Lou Reed, perché le rilassa e le mette di buon umore. È sembrato quindi il nome perfetto per questa startup unicorno che realizza prodotti caseari senza alcuna componente animale.
Ma com’è possibile? Perfect Day è riuscita a scalare il processo di fermentazione di precisione che permette la produzione delle proteine del latte. Attraverso una sequenza di dna è stato insegnato a piccoli microrganicmi (microflora) come convertire lo zucchero per produrre il colostro, la proteina che dà al latte il suo sapore, la sua consistenza e la capacità di essere montato o sbattuto. Gli alimenti e le bevande Perfect day sembrano in tutto e per tutto a base di latte, eppure manca qualcosa: lo sfruttamento degli animali, l’utilizzo di ogm e il lattosio (ma attenzione, la proteina del latte è la stessa che provoca l’allergia nei soggetti predisposti).
Rispetto ai metodi convenzionali, la produzione di bevande e gelati animal-free riduce fino al 99 per cento l’impronta idrica, emette fino al 97 per cento di gas serra in meno e risparmia fino al 60 per cento di energia da fonti fossili. Non male per un qualcosa che è impossibile distinguere dall’originale.
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È svedese e si chiama Northvolt una startup unicorno che produce batterie agli ioni di litio impegnandosi a ridurre il loro impatto ambientale. Per cominciare, utilizza energia pulita, sforbiciando l’impronta di carbonio dell’80 per cento rispetto a quella che avrebbe se fosse ricavata dal carbone. Entro il 2030 poi l’azienda si propone di attingere a fonti completamente rinnovabili e locali.
Già oggi per la produzione delle celle usa materiali ottenuti dal riciclo di altre batterie, ma l’obiettivo entro il 2030 è quello di far crescere la componente riciclata fino alla metà. Northvolt infatti recupera circa il 95 per cento di quello che si trova nelle batterie esauste, riportandolo a un livello di purezza elevatissimo: in questo senso ogni batteria è quasi completamente riciclabile. Così facendo abbatte sia la domanda di materie prime vergini come il litio, sia il costo delle batterie stesse. Quando non fa ricorso a materiale riciclato, Northvolt si impegna a rispettare gli standard di sostenibilità sociale e ambientale nell’estrazione dei materiali: internalizzando la fase di approvvigionamento, infatti, ha un migliore controllo sui processi.
In linea con la tendenza a riavvicinare la produzione in Europa e allentare la dipendenza dalla Cina, Northvolt ha costruito la gigafactory di Ett, in Svezia, dove entrano materie prime ed escono celle di batterie. Questo le permette di eliminare il trasporto dall’estremo oriente nel calcolo della life cycle assessment abbassando così la carbon footprint dei suoi prodotti. Nella gigafactory è in costruzione anche un enorme impianto di riciclo di batterie esauste: anche in questo caso, la progettazione in-house è funzionale a ottimizzare il riciclo.
Fondata nel 2016 da un ex-ingegnere di Tesla che si occupava proprio di batterie, in soli sei anni Northvolt è cresciuta fino ad avere più di 2.500 dipendenti. Non stupisce che una startup unicorno sia legata all’elettrificazione, un settore abilitante per la transizione ecologica, soprattutto per quanto riguarda la mobilità.
Beyond meat (Stati Uniti), ex unicorno
Come ridurre almeno in parte il consumo di carne, senza rinunciare al suo sapore? Beyond meat produce alimenti che hanno lo stesso gusto, la stessa consistenza e qualità nutrizionali simili, ma sono interamente a base vegetale. Fondata nel 2009 negli Stati Uniti, la startup concretizza al meglio il pensiero del suo fondatore Ethan Brown, vegano e ambientalista convinto. Considerato l’elevatissimo impatto sull’ambiente dell’industria della carne, le alternative vegetali riducono la pressione sulle risorse naturali, oltre a salvaguardare il benessere degli animali.
La carne plant-based di Beyond meat è completamente vegetale, non contiene ogm né fa ricorso alla bioingegneria ed è classificata halal e kosher, adatta quindi per i credenti di religione musulmana ed ebraica. Rispetto al manzo, il Beyond beef (che contiene piselli e riso integrale) ha un contenuto ridotto di calorie, grassi e grassi saturi, più proteine e ferro e una quantità simile di vitamina B e minerali.
L’aumentata sensibilità dei consumatori negli ultimi anni ha fatto esplodere la domanda di cibo plant-based, tant’è che l’ex-startup unicorno è approdata in Borsa. Non da meno, ha ricevuto il riconoscimento Champion of the earth del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep), insieme alla sua diretta concorrente Impossible foods.
La smaterializzazione del mercato e la digitalizzazione dei servizi hanno fatto crescere a dismisura la necessità di server e data centre. Ridurre il loro impatto è fondamentale.
OVHcloud è un provider di sistemi cloud con 400mila server operativi installati in più di trenta data center in quattro continenti. L’azienda, fondata nel 1999 in Francia, si è affacciata a un settore particolarmente energivoro con degli obiettivi chiari: realizzare server con performance elevate, garantire ai clienti l’indipendenza e il controllo totale sui propri dati, e farlo contenendo l’impatto ambientale.
In particolare, OVHcloud ottimizza i consumi energetici di data center e sistemi di raffreddamento adottando sistemi innovativi, chiamati watercooling. Lavora anche per ridurre gli scarti produttivi e progetta i server in modo da favorire la riparazione, la manutenzione e il riciclo dei loro componenti.
Patreon (Stati Uniti), unicorno
Tra i problemi esistenziali delle startup c’è quello di raccogliere finanziamenti. Patreonha fatto il proprio servizio chiave. Questa piattaforma online permette infatti a creativi e content creator di chiedere un abbonamento ai propri fan, sganciandosi sia dal vincolo delle revenue generate dalle visualizzazioni online, sia dai paletti imposti da investitori e sponsor. In questo modo, hanno la possibilità di esprimere in modo più libero le proprie idee.
Ad approdare su Patreon sono per lo più musicisti, autori di podcast, giornalisti, artisti visuali e videomaker. Attraverso la piattaforma creano un legame diretto con i loro follower, consolidando la community. Dal canto loro, i fan accedono a contenuti extra sul backstage del processo creativo. E possono ritenersi a pieno titolo dei mecenati: è proprio questo il significato della parola inglese patreon.
Fondata da Kseniya e Max Lenarciak e Davide De Marchi, la startup Sly sfrutta l’intelligenza artificiale per intercettare tempestivamente gli incendi boschivi.