24 associazioni e 179 persone hanno portato lo Stato davanti al tribunale civile di Roma per costringerlo ad adottare politiche ambientali più ambiziose.
Il 5 giugno 24 associazioni e 179 persone (17 delle quali minorenni) hanno portato in tribunale lo Stato italiano. L’obiettivo è quello di costringerlo ad adottare politiche ambientali più ambiziose e a ridurre le emissioni di gas serra, la causa principale dei cambiamenti climatici, e a uscire “dalla sua inerzia nel contrasto all’emergenza climatica”. Non sono i primi e non saranno certo gli ultimi a fare causa alle istituzioni: è di una manciata di giorni fa la sentenza storica di una corte federale australiana, che ha riconosciuto che la ministra dell’Ambiente, Sussan Ley, ha il dovere di pensare al futuro delle giovani generazioni e proteggerle dalla crisi climatica.
Le richieste dei ricorrenti al tribunale
Negli ultimi anni sono state tante le organizzazioni ambientaliste e i gruppi di privati cittadini che hanno chiesto alle istituzioni azioni concrete per ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici. In Italia, la causa legale fa parte di una campagna di comunicazione chiamata Giudizio universale e organizzata dall’associazione ambientalista A Sud. Le richieste principali fatte al tribunale sono di dichiarare lo Stato “responsabile della situazione di pericolo derivante dalla sua inerzia nel contrasto all’emergenza climatica” e ordinargli di ridurre le emissioni di gas serra del 92 per cento rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030.
— Giudizio Universale (@il__giudizio) June 5, 2019
Un numero che è frutto dell’analisi delle politiche sul clima realizzata dalle organizzazioni indipendenti Climate analytics e New climate institute. Grazie a uno strumento, il Climate action tracker, le due associazioni hanno stimato di quanto ogni paese dovrebbe ridurre le proprie emissioni per mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto di 1,5 gradi rispetto ai livelli pre-industriali – come previsto dall’Accordo sul clima di Parigi del 2015. Il tutto considerando la ricchezza di ciascuno e dunque prevedendo una soluzione equa per tutti i paesi del mondo.
L’esempio della Germania
Come accennato, non è certo questo il primo caso di iniziative legali relative al cambiamento climatico. Attualmente sono più di mille quelli in corso. Ma ce n’è uno in particolare che “ha fatto scuola”. Ed è quello della Germania, dove a fine aprile la Corte costituzionale ha ordinato al governo di cambiare la propria legge sul clima dando ragione a un gruppo di persone che sostenevano che la legge violasse le loro libertà, perché insufficientemente ambiziosa e rigida. Una causa che con la giurisdizione tedesca ha raggiunto il massimo grado di giudizio in tre anni.
In Italia, dati i tempi notoriamente più lunghi della giustizia, è probabile che il procedimento non avrà grandi conseguenze in termini pratici, anche solo perché potrebbe concludersi troppo tardi per cambiare gli obiettivi di riduzione di emissioni al 2030. Quello in cui dobbiamo sperare però è che possa essere un’occasione per portare il dibattito al centro dell’opinione pubblica e, ancor più, della politica.
Jair Bolsonaro è dal 1 gennaio alla guida del Brasile. Presentato il governo: il ministro degli Esteri considera i cambiamenti climatici “un complotto”.
Finanza climatica, carbon credit, gender, mitigazione. La Cop29 si è chiusa risultati difficilmente catalogabili in maniera netta come positivi o negativi.