Per la presidente di Federbio Mammuccini, alcuni disagi degli agricoltori sono oggettivi e comprensibili, ma le proteste contro il Green deal sono inammissibili.
I giovani che tornano alla terra e fanno più green l’agricoltura
In Italia, gli under 35 sono i protagonisti di uno storico ritorno nei campi. E, grazie a spirito di innovazione e competenze acquisite, rendono le aziende più sostenibili.
Quello dell’agricoltore non è più solo un mestiere del passato o un lavoro portato avanti unicamente dalle vecchie generazioni. All’inizio del 2020, presentando i risultati di un’analisi effettuata su dati Infocamere, Coldiretti annunciava uno storico ritorno alla terra dei giovani con 56mila under 35 alla guida di imprese agricole (+12 per cento negli ultimi cinque anni), un primato nell’Unione europea.
Con i giovani le aziende agricole diventano multifunzionali
Il settore agricolo vanta più del dieci per cento dei giovani che fanno impresa e creano lavoro in Italia con sette imprese under 35 su dieci che, oltre alla coltivazione, hanno sviluppato attività di trasformazione dei prodotti e vendita diretta, fattoria didattica, agricoltura sociale per l’inserimento di persone svantaggiate, cura del paesaggio e produzione di energie rinnovabili. Sempre secondo l’analisi Coldiretti inoltre, la professionalità, l’innovazione e la passione dei giovani in agricoltura porta le loro aziende ad avere una superficie superiore di oltre il 54 per cento rispetto alla media, un fatturato più elevato del 75 per cento e il 50 per cento di occupati per azienda in più.
Giovani agricoltori secondo tradizione e di nuova generazione
E non ci sono solo gli under 35 che portano avanti l’azienda agricola di famiglia, ma anche i giovani agricoltori di prima generazione che, con un altro tipo di formazione (metà sono laureati) o una provenienza da altri settori, hanno scommesso sulla campagna, vista sempre più come un’opportunità occupazionale e di crescita professionale.
Giovani e bio
Sono numerosi poi i giovani che decidono di coltivare con il metodo biologico e di associarsi a servizi innovativi che permettono un contatto diretto con i consumatori. Come Biorfarm, la prima comunità agricola digitale attraverso cui si può adottare un albero supportando i piccoli agricoltori e ricevere a casa prodotti agricoli biologici direttamente dall’agricoltore.
Giorgio, agrumi bio dalla Sicilia (finger lime compreso)
“Avevo in testa un progetto di adozione dei miei alberi e cercando di capire come poterlo avviare mi sono imbattuto in Biorfarm, una piattaforma già organizzata che mi ha accolto subito con entusiasmo – racconta Giorgio Mirabella, 31 anni, che porta avanti l’attività di famiglia, un’azienda agricola con terreni dislocati tra la provincia di Palermo e Agrigento in cui si estendono aranceti e uliveti. “Biorfarm mi è piaciuto perché accorcia le distanze tra produttore e consumatore: mi permette di raccontare cosa c’è dietro i miei frutti facendo anche una sorta di educazione alimentare. È interessante poi ricevere i feedback delle persone, sia quelli positivi che quelli negativi che aiutano a crescere; riscontri che non puoi avere commercializzando solo nella grande distribuzione, se non basandoti sulla quantità di prodotti venduti”.
Giorgio è un agronomo e grazie alla sua sensibilità professionale ha convertito l’azienda al biologico. “È un metodo che richiede più tempo e cura per le coltivazioni, ma che porta le piante a un equilibro naturale che a lungo andare regala stabilità e permette di sfruttare al massimo il terreno. Certo, c’è un piccolo abbassamento delle rese, ma il prodotto ne guadagna in qualità perché non contiene i residui chimici dei pesticidi”. Oltre alle coltivazioni tradizionali, Giorgio ha iniziato a produrre il finger lime (o caviale di limone). “È una pianta originaria dell’Australia. Qui c’era qualche coltivazione in serra, io ho provato a farla in campo. Mi sono preso un rischio, ma dopo un anno sono riuscito con soddisfazione a ottenere i primi frutti”. Un’innovazione che, come altre, inizialmente ha incontrato un po’ di scetticismo da parte del padre di Giorgio, Paolo, ancora in azienda. “Gli scontri generazionali sono inevitabili, ma riflettendo poi riusciamo a far confluire i diversi ragionamenti. Se da una parte ho idee innovative, dall’altra ho bisogno dell’esperienza di mio papà per evitare di sbagliare”. Oltre al supporto del padre, il giovane agricoltore si è sentito sostenuto anche dalle istituzioni. “Ci sono diversi aiuti per i giovani che decidono di entrare in agricoltura. Io, ad esempio, nel 2017 ho usufruito di un finanziamento comunitario di cui hanno beneficiato altri 1700 giovani qui in Sicilia. Inoltre, per i primi tre anni l’Inps ci sgrava dei contributi previdenziali”. E i progetti non si fermano: “Vorrei piantare un mandorleto e creare un pollaio con duecento galline ovaiole allevate a terra con metodo biologico”.
Francesco, agricoltura in Calabria tra vocazione ed evoluzione
Dalla Sicilia voliamo virtualmente in Calabria per incontrare un altro giovane agricoltore. Nella piana di Gioia Tauro, Francesco Cordopatri, 33 anni, coltiva, raccogliendo l’eredità familiare dell’azienda agricola Villa Cordopatri, olivi, agrumi, kiwi ed ortaggi. “Più che un’azienda, la nostra la definirei un legame col territorio che perdura da diverse generazioni. Da sempre la mia famiglia ha servito fedelmente questo fertilissimo territorio e oggi cerchiamo di portare avanti questa devozione, facendone un’impresa evoluta”. Una vocazione che Francesco ha avvertito sin da piccolo: educato alla valorizzazione dell’ambiente, ha interpretato questo principio con l’agricoltura. Per farlo ha studiato tanto: “Nonostante le difficoltà, con profonda umiltà, la voglia di fare e di imparare, continuo a cercare di mantenere vivo il lavoro di chi mi ha preceduto, costruendo ed alcune volte ricostruendo. Alla fine, il futuro, si può erigere sulle fondamenta del ricordo di un bel passato e questo è la base del mio impegno”. Proprio la prudenza e l’esperienza delle generazioni passate consentono a Francesco di trovare il giusto equilibrio delle sue iniziative imprenditoriali.
Oggi per lui essere un giovane agricoltore significa far fronte col massimo dinamismo ed energia alle esigenze della moderna agricoltura. E in questo contesto, essere un agricoltore biologico è una delle sfide più avvincenti. “Cerco di mettere in pratica gli stimoli provenienti dalla formazione e dal continuo aggiornamento. Ad oggi sappiamo che dobbiamo tendere all’agricoltura di precisione, massimizzando il risultato, preservando le risorse, attuando la duplice declinazione della “sostenibilità” (economica ed ambientale). In questo ci aiuta la tecnologia 4.0 e le professionalità dei nostri partner, su cui puntiamo costantemente. Oltre che con la tecnologia, cerco di portare innovazione in azienda anche attraverso la biodiversità e la diversificazione. Ho infatti attivato alcune iniziative di valorizzazione di alcune colture appartenenti alla storia del nostro territorio, ma proiettandole verso il futuro”. Nel suo lavoro Francesco ha sempre reputato fondamentale il supporto delle istituzioni: “Trovo che si siano dimostrate sensibili ai giovani. Continuando il lavoro in sinergia, si possono raggiungere ulteriori importanti traguardi”. E poi ci sono progetti come quello di Biorfarm attraverso cui ha potuto vivere nuove esperienze: “È importante far conoscere a chi acquista da noi il mondo che c’è dietro ad ogni singolo frutto. La consapevolezza del consumatore è un grande valore aggiunto all’azione agricola e alla qualità dei prodotti”.
Giovani agricoltori: tutte le storie di Biorfarm
Le storie di giovani agricoltori come quella di Giorgio e Francesco che si incontrano su Biorfarm sono tante. Paolo Rossi, classe 1989, in Val di Non, Trentino, conduce l’azienda agricola bio di famiglia dedita alla coltivazione di mele. Anche Lorenzo Picco coltiva mele (insieme a mirtilli e noccioli), ma a Barge (Cn): ha scelto di seguire le orme del nonno e del prozio e con un progetto di economia circolare ha ottenuto dagli scarti della mela una pasta che può essere utilizzata dalla pasticceria alle creme di bellezza. Sempre a Barge, Elisabetta Fraire, dopo la laurea in tecnologie alimentari, produce confetture e succhi dalla frutta coltivata nell’azienda di famiglia e accoglie i turisti che vogliono fare esperienze di vita rurale. Lo fa anche Filippo Farinaro che, insieme a un gruppo di amici, a Presenzano (Ce), ha fondato Agricola Rufrae proponendo attività come la fattoria didattica per i più piccini, esperienze di semina e raccolta, workshop di euritmia e canto, lezioni di yoga e meditazione, passeggiate all’aria aperta alla scoperta delle meraviglie del territorio, seminari culturali e di antroposofia. A Cesarò (Me) Davide Virzì, classe 1991, dopo una laurea in giurisprudenza, un’esperienza in ambito finanziario e un periodo di studio alla Columbia University di New York, è tornato in Italia a dedicarsi anima e corpo all’azienda familiare. A Noto (Sr), invece, Giuseppe, 29 anni, ha lasciato da parte il mondo dell’informatica a cui era appassionato per raccogliere l’eredità del nonno Ciccio e dell’Azienda agricola biologica Leone tra mandorli, ulivi, agrumi, carrubi. Se i giovani sono il futuro, questo è il futuro dell’agricoltura!
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