La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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In questi giorni migliaia di uccelli migratori sono stati trovati senza vita in vaste aree degli Stati Uniti. Gli scienziati stanno indagando sui motivi.
Migliaia di uccelli migratori che precipitano a terra senza vita. Molti appaiono smagriti e tutto fa pensare che siano crollati durante il volo. È ciò che accade in questi giorni nella zona sud-occidentale degli Stati Uniti, tra New Mexico, Colorado, Texas, Arizona e Nebraska. “Ne ho raccolti più di una dozzina in un tratto di appena un paio di chilometri di fronte a casa mia”, spiega al quotidiano britannico Guardian Martha Desmond, professoressa presso il dipartimento di biologia della New Mexico State University. “Veder morire così tanti esemplari e così tante specie è una tragedia nazionale”.
Le carcasse rinvenute vengono inviate ai laboratori dello Us Fish and Wildlife Service in Oregon e del National Wildlife Health Centre in Wisconsin, dove i ricercatori sono impegnati nelle dovute verifiche. Ci vorranno almeno due settimane per dare una spiegazione certa all’accaduto. Per ora, ornitologi e studiosi possono solo avanzare delle ipotesi.
Questo è il periodo dell’anno in cui i volatili partono dalle tundre dell’Alaska e del Canada e attraversano gli Usa, per raggiungere l’America centrale e meridionale con le sue temperature più miti. È fondamentale che, a intervalli di qualche giorno, riescano a interrompere questo lungo tragitto per nutrirsi e riposare. Gli incendi che stanno flagellando la costa ovest degli Usa però potrebbero averli costretti a cambiare rotta e ritrovarsi nel bel mezzo del deserto di Chihuahua, nel Messico Occidentale, dove cibo e acqua sono troppo scarsi. Fa propendere per quest’ipotesi il fatto che molte carcasse siano pressoché scheletriche.
Un’altra teoria vuole che le condizioni esterne abbiano costretto gli uccelli a iniziare in anticipo la stagione migratoria, senza aver avuto il tempo di accumulare le riserve adipose indispensabili per reggere il viaggio. Una causa probabile è la siccità record che ha colpito gli Stati americani sud-occidentali, riducendo la disponibilità di insetti. Oppure l’ondata di freddo anomalo che si è verificata tra il 9 e il 10 settembre. Altri studiosi invece ritengono che il fumo degli incendi abbia danneggiato i loro polmoni. Il fenomeno potrebbe anche essere il frutto di una combinazione di cause. A complicare la questione è il fatto che alcune specie – come la rondine, l’acchiappamosche e la dendroica cerulea – siano state molto più colpite rispetto ad altre.
Le morìe di massa di uccelli migratori sono eventualità che si verificano estremamente di rado, e quasi mai raggiungono numeri del genere. Sulla base dei registri storici, il Guardian sottolinea come tali episodi siano sempre associati a un evento meteorologico estremo, come un subitaneo calo delle temperature, una grandinata o una tempesta di neve. La nevicata eccezionale che si verificò tra Minnesota e Iowa nel marzo 1904, per esempio, portò alla morte di circa un milione e mezzo di esemplari.
La progressiva scomparsa degli uccelli dai cieli americani, tuttavia, è un fenomeno molto più vasto. Lo studio più completo sul tema è stato pubblicato a settembre 2019 da Science e arriva a tracciarne un bilancio allarmante: rispetto al 1970, negli Usa e in Canada ci sono addirittura 2,9 miliardi di esemplari in meno. L’obiettivo di quest’analisi è quello di fare un censimento e non di definire le cause, ma appare molto probabile che alla base ci siano la perdita di habitat e l’uso massiccio di pesticidi in agricoltura.
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