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Stati generali della green economy, puntando sull’ambiente ci saranno 3 milioni di occupati in più
I dati che emergono dagli Stati generali della green economy parlano chiaro: 3,3 milioni di occupati in più e ricavi per 370 miliardi di euro se si punta sull’ambiente.
Per rilanciare il paese e aumentare i posti di lavoro servono più investimenti nei settori chiave dell’ambiente. Cercando di considerare i problemi attuali – dall’accumulo di plastica in mare, al dissesto idrogeologico, dal traffico urbano al consumo di suolo – non solo come emergenze da risolvere, ma anche come opportunità per fare dell’Italia un paese migliore e con un’occupazione di maggiore qualità. È quello che è emerso durante la prima giornata di lavori degli Stati generali della green economy, la due giorni del 6 e 7 novembre che in seno a Ecomondo fa il punto sull’economia “verde” in Italia.
A supportare il ragionamento sono soprattutto i numeri contenuti nella relazione 2018 sullo Stato della green economy in Italia, presentata durante la giornata di apertura degli Stati generali da Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e del Consiglio nazionale della green economy. Ad affrontarne i temi sono stati tutti i partecipanti alla sessione iniziale del convegno, tra cui Maria Alessandra Gallone (Forza Italia), Andrea Orlando (Partito democratico), Riccardo Pase (Lega), oltre al ministro dell’Ambiente Sergio Costa.
Stati generali della green economy, i dati
Secondo il documento presentato da Ronchi, il nostro Paese non solo non parte da zero, ma è anche già leader in alcuni ambiti, come il tasso di circolarità (pari al 18, 5 per cento) che ci vede primi in Europa, o lo smaltimento di rifiuti speciali. Sono buoni anche i dati sul bio, cresciuto del 20 per cento dal 2016 al 2017 arrivando a occupare 1,8 milioni di ettari. Meno buoni sono i dati sulle emissioni, che hanno ripreso ad aumentare con una lieve crescita del Pil, sul consumo di suolo (ne sprechiamo ben 15 ettari al giorno) o sull’abusivismo (al sud è addirittura al 50 per cento). La buona notizia, però, è che ci si può lavorare. Anzi, se si considerano queste mancanze come opportunità non solo per l’ambiente, ma anche per l’economia, le cifre sono da capogiro.
Investendo in dieci specifiche misure, ossia per raddoppiare le fonti energetiche rinnovabili, migliorare l’efficienza energetica degli edifici, realizzare i nuovi target europei di riciclo dei rifiuti, realizzare programmi di rigenerazione urbana, raddoppiare gli attuali investimenti in eco-innovazione, mettere in atto misure di mobilità sostenibile, potenziare agricoltura sostenibile e biologica, riqualificare il sistema idrico, rafforzare la prevenzione del rischio idrogeologico e bonificare i siti inquinati, in cinque anni si produrrebbero ricavi per 370 miliardi di euro e più 129 di valore aggiunto, con un totale di 3,3 milioni di nuovi occupati, se si considera anche l’indotto. Numeri davvero promettenti, che richiedono un piano concreto da parte del governo tutto, coinvolgendo evidentemente non solo il ministero dell’ambiente, ma in modo trasversale anche anche gli altri ministeri.
7 proposte per un’economia in ripresa
Perché questo scenario si realizzi, secondo il Consiglio nazionale della green economy sono dunque sette le priorità che il governo dovrebbe prendere in considerazione in modo concreto. Rilanciare le rinnovabili, portandole al 35% del mix energetico e ridurre del 35% i consumi di energia; puntare sull’economia circolare, migliorando la riciclabilità dei prodotti grazie all’ecodesign e agendo sulla normativa End of waste, cioè quella che consente di considerare i rifiuti materie seconde; puntare su un made in Italy di qualità sostenibile ed ecologico, migliorando e semplificando le procedure amministrative e burocratiche; puntare su un’agricoltura sostenibile e biologica e promuoverne i prodotti su tutto il territorio; ristrutturare in chiave sostenibile la mobilità urbana, riducendo il parco auto e dotando le città di infrastrutture adeguate ai nuovi mezzi di trasporto; promuovere interventi di rigenerazione urbana, agendo sui vecchi edifici con progetti di manutenzione e recupero ed evitando il consumo di suolo; tutelare e valorizzare il capitale naturale e quello culturale e storico, cioè in pratica il nostro meraviglioso paesaggio, da un lato rilanciando il turismo sostenibile, dall’altro mettendo in atto misure di mitigazione e adattamento dei cambiamenti climatici ormai in atto.
Tra i grandi temi caldi, da affrontare non come problema, ma come opportunità, c’è anche quello della plastica. Secondo Ronchi “bisogna potenziarne il riciclo e anche ridurne la produzione, per limitare i rifiuti. Troppa plastica non viene ancora riciclata a dovere, per questo bisogna lavorare sui prodotti, sull’ecodesign e l’ecoinnovazione. Sulla permanenza in ambiente, incide ancora la biodegradabilità a lungo termine. Anche qui c’è la soluzione tecnologica delle plastiche biodegradabli. Si tratta ancora di nicchie, ma la tecnologia è già pienamente disponibile. Bisogna fare più ricerca e sviluppo, favorendo le start-up innovative, che ci sono e vanno supportate. Ne premieremo alcune proprio in fiera”.
Le buone prospettive per economia ed occupazione, insomma ci sono.
Vanno solo colte.
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