La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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Il ponte sul Mississippi che collega Illinois e Iowa potrebbe diventare un corridoio ecologico per i bisonti, ristabilendo i legami con i nativi americani.
C’è un vecchio ponte nell’unico punto dove il Mississippi scorre da est a ovest, collegando gli stati americani dell’Illinois e dell’Iowa. Ogni giorno viene attraversato da qualcosa come 42mila macchine. L’idea è quella di demolirlo e rimpiazzarlo con uno nuovo. Chad Pregracke, però, ha in mente altri piani: sogna di trasformarlo nel più lungo corridoio ecologico del mondo, lasciando che i bisonti possano servirsene per spostarsi da una parte all’altra.
Nell’intenzione di Pregracke il ponte verrebbe diviso a metà, in modo da riservare una sezione agli animali e l’altra invece a pedoni e ciclisti, che avrebbero così l’opportunità di ammirare le mandrie mentre pascolano liberamente. Per le automobili bisognerebbe costruire un altro passaggio, in un punto diverso del fiume.
Il Bison bridge (in italiano “Ponte dei bisonti”) permetterebbe a ciascuno dei due stati di avere il suo primo parco nazionale. Questo, stando ai sostenitori del progetto, porterebbe un significativo afflusso di turisti, garantendo entrate a hotel e ristoranti della zona. Evitare la demolizione, inoltre, taglierebbe costi e rifiuti, con un grosso beneficio per l’ambiente. Per questo i dipartimenti dei Traporti coinvolti stanno seriamente prendendo in considerazione la proposta.
Stiamo cercando dei modi per guarire dalle atrocità che abbiamo subito in passato. Riavere i bisonti, e ricostruire le basi dei nostri valori culturali e delle nostre credenze, rappresenta per noi qualcosa di molto importante. Ma non lo è solo per noi: è un’opportunità per gli americani di conoscere questa storia.
Sarebbero d’accordo anche i nativi americani: lo riporta Jason Baldes, che lavora nella Federazione nazionale della fauna selvatica con l’obiettivo di riportare i bisonti nei territori degli indigeni.
La vita è il respiro di un bisonte d’inverno.
A metà dell’Ottocento se ne contavano dai 30 ai 60 milioni di esemplari, ma quando il governo statunitense ha cominciato a cacciarli per spingere i nativi a lasciare le terre in cerca di cibo, il loro numero è crollato drasticamente. Alla fine del diciannovesimo secolo, ne restavano solo 300 in natura.
Ristabilirne la popolazione avrebbe quindi un grande valore per le tribù indigene, per cui il bisonte non ha rappresentato solo una forma di sussistenza, ma tuttora incarna un simbolo della loro storia, con il quale hanno stabilito una connessione culturale e spirituale.
I bisonti sono fondamentali anche per l’ecosistema: mentre pascolano, i loro zoccoli aiutano ad arieggiare il suolo, favorendo la crescita delle piante e la dispersione dei semi. La loro pelliccia ospita determinate specie di uccelli, mentre il loro sterco, oltre a fungere da concime, può anche essere utilizzato per costruire dei nidi. Quando si rotolano per terra, creano delle piccole depressioni che fungono da habitat unici per alcune specie animali e vegetali.
Se davvero il Bison bridge si trasformerà da sogno in realtà, non collegherà solo due stati. Potrà provare a riunire due culture che, insieme, formano un solo popolo. Farà da ponte fra uomo e animale, sanando antiche ferite, restituendo alla natura e ai suoi custodi lo spazio che appartiene loro di diritto.
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