È arrivata sul filo di lana, quasi a tempo scaduto, la Strategia nazionale sul lungo periodo per la riduzione delle emissioni di CO2, trasmessa a Bruxelles dal ministero dell’Ambiente lo scorso 10 febbraio. Un deciso aumento dell’elettrificazione a livello domestico, nei trasporti e nei vari settori industriali, un sostanziale aumento delle rinnovabili e della produzione di idrogeno e un aumento degli assorbimenti da parte delle superfici forestali sono le principali leve “per raggiungere, nel nostro paese, al 2050, una condizione di neutralità climatica”, scrive il ministero.
Il documento si sviluppa a partire dal Pniec (Piano nazionale integrato energia e clima) al 2030, che però già conteneva misure insufficienti per raggiungere i target europei di riduzione delle emissioni elevati, a fine 2020, al 55 per cento entro il prossimo decennio. Infatti, come spiega lo stesso ministero, se ci dovesse basare solo sulle misure contenute dal precedente piano, queste sarebbero insufficienti a centrare il target di neutralità climatica al 2050. “È necessario, perciò, prevedere un sostanziale cambio del ‘paradigma energetico italiano’ che, inevitabilmente, passa per investimenti e scelte che incidono sulle tecnologie da applicare, sulle infrastrutture ma anche sugli stili di vita dei cittadini”. Si tratterà dunque di “una trasformazione importante e radicale”.
A che punto siamo con la riduzione delle emissioni di CO2
Per raggiungere la piena decarbonizzazione per metà secolo, il nostro paese dovrà ridurre di 390 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (Mton CO2 eq) le proprie emissioni. Secondo l’ultimo Inventario delle emissioni di gas a effetto serra, tra il 1990 e il 2018 le emissioni si sono ridotte di circa il 17 per cento, passando da 516 a 428 Mton CO2 eq. Seguendo però il percorso tracciato dal Pniec, e dunque senza sostanziali modifiche, si arriverebbe grosso modo ad una riduzione del 40 per cento rispetto ai valori del 1990. Ben lontani da quel 55 per cento che chiede Bruxelles.
Da notare come il 70 per cento delle emissioni residue al 2050 deriva dagli usi energetici, e in particolare: il 30 per cento dai trasporti, il 25 per cento dal settore industriale, il 15 per cento dal settore residenziale e industriale. Il restante 30 per cento deriva dai cosiddetti usi non energetici, sostanzialmente le emissioni derivanti da agricoltura e zootecnia e dai processi industriali.
Quali sono i punti principali della Strategia nazionale
I punti salienti sono legati ad una sensibile riduzione dei consumi, che dovranno calare di circa il 40 per cento rispetto a quelli attuali, passando attraverso una profonda riqualificazione degli immobili, della riduzione del parco auto circolante a favore dello sviluppo del trasporto pubblico e condiviso, puntando sulll’elettrificazione del settore civile, dei trasporti e di parte dell’industria.
Per soddisfare questo punto, la produzione elettrica dovrà più che raddoppiare rispetto a quella attuale e toccare quota 600-700 TWh con una quota coperta da rinnovabili compresa tra il 95 per cento e il 100 per cento, “a seconda che si adotti o meno l’ipotesi di abbandono completo delle fossili sia nella generazione di elettricità che nella siderurgia”. Risultato che si raggiungerebbe puntando sull’eolico offshore, finora mai sfruttato e su un sostanziale aumento della capacità solare installata che dovrebbe variare tra i 200 e i 300 GW (cioè 10-15 volte quella attuale).
#clima L'Italia ha trasmesso la Strategia nazionale di lungo periodo. Obiettivo ➡ neutralità climatica entro il 2050. Il ministro dell'Ambiente @SergioCosta_min: “La sfida climatica è la sfida strategica per il futuro dell’umanità. Non possiamo perderla”https://t.co/YlXPLEgAUP
In questo scenario, parte dell’elettricità prodotta (almeno il 25/30 per cento) andrebbe alla produzione di idrogeno, in particolare nei momenti di sovrapproduzione delle rinnovabili, non costanti per definizione. L’idrogeno così prodotto potrebbe essere impiegato miscelato in rete con il gas e il biometano, direttamente nei trasporti e nell’industria e infine con una quota “stoccata”.
Viene dato anche spazio alla cattura e lo stoccaggio del carbonio (Ccs), tecnologia ancora poco matura e che, secondo alcuni studi, non darebbe un approccio energeticamente più efficace alla mitigazione del clima rispetto ad un consistente sviluppo delle rinnovabili.
“Siamo consapevoli che per raggiungere la cosiddetta neutralità climatica entro 30 anni saranno necessarie scelte coraggiose e profondi cambiamenti nel tessuto socio-economico come nei nostri stili di vita”, conclude l’ormai ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa, probabilmente al suo ultimo atto al dicastero. “Ma la sfida climatica è la sfida strategica per il futuro dell’umanità e non possiamo permetterci di perderla”.
Fonti rinnovabili, risparmio energetico e crisi economica hanno consentito di tagliare le emissioni di CO2 di quasi un quarto rispetto ai valori del 1990.
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