In Europa la transizione energetica è vicina, grazie a un mix di eolico e solare, ma infrastrutture e burocrazia rischiano di rallentarla
Negli Stati Uniti le rinnovabili stanno superando il carbone
È finita l’era del carbone americana. Il paese, che fino al secolo scorso produceva la maggior parte della propria elettricità a partire da una delle fonti fossili a più alto impatto climatico, entro pochi anni potrebbe veder crollare l’impiego di questo combustibile. Non si tratta solo di una questione ambientale o di politica – si
È finita l’era del carbone americana. Il paese, che fino al secolo scorso produceva la maggior parte della propria elettricità a partire da una delle fonti fossili a più alto impatto climatico, entro pochi anni potrebbe veder crollare l’impiego di questo combustibile. Non si tratta solo di una questione ambientale o di politica – si conosco bene le attuali posizioni del governo americano sul carbone – piuttosto di una serie di fattori legati soprattutto al mercato e all’inarrestabile crescita delle rinnovabili negli Stati Uniti. E le proiezioni sono chiare: già dal 2021 il solare, l’eolico e l’idroelettrico supereranno il carbone come principale fonte per la produzione di energia.
La fine del carbone
Il carbone durante i primi dieci anni del nuovo millennio ha fornito circa metà della produzione di energia. Ma alla fine del primo decennio, secondo l’Energy information administration americana (Eia), l’impiego è diminuito drasticamente, soprattutto a causa dell’abbondanza di gas naturale a buon mercato. Ma a detronizzare il carbone è stata soprattutto la crescita delle rinnovabili. Come riportato dalla Cnn, solo il prossimo anno il solare crescerà del 17 per cento, mentre l’eolico del 14 per cento, superando per la prima volta la produzione da idroelettrico.
Il carbone invece vede crescere rapidamente il proprio declino: la produzione totale di energia elettrica da centrali a carbone è crollata al 28 per cento nel 2018, mentre solo nel 2010 copriva quasi la metà della produzione elettrica. Uno dei livelli più basso dal 1979. “Il carbone è una tecnologia costosa che non può più competere”, ha detto Kingsmill Bond, di Carbon Tracker alla Cnn. Nel 2020 secondo l’Eia conterà “solo” per il 20 per cento.
Le emissioni continuano ad aumentare
Lo rivela il recente rapporto del Global carbon project, rilasciato a ridosso della Cop25. Un aumento più lento, se paragonato con quello del 2018. La debole crescita nel 2019 è infatti dovuta al calo del consumo globale di carbone. Le prime stime suggeriscono che le emissioni di CO2 da carbone diminuiranno dello 0,9 percento nel 2019, mentre le emissioni di CO2 da consumo di petrolio aumenteranno dello stesso valore. Altro discorso per il gas, che dal 2012 è il motore dominante delle emissioni globali.
Ed è proprio la riduzione dell’uso del carbone a far registrare una diminuzione delle emissioni negli Stati Uniti nel 2019, di circa l’1,7 per cento. Le emissioni di CO2 derivanti dal calo del carbone (-10 per cento) e dal consumo di petrolio (-0,5 per cento) sono state in parte compensate, però, dall’aumento del consumo di gas naturale (3,5 per cento). Nonostante la narrazione dell’industria del carbone, appoggiata anche dal governo in carica, che lo vede come “indispensabile” per l’economia americana, pare che questa fonte fossile abbia ormai perso il proprio ruolo. Ruolo ormai relegato ai libri di storia.
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