Pezzi unici che conservano la patina del tempo e la memoria della loro storia con legni e metalli di recupero: è il progetto di design sostenibile di Algranti Lab.
La sostenibilità protagonista alla Triennale di Milano, parola del presidente Stefano Boeri
La relazione tra ambiente e cultura è al centro del programma di mostre ed eventi della Triennale di Milano, come racconta il neo-presidente Stefano Boeri.
La Triennale di Milano, museo e istituzione culturale dedicata all’arte, al design, all’architettura e tanto altro, ha cambiato squadra. L’architetto Stefano Boeri è diventato presidente e Carlo Morfini il nuovo direttore generale della fondazione lo scorso febbraio: Inoltre sono stati incaricati quattro curatori scelti per la loro esperienza e visione, ma anche per la capacità di gestire i processi creativi: Umberto Angelini per il settore teatro, danza, performance e musica; Lorenza Baroncelli per l’architettura, la rigenerazione urbana, le città e il coordinamento artistico; Myriam Ben Salah per le arti visive, i new media, la fotografia, il cinema e la televisione; Joseph Grima per il design, la moda, l’artigianato.
Ambiente e sostenibilità saranno i temi dominanti delle prossime mostre e della ventiduesima esposizione internazionale che andrà in scena dal primo marzo al primo settembre 2019 con il titolo Broken nature: design takes on human survival (natura spezzata: il design e la sopravvivenza umana). Ce ne parla Boeri.
Qual’è il tema della ventiduesima esposizione internazionale della Triennale?
Sarà l’evento culturale di rilievo del 2019 a Milano, ma avrà una dimensione e un eco internazionale. Al centro di Broken nature sarà il tema dei legami che uniscono l’uomo all’ambiente naturale, alcuni dei quali sono stati compromessi, se non definitivamente spezzati, nel corso della storia recente. Con un soggetto di ricerca così ampio, la ventiduesima Triennale sottolinea l’importanza dell’idea di “design ricostituente” e presenta esempi in grado di riparare e di ricostruire i legami della nostra specie con i complessi sistemi dell’ambiente intorno a noi.
La curatela è stata affidata a Paola Antonelli, curatrice per l’architettura e il design al Museum of modern art di New York e direttore ricerca e sviluppo dello stesso museo. L’esposizione rappresenta un’importante occasione per riflettere su come il design stia cambiando, arrivando a toccare tutti gli ambiti delle nostre vite, e sul contributo che può offrire allo sviluppo della società contemporanea. La Triennale di Milano riunirà ancora una volta la comunità internazionale del design, coinvolgendo designer, artisti, istituzioni, università, scuole, organizzazioni, aziende e molti altri partner provenienti da tutto il mondo in un scambio ricco, vivace e produttivo.
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Ambiente e sostenibilità sono dunque i protagonisti principali?
La Triennale affronta di petto questo tema mettendo in campo il tema della restituzione, del modo in cui noi oggi possiamo immaginare di ricostruire un equilibrio con la natura restituendo anche in parte ciò che alla natura abbiamo tolto. Il tema della forestazione, l’aumento delle superfici vegetali nelle città, la possibilità di ridurre ancora di più il carico antropico sull’ambiente: sarà un momento importante con molti paesi che stanno aderendo. Sotto la cura di Antonelli avremo architetti e designer da tutto il mondo che raccontano come intendono sottoscrivere la sostenibilità che oggi non significa più semplicemente solare, fotovoltaico, eolico, ma anche la biodiversità, la forestazione e molti altri aspetti.
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Quello che sento dire da tutti coloro che combattono i cambiamenti climatici è che non è possibile concentrarsi su un unico aspetto, bisogna affrontarli tutti, dall’alimentazione all’educazione, dal problema della formazione delle donne nei paesi in via di sviluppo alla mobilità elettrica, dal verde nelle città alle energie rinnovabili. I progetti protagonisti di Broken Nature saranno di varia natura: da oggetti a edifici, da interfacce a infrastrutture e città, su scale diverse e dimensioni multiple, dal cosmo al microbioma, che suggeriscano strade plausibili e concrete per agire attraverso il design ricostituente. In questo progetto ambizioso, il team dei curatori sarà supportato da un comitato scientifico di studiosi e professionisti, composto da: Adam Bly, Rania Ghosn, Alexandra Daisy Ginsberg, Gabriella Gómez- Mont, Jamer Hunt, Sarah Ichioka, Koyo Kouoh, Stefano Micelli, e Maholo Uchida.
La forestazione urbana è un tema che come architetto promuovi da anni nella tua attività professionale. Come entra in Triennale?
La forestazione urbana è parte di un discorso ampio in cui sono impegnato su più fronti. Con il comune e il Politecnico c’è l’idea di piantare tre milioni di alberi a Milano; a novembre ci sarà a Mantova il primo convegno sulla forestazione urbana, il Forum mondiale sulle foreste urbane (che si tiene dal 28 novembre al 1 dicembre e di cui LifeGate è editorial partner, ndr), promosso dalla Fao (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura); in Triennale stiamo costruendo con il comune e Legambiente una sorta di hub sul tema della forestazione urbana. L’idea è che l’hub trovi posto nella cascina vicino alla Triennale, nel parco Sempione. Nessuno sa che c’è perché è nascosta.
Il tema della forestazione urbana al centro del World forum on urban forests promosso da Fao a Mantova dal 28 novembre al 1 dicembre 2018 © Patrizia ScarzellaLegg anche: I migliori esempi di riforestazione urbana realizzati dall’architetto Stefano Boeri
Quali sono gli altri principali progetti di questa nuova direzioni della Triennale?
Avremo l’Urban centre del Comune di Milano all’interno della Triennale. E poi c’è un’idea di fondo, ambiziosa e importante: ci piacerebbe aprire un capitolo dal titolo Torniamo a Muzio. Cioè ripensare gli spazi della Triennale, progettata dall’architetto Giovanni Muzio nel 1933, per migliorare l’esperienza dei visitatori. Nel senso che in questo spazio bellissimo, versatile e modulare, dagli anni Novanta in poi è stata fatta una serie di interventi – come ad esempio la trasformazione progressiva dell’ingresso, la creazione del bookstore, la galleria al primo piano, lo spazio chiamato Agorà, poi il ponte di collegamento – che dovevano essere temporanei, ma che poi sono diventati definitivi. Interventi che considero belli e utili. Però credo che se questo palazzo potesse tornare alla sua potenza spaziale e alla grande flessibilità originaria sarebbe bello per tutti.
Prima, era una macchina formidabile che conteneva un teatro, una sala da ballo, zone per esposizioni, per seminari, per cene. Era una macchina espositiva e culturale unica al mondo. Sarebbe bellissimo tornare alle origini e ripristinare, inoltre, le relazioni tra esterno e interno, con il giardino. Pensiamo anche a una radio Triennale che usi la Torre Branca come trasmittente, che faccia rete con le istituzioni culturali internazionali.
Quali mostre di design e architettura sono in programma per il 2019?
Abbiamo alcuni centenari da celebrare: quelli degli architetti Vittoriano Viganò, Giancarlo De Carlo, Vico Magistretti e Bruno Zevi. E continueremo la trilogia dei grandi designer. Dopo la grande mostra su Ettore Sottsass nel 2017 e su Achille Castiglioni di quest’anno, nel 2019 avremo quella di Enzo Mari. Il curatore Joseph Grima sta studiando iniziative che valorizzino i giovani designer: la Triennale negli anni Sessanta e Settanta ha scoperto designer, allora giovani, come Sottsass, Mari, Castiglioni; li ha messi in scena e dato loro la possibilità di fare mostre. Quello che vuol fare come curatore è dare una grande apertura alla scena internazionale del design dei giovani. Lo faremo anche nell’architettura. Nello spazio chiamato Impluvium stiamo pensando di avere ogni due mesi una mostra dedicata a un giovane architetto. E poi l’Associazione amici della Triennale sta facendo un progetto importante: quello del coinvolgimento di 2.500 ragazzi delle scuole medie e superiori di tutti gli istituti tecnici e licei, più o meno uno per classe, che verranno coinvolti in un discorso sul futuro di Milano.
Ci sarà anche un museo del design?
Sì. L’ingresso del Salone del Mobile di Milano e di FederlegnoArredo (l’associazione che raggruppa tutti i produttori della filiera dell’arredamento, dalle materie prime ai prodotti finiti, ndr) nel consiglio di amministrazione, di cui fanno parte istituzioni come il ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, la Regione Lombardia, il Comune di Milano, la Camera di Commercio, vuol dire avere un interlocutore potente e forte che appoggia l’idea di un museo del design stabile. La mia ambizione sarebbe di avere un museo pubblico gratuito dove chi vuole abbia sempre la possibilità di misurarsi con la storia del design italiano o anche con la ricerca attuale, non solo con il passato. Vedremo se sarà possibile. Contiamo di aprire prima di marzo 2019.
Fa parte del programma anche il progetto del Parco delle culture?
Sì, stiamo preparando il progetto del Parco delle culture con molti partner come Fondazione Feltrinelli, Arena civica, Fai e Ferrovie Nord. L’idea è di connettere intorno al fulcro di un luogo unico come il parco Sempione, un’area dalla straordinaria biodiversità, le più importanti eccellenze culturali della città. Immaginiamo di aver un biglietto unico per poter vivere teatro, musica, spettacolo, cultura, sport, divertimento, storia. Qui intorno abbiamo Michelangelo e Leonardo Da Vinci, abbiamo gli anni Trenta e il design, il Piccolo Teatro, la Fondazione Feltrinelli dove si fa ricerca, il Teatro dal Verme per i pomeriggi musicali, il Cenacolo. È un pezzo di Milano che è un pezzo di mondo. Il 30 settembre scorso c’è stato il primo appuntamento ufficiale dell’avviamento del progetto che vuole dare vita a una programmazione condivisa da diverse istituzioni culturali milanesi come l’Acquario civico, la Biblioteca del parco Sempione, il Castello Sforzesco, i Pomeriggi musicali, il Museo di storia naturale, il Piccolo teatro e la Torre Branca.
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