Domenica 7 agosto alle ore 23:30 locali è entrato in vigore il cessate il fuoco, mediato dall’Egitto, che ha posto momentaneamente fine all’operazione Breaking dawn, alba nascente, con cui l’aviazione israeliana ha bombardato per tre giorni la striscia di Gaza. Ad oggi il bilancio delle vittime ammonta a 45 morti – tra cui 16 bambini – più di 360 feriti, più di 1.600 residenze distrutte e un incalcolabile numero di sfollati. Dal lato israeliano, sono rimasti lievemente feriti tre cittadini.
🔴 #Gaza Dopo gli attacchi aerei israeliani, i nostri team sul posto hanno donato prodotti farmaceutici per le sale operatorie e i pronto soccorso degli ospedali della zona e stanno valutando l'impatto di quello che è successo sul sistema sanitario. pic.twitter.com/tcekq1BoQg
Da dove nasce l’operazione di Israele nella Striscia di Gaza
Il 2 agosto l’esercito israeliano ha arrestato a Jenin Bassam al-Saadi, un alto dirigente della Palestinian islamic jihad (Pij) in Cisgiordania, in un raid che ha ucciso diversi giovani palestinesi. Il movimento armato ha da subito minacciato rappresaglie nei confronti di Israele, ma in realtà nei giorni successivi non aveva reagito: né la Pij, né dell’organizzazione Hamas intendono trascinare Gaza nell’ennesima offensiva militare.
Le forze israeliane hanno militarizzato ulteriormente il confine con Gaza: sono state inviate truppe al confine, bloccate le vie di accesso alla Striscia, chiuse le vie di comunicazione, si riduce l’approvvigionamento di elettricità, ma soprattutto comincia una campagna di propaganda indirizzata ai cittadini che vivono nella porzione meridionale di Israele, a cui viene imposto il coprifuoco. Come ha raccontato il giornalista israeliano di Haaretz Gideon Levy ad Al Jazeera, la popolazione è stata allarmata pur non sapendo cosa stesse succedendo nell’area.
Seppur non ci sia stata alcuna azione militare proveniente da Gaza, il 5 agosto l’aviazione israeliana ha iniziato a bombardare varie zone della Striscia, dal campo profughi di Jabalia nel nord, a quello di Rafah, nel sud, al confine con l’Egitto, nonostante la condanna da parte delle Nazioni Unite. Dopo tre giorni di assedio, gli ospedali della Striscia si sono ritrovati senza forniture mediche ed elettricità per soccorrere la popolazione. In risposta, la Pij ha lanciatocentinaia di razziverso Israele – la quasi totalità bloccati dal sistema Iron Dome, lo scudo anti-missile d’Israele – e tre cittadini israeliani sono rimasti lievemente feriti.
Le motivazioni politiche dell’operazione Breaking dawn sono da ricercare in due questioni all’ordine del giorno: da una parte, la volontà di reprimere i gruppi di resistenza palestinesi e la politica interna israeliana.
L’attenzione israeliana si è spostata da Jenin a Gaza
L’obiettivo dell’offensiva su Gaza non è stato infatti neutralizzare target di Hamas, ben radicati nell’area, ma colpire la Pij, presente principalmente in Cisgiordania. Da qui l’impressione che la guerra ai movimenti, armati e non, di resistenza palestinesi si sia spostata da Jenin a Gaza. La settimana scorsa il già citato arresto di al-Saadi; lo scorso aprile, un’incursione israeliana nel campo di Jenin ha provocato la morte di un palestinese e il ferimento di altri tredici. Più tardi, nello stesso mese, un’altra operazione ha ucciso un adolescente palestinese e ne ha feriti altri tre. L’11 maggio, poi, la giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh è stata uccisa mentre copriva gli eventi sul campo, suscitando la condanna di gran parte della comunità internazionale.
I bombardamenti israeliani su Gaza hanno ucciso in 3 giorni 45 persone, tra cui 15 bambini. Se il frame della propaganda italiana fosse lo stesso della guerra in Ucraina, la semplice logica imporrebbe l'immediato invio di armi ai palestinesi per diritto all'autodifesa. pic.twitter.com/uZ6lHi2GPx
Ma gli attacchi non si sono fermati qui: a giugno, circa 30 veicoli militari israeliani hanno fatto irruzione nel campo e i soldati hanno circondato un’auto nella parte orientale della città, aprendo il fuoco contro i quattro uomini all’interno. Tre sono morti e il quarto è rimasto gravemente ferito. Le operazioni militari di Israele a Jenin permettono di minare il controllo della sicurezza e la credibilità dell’Autorità palestinese agli occhi della sua stessa popolazione, poiché la leadership di Fatah non riesce a proteggere i cittadini più vulnerabili.
Le numerose operazioni hanno fatto temere un’invasione israeliana su larga scala del campo profughi di Jenin. Invece, Israele ha deciso di attaccare Gaza, soprattutto per la condizione geografica della zona: un’area di 365 chilometri quadrati in cui vivono segregate più di 2 milioni di persone senza via di uscita.
La nuova campagna elettorale israeliana
Un altro tassello necessario per comprendere la scelta di Tel Aviv di avviare questa offensiva lo troviamo nella politica interna israeliana. Infatti, qualche settimana fa, il governo di Naftali Bennett è caduto, portando il paese alle urne per la quinta volta in tre anni e mezzo. Al suo posto, alla guida dell’esecutivo ad interim, c’è il ministro degli Esteri Yair Lapid, espressione del partito di centrosinistra Yesh Atid.
A partire dal 2 agosto, la chiusura dei confini di #Gaza ha compromesso l'ingresso di medicinali essenziali e forniture mediche e ha portato a una grave carenza di carburante.
Secondo gli ultimi sondaggi, l’ex primo ministro Benjamin Netanyahu è in vantaggio nei sondaggi, e questo avrebbe portato Lapid ad organizzare in tempi rapidi l’offensiva su Gaza. Consapevoli di come la popolazione israeliana senta la necessità di avere un uomo forte al potere, che protegga la nazione, ogni qual volta si innesca una crisi di governo, il premier in carica ha deciso di attaccare i palestinesi. Come accadde, ad esempio, nel maggio del 2021, quando Netanyahu ordinò i bombardamenti sulla Striscia in seguito alla crisi post elezioni. Insomma, come spesso accade, da decenni, la campagna elettorale israeliana si fa sulla pelle dei palestinesi sotto occupazione.
Mentre la risposta dell’Iran si fa più imminente, Hamas dice basta a nuove proposte di negoziati con Israele e chiede di tornare al cessate al fuoco in tre fasi.
L’esercito israeliano ha bombardato una scuola gestita dall’Unrwa nella Striscia di Gaza. Tra le vittime donne e bambini. Tel Aviv rivendica l’attacco.
La chiusura degli uffici di Al Jazeera a Gerusalemme Est è l’ultimo atto della guerra che Israele sta conducendo anche contro l’informazione libera. Le reazioni di condanna a livello internazionale sono arrivate immediatamente.
La distruzione di Gaza sta colpendo non solo il presente ma anche la storia e la cultura di un popolo. Centinaia tra siti storici e musei sono stati distrutti dai bombardamenti.
La Corte internazionale di giustizia ha ordinato misure cautelari a Israele per impedire il genocidio a Gaza. Inoltre ha rigettato la richiesta di archiviazione sull’accusa del Sudafrica.
L’ospedale al Shifa a Gaza si è trasformato in un cimitero, con cadaveri in decomposizione, fosse comuni e attacchi israeliani. E ha smesso di operare.
Una mappa per comprendere in che modo i governi di tutto il mondo hanno reagito agli attacchi di Hamas e alla risposta di Israele nella Striscia di Gaza.
I raid di Israele hanno danneggiato decine di strutture mediche a Gaza, altre non funzionano più a causa dell’assedio totale. Il sistema sanitario è al collasso.