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Negli Stati Uniti le temperature estreme stanno uccidendo i migranti
Il caldo estremo e la mancanza d’acqua uccidono i migranti che cercano di attraversare il confine statunitense: a giugno sono stati ritrovati 43 corpi.
Nel solo mese di giugno 2021 sono stati ritrovati al confine tra Messico e Arizona i resti di 43 migranti. Sono morti nel deserto di Sonora, terra sconfinata in cui è facile perdersi, senza più acqua e stremati dalle fatiche della traversata e dall’ondata di caldo che sta colpendo il Nord America.
A darne notizia è l’associazione Humane borders, da anni impegnata nella protezione dei migranti in arrivo dalle regioni dell’America centrale, secondo cui la causa di decesso in molti dei casi individuati di recente è proprio l’esposizione a condizioni climatiche insostenibili. Con una temperatura media di 35 gradi infatti quello del 2021 è stato il giugno più caldo di sempre in Arizona, una conseguenza della crescente urbanizzazione, dei cambiamenti climatici e di condizioni meteorologiche in continua e rapida trasformazione.
“Tutto quello che hanno”
“La situazione a cui abbiamo assistito in giugno è in realtà più comune di quanto si pensi”, dice a LifeGate Brad Jones, docente di scienze politiche e membro del Centro globale per le migrazioni presso l’Università della California, Davis. “Stiamo parlando di un microcosmo, un piccolo esempio di quello che sta succedendo ormai da vent’anni”.
Jones collabora con Humane borders, l’associazione di riferimento per la salvaguardia dei migranti al confine tra Arizona e Messico. Dal 2000 i suoi volontari attraversano il deserto di Sonora per lasciare provviste d’acqua per i migranti, e nel tempo sono state istituite circa 50 stazioni informali in cui vengono posizionati fusti da più di 200 litri d’acqua.
Nonostante queste risorse siano fondamentali per la sopravvivenza di centinaia di persone che cercano di attraversare il confine, Humane borders non può pubblicizzare o rivelare la loro posizione. “Alcuni gruppi, mossi dall’odio e dal razzismo, prendono di mira le nostre stazioni per distruggerle o vandalizzarle”, continua Jones. “In alcuni casi hanno sostituito l’acqua con il petrolio, hanno messo la benzina nei nostri barili”, aggiunge.
Restare senza acqua in un deserto tanto esteso e desolato, privo di punti di riferimento a cui aggrapparsi per raggiungere la meta, equivale troppo spesso a una sentenza di morte. Con Humane borders Jones ha attraversato l’area molte volte. “I migranti portano con sé una tanica d’acqua”, dice mentre ci mostra dal suo ufficio in California un contenitore in plastica rivestito di carta di alluminio, poco più grande di un flacone di detersivo. “È tutto quello che hanno”.
Numeri sottostimati
Gail Kocourek collabora come volontaria con Tucson samaritans, un’altra associazione di supporto per i migranti che cercano di entrare negli Stati Uniti dal Messico. Anche secondo Kocourek la situazione è preoccupante ormai da molti anni, ma le conseguenze dei cambiamenti climatici e le temperature estreme raggiunte nel deserto hanno tristemente attirato l’attenzione dei media.
Da anni infatti i Tucson samaritans organizzano missioni di salvataggio nel deserto: in molti casi i migranti che raggiungono il confine hanno perso diversi compagni lungo la traversata, e i volontari cercano di individuare a grandi linee le loro coordinate prima di partire con la loro ricerca. “Ho partecipato a molte missioni e, lascia che te lo dica, non è divertente”, ci confida Kocourek.
Spesso dei migranti dispersi vengono trovati soltanto i resti: 43, come detto, nel mese di giugno 2021. Secondo Jones questa cifra è sicuramente una sottostima della portata reale del fenomeno: “Alcuni esperti sostengono che il numero effettivo potrebbe essere dalle due alle otto volte superiore” rispetto a quanto riportato ufficialmente, spiega.
Un’altra caratteristica allarmante che ha catturato l’attenzione degli studiosi il mese scorso sta nel fatto che, mentre di solito i resti giacciono nel deserto per mesi o anche anni prima di essere ritrovati, la maggior parte di quelli rinvenuti a giugno appartenevano a migranti morti di recente, nel giro di pochi giorni o settimane. Un’anomalia attribuibile anche alle temperature estreme, che acuiscono le difficoltà di territori già naturalmente ostili.
Titolo 42: se il problema parte dalla politica
Secondo Kocourek, la volontaria di Tucson samaritans, i governi che si sono succeduti nel corso degli ultimi anni non hanno gestito la situazione dal giusto punto di vista: “Invece di spendere 18 miliardi di dollari per costruire un muro, avrebbe più senso utilizzarli per lavorare con i governi locali, sviluppare programmi utili”, afferma.
Sia Jones che Kocourek condannano la controversa politica adottata dal Center for disease control and prevention (Cdc) a marzo 2020 – e poi rinnovata più volte – che vieta l’ingresso negli Stati Uniti a persone provenienti dal Canada e dal Messico, indipendentemente dalla loro nazionalità, e che verrebbero inserite in ambienti comunitari. Un duro colpo per i migranti al confine, i quali spesso sono ospitati in centri anche molto affollati. A febbraio 2021 la norma, nota come “Titolo 42”, aveva causato il respingimento di più di mezzo milione di persone.
Sebbene la decisione sia stata presa dal Cdc durante il mandato del repubblicano Donald Trump, l’attuale presidente democratico Joe Biden è stato duramente criticato per non aver preso provvedimenti atti ad affievolire o eliminare completamente il blocco agli ingressi. L’unica modifica rilevante adottata dalla nuova amministrazione è stata l’esenzione dei minori non accompagnati dalle regole del Titolo 42, i quali quindi possono ora attraversare il confine ed essere ammessi negli Usa.
Migranti in fuga dal clima
Il 2021 si prepara a diventare uno degli anni peggiori per i migranti, al pari dei periodi bui dello scorso decennio: da gennaio sono stati ritrovati i resti di 127 persone, mentre lo scorso anno nello stesso periodo il numero era fermo a 96.
“La mia previsione è che le cose continueranno a peggiorare”, continua Jones. “I cambiamenti climatici non scompariranno e il deserto non diventerà più fresco”. Il legame tra clima e migranti infatti diviene più stretto ogni giorno che passa. Basti pensare che i paesi del Centro America, storicamente alle prese con continui episodi di corruzione e violenza, stanno ora attraversando lunghi periodi di siccità a cui si aggiungono uragani e il rischio di inondazioni. Fattori che accrescono la situazione di difficoltà dei più poveri, spingendoli alla disperata ricerca di un rifugio sicuro.
Come sottolineato dall’esperto, è importante non dimenticare che il problema ha portata globale: “Il riscaldamento globale avrà un effetto drammatico sulle migrazioni, non soltanto negli Stati Uniti ma anche in Europa”.
La lotta ai cambiamenti climatici è la sfida del nostro secolo e non risparmia i milioni di esseri umani che lottano per assicurarsi un posto migliore sull’unica Terra che abbiamo.
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