Gli oceani sono la nostra salvezza nella guerra contro i cambiamenti climatici

Nella guerra contro i cambiamenti climatici gli oceani si stanno sacrificando per la nostra salvezza, ma noi ci ostiniamo a trattarli come nemici da depredare.

Gli oceani stanno combattendo una vera e propria guerra: negli ultimi 150 anni hanno accumulato, in media, una quantità di energia pari a quella di 1,5 bombe atomiche al secondo. Questo perché assorbono più del 90 per cento del calore in eccesso sulla Terra.

la salute degli oceani nel 2018: riscaldamento, inquinamento, plastica
Gli oceani assorbono quasi tutto il calore in eccesso sulla Terra. Senza di loro, il riscaldamento globale sarebbe ancora più accentuato © Frank Mckenna/Unsplash

La temperatura degli oceani

“Al momento ci stanno salvando dall’inferno”, spiega Malin Pinsky, professore associato al dipartimento di Ecologia, evoluzione e risorse naturali dell’università Rutgers nel New Jersey. Il problema è che le acque si stanno riscaldando il 40 per cento più velocemente rispetto a quanto previsto cinque anni fa dall’Ipcc (Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite): lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Science.

La temperatura batte ogni anno il record precedente, capiamo dalle parole del professor Zeke Hausfather, fra gli autori della ricerca. Nel 2019 potremmo addirittura assistere al ritorno del famigerato El Niño, un fenomeno climatico periodico che provoca un forte riscaldamento dell’oceano Pacifico. Per quanto ancora si potrà continuare così?

Gli effetti del calore sulla biodiversità marina

Gli abitanti del mare stanno letteralmente morendo di caldo: si sono formate intere zone prive di vita. Insieme al calore, l’acqua assorbe grandi quantità di anidride carbonica che causa la diminuzione del pH oceanico. Questo fenomeno, chiamato acidificazione, provoca lo sbiancamento dei coralli e l’indebolimento del loro scheletro minacciandone la sopravvivenza.

Alcune specie marine migrano verso zone più fresche, altre proliferano nelle acque più calde: le meduse, ad esempio, che a causa della “tropicalizzazione del Mediterraneo” prolungano la loro permanenza in mare. Altre ancora, purtroppo, stanno sparendo: è il caso della stella marina “girasole” (Pycnopodia helianthoides), la cui popolazione ha subito un calo dell’80-100 per cento nell’area compresa tra la California e il Canada.

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Con l’acidificazione degli oceani, i coralli faticano a costruire il loro scheletro © Milos Prelevic/Unsplash

 

L’aumento dei fenomeni meteorologici estremi

Da un lato l’aumento della temperatura comporta lo scioglimento dei ghiacciai e, di conseguenza, l’innalzamento del livello dei mari che mette a rischio le località costiere, dall’altro fa sì che l’acqua in superficie evapori più velocemente, caricando l’aria di umidità: ecco perché gli uragani saranno sempre più frequenti e distruttivi.

Come cambierà il colore del mare

Se non correremo ai ripari, secondo i ricercatori del Massachusetts institute of technology, metà dell’intera superficie oceanica cambierà colore entro la fine del Ventunesimo secolo: dove i ghiacci si scioglieranno, filtrerà più luce quindi prolifererà il fitoplancton, cioè l’insieme degli organismi fotosintetizzanti presenti nel plancton la cui presenza conferisce all’acqua un colore verde. Nelle regioni in cui scarseggeranno i nutrienti, invece, ci saranno più sfumature blu.

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A settembre del 2018, l’uragano Florence ha messo in ginocchio la Carolina del Nord e del Sud. Eventi come questi saranno sempre più frequenti e distruttivi per colpa del riscaldamento degli oceani © Sean Rayford/Getty Images

L’inquinamento delle acque

Nonostante gli oceani stiano rischiando la loro vita per salvare la nostra, continuiamo ad approfittarcene.

Gli sversamenti di petrolio

Il 12 marzo 2018 un pozzo petrolifero è esploso in Colombia; neanche un mese dopo il petrolio fuoriuscito da un tubo danneggiato in Indonesia ha formato una macchia di 120 chilometri quadrati al largo del Borneo. Il 7 ottobre due mercantili si sono scontrati nel mar Tirreno causando lo sversamento di 600 metri cubi di combustibile.

Il contributo di case, allevamenti e industrie

Non si parla solo di fatalità. “L’80 per cento delle sostanze inquinanti nell’ambiente marino arriva dalla terra. Le fonti sono molteplici, dalle fosse biologiche agli allevamenti. Senza contare che milioni di veicoli rilasciano ogni giorno sulle strade piccole quantità di olio che, nella maggior parte dei casi, riescono a raggiungere il mare”, si legge sul sito dell’Amministrazione nazionale oceanica ed atmosferica degli Stati Uniti (Noaa). Dai campi arrivano i pesticidi, dalle industrie chimiche gli acidi. Quest’estate le coste della Florida hanno subito l’invasione delle alghe rosse, mentre nel fiume Santa Lucia si è verificata una fioritura di cianobatteri causata dai liquami provenienti dalle fattorie e dai complessi residenziali a nord della più grande riserva d’acqua dello stato, il lago Okeechobee.

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Nell’estate del 2018 le acque interne della Florida si sono riempite di cianobatteri – impropriamente conosciuti come alghe azzurre – perché ricche di nutrienti provenienti dagli scarichi di fattorie e abitazioni © Joe Raedle/Getty Images

Nel 2050 ci sarà più plastica che pesce

Dalla terra arriva anche uno dei nemici più pericolosi per gli oceani: la plastica. Nel 2018 gli scienziati l’hanno trovata persino nella Fossa delle Marianne, la più profonda depressione oceanica conosciuta al mondo. In corrispondenza del Pacific trash vortex, la grande chiazza d’immondizia nel Pacifico, ci sono più rifiuti che prede tanto che la dieta delle tartarughe marine può comprendere fino al 74 per cento di plastica.


Lo sfruttamento delle risorse ittiche

È un divario che cresce con la pesca eccessiva: oggi il numero di pescherecci nel mondo è 2,5 volte superiore a quanto si ritenga sostenibile e, secondo la Fao, il 58 per cento degli stock ittici è sfruttato ai massimi livelli. Il tonno rosso e il pesce spada rischiano l’estinzione nel Mediterraneo, l’altissima richiesta di salmone ne sta decimando la popolazione atlantica. Non mancano pescatori disposti ad adottare pratiche più rispettose del mare, considerando che è nel loro stesso interesse aumentarne la pescosità: a Stromboli e Salina, perle delle Eolie, hanno firmato un codice di condotta volontario per la pesca responsabile scegliendo, ad esempio, di utilizzare reti più piccole.

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La pesca non dev’essere indiscriminata, per evitare di esaurire gli stock ittici © Kelly Sikkema/Unsplash

Ci sono buone notizie per gli oceani

La nascita di grandi aree marine protette

A pochi chilometri di distanza tartarughe caretta caretta, tursiopi, balenottere e cetrioli di mare dormono sonni tranquilli perché dal mese di maggio le acque di Capo Milazzo, in Sicilia, sono tutelate proprio come la zona di Capo Testa – Punta Falcone in Sardegna. Più lontano, il Cile ha salvaguardato 6.400 chilometri di costa mentre Leonardo DiCaprio ha contributo, tramite la sua fondazione, alla creazione alle Seychelles di due aree marine protette grandi quanto la Gran Bretagna.

L’uscita del Giappone dall’Iwc 

Persino la notizia che il Giappone abbia scelto di uscire dalla Commissione baleniera internazionale (Iwc) nasconde un lato positivo: “La commissione potrà finalmente approvare l’istituzione del Santuario dei cetacei dell’Atlantico del sud e l’intero emisfero australe sarà libero dai cacciatori di balene per la prima volta nella storia”, chiarisce Paul Watson, fondatore di Sea shepherd conservation society. A settembre del 2018, poi, si è svolta la prima di quattro sessioni di negoziati che nel 2020 porteranno – si spera – alla stipulazione da parte delle Nazioni Unite di un accordo vincolante per proteggere la biodiversità marina nelle acque internazionali. Si tratterebbe di una misura storica perché consentirebbe di tutelare due terzi dell’intera superficie oceanica.

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All’interno delle aree marine protette vengono stabilite regole ben precise per proteggere l’ecosistema © David Clode/Unsplash

Ocean Cleanup

È incoraggiante vedere che iniziative per migliorare la situazione arrivino sia dall’alto sia dal basso, a partire dai più giovani: il diciannovenne olandese Boyan Slat è riuscito a mettere a punto una macchina per raccogliere i rifiuti dall’acqua sfruttando le correnti. A settembre l’ha testata nei pressi del Pacific trash vortex. Purtroppo un pezzo del macchinario, formato da una catena di barriere galleggianti, si è staccato dopo un paio di mesi rendendo impossibile il proseguimento della raccolta. Al momento Ocean Cleanup si trova nel porto di Hilo, alle Hawaii, per essere riparata ed è sicuro che Slat farà di tutto perché porti a termine l’obiettivo di ridurre del 50 per cento le dimensioni dell’isola di plastica entro cinque anni.

LifeGate PlasticLess

Se per strada gettiamo la spazzatura nel cestino, perché non farlo anche in mare? Ecco perché nei porti italiani sono entrati in funzione otto Seabin per inghiottire plastiche e microplastiche galleggianti. Anche perché sono un rifiuto prezioso, che bisognerebbe recuperare prima ancora che finisca in mare. Ad Haiti, nelle Filippine e in Brasile esiste una catena di negozi, chiamata Plastic Bank, dove è possibile acquistare beni e servizi di prima necessità usando come moneta di scambio proprio la plastica, che viene poi smistata e venduta a imprese che la riutilizzano nella propria filiera produttiva.

La cura per ogni cosa è l’acqua salata: sudore, lacrime o il mare.Karen Blixen

Gli oceani ospitano il 94 per cento delle specie esistenti sul pianeta Terra: al momento ne conosciamo 246.315, ma secondo gli scienziati ne restano da scoprire molte di più. Le alghe ci forniscono il 70 per cento dell’ossigeno che respiriamo. Ci sono più reperti archeologici sott’acqua che nei musei. La profondità degli abissi non può che incutere soggezione, eppure il profumo salmastro, il suono carezzevole delle onde, il sole che guizza fra le increspature ci regalano la pace. Se il mare è in tempesta, la colpa è della guerra che gli abbiamo dichiarato: per tornare a navigare in acque tranquille basta ammainare le vele da pirati perché l’oceano è sì ricco di tesori, ma da proteggere, non da arraffare.

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